L'EDITORIALE
Sveglia Europa!
Nicola
Cospito
Anche prima che iniziasse
la sporca guerra contro l'Iraq, sapevamo che gli Stati Uniti d'America
costituiscono il nemico principale nostro e della pace mondiale. Oggi come
ieri. A differenza di molti, infatti, noi possiamo vantare l'orgoglio di
appartenere a quella parte politica che già molti decenni orsono aveva
compreso come fosse indispensabile fare dell'Europa una massiccia
fortezza, politica e militare, in grado di fare fronte alle minacce
egemoniche d'oltreatlantico.
Una parte politica che all'invasione americana seppe opporsi con le armi,
combattendo eroicamente la battaglia del sangue contro l'oro. E proprio
per questa ragione, in queste ore drammatiche, nel solco della tradizione
delle nostre alleanze e della nostra stessa cultura politica, non possiamo
non sentirci dalla parte del mondo arabo più genuino, al fianco dell'Iraq,
impegnato a fronteggiare la vile aggressione statunitense, come della
Palestina occupata e oppressa dai tiranni sanguinari della stella di
David.
Nel corso della seconda guerra mondiale gli arabi furono nostri alleati e
già prima Mussolini aveva ricevuto in dono la spada dell'Islam a
testimoniare il profondo legame tra due civiltà millenarie, fondate sulla
religione, sull'umanesimo, sul diritto e la morale.
Pur considerando la nostra estraneità ad ogni forma di fondamentalismo
religioso, di cui comunque comprendiamo le cause che vanno ricercate nel
soffocante edonismo materialista del mondo contemporaneo, non possiamo
nemmeno lontanamente pensare di ergerci in difesa di un non ben
individuato Occidente opposto al mondo islamico, lasciando volentieri
questo ruolo a quelle menti confuse degnamente rappresentate da una
sedicente scrittrice ormai sull'orlo della demenza senile.
Che la guerra contro l'Iraq sia una guerra per il controllo del petrolio
lo sanno anche le pietre, come del resto appare chiaro a tutta l'opinione
pubblica mondiale che la banda di Washington, capitanata da Bush, ha
deciso di imporre con il terrore un ordine internazionale fondato sul
dominio coloniale e imperialista degli Stati Uniti d'America. Di fronte
all'aggressività yankees che ha azzerato la credibilità dell'ONU,
istituzione nella quale peraltro non avevamo mai creduto, l'Europa si è
presentata divisa e litigiosa, ma soprattutto indebolita da sessantenni di
antifascismo irresponsabile e sciagurato.
Chi milita nei nostri ranghi da tempi remoti ricorda bene come sempre e
comunque la nostra parte politica -fatta eccezione per alcuni circoli
dirigenziali del vecchio MSI, ammalati di atlantismo- nella sostanza e
nelle forme della sua lotta politica, dei suoi programmi, dei suoi
slogan, già all'epoca della divisione del mondo in due blocchi non
abbia mai mancato di porre con determinazione e forte convincimento
l'accento sulla necessità di costruire la nazione europea. Un'Europa forte
e compatta, libera e armata, in grado di tutelare se stessa e di cooperare
con i paesi del Mediterraneo e del Terzo Mondo nel progetto della
edificazione di un equilibrio politico internazionale fondato sulla
giustizia.
Insieme alle catene del comunismo che opprimevano allora i popoli
dell'Europa orientale, denunciavamo a chiare lettere le catene «dorate»
del dominio statunitense che faceva nel vecchio continente affari d'oro e
si insinuava nelle coscienze più deboli attraverso lo scimmiottamento
delle mode americane, deleterie e volgari, che inquinavano e avvelenavano
l'anima dei popoli europei occidentali. Oggi, passata l'epoca di Yalta e
della guerra fredda, caduto il muro di Berlino, queste catene si stanno
rivelando di piombo e una intera cappa di piombo sta calando sull'umanità,
su un mondo che appare sempre più a sovranità limitata, esattamente come
era per i paesi socialisti all'epoca di Breznev. Quando nelle nostre
manifestazioni nelle strade e nelle piazze gridavamo Fascismo, Europa,
Rivoluzione o inneggiavamo all'Europa Nazione, nell'auspicio di realizzare
l'unione della Patria Europea, presentivamo quello che sarebbe accaduto e
già ne eravamo allarmati.
Oggi ci troviamo di fronte a questa tragica realtà alla quale non possiamo
né vogliamo rassegnarci. Una realtà tragica perché all'appuntamento con la
storia l'Europa si è presentata debole e divisa. Se Francia e Germania,
hanno deciso da subito di dire no alla guerra di aggressione americana
contro l'Iraq, se pure la Russia dopo qualche tentennamento ha assunto una
posizione decisamente negativa, altri paesi dell'Europa Orientale come la
Slovacchia, la Repubblica Ceca, l'Ungheria, la Croazia, la Bulgaria,
l'Ucraina, la Polonia, dietro chissà quale compenso, hanno offerto sia
pure in forme minime e diverse fra loro un supporto agli anglo-americani.
Il governo italiano poi, se in un primo momento aveva deciso di gareggiare
con quello spagnolo nel chi era più prono alla volontà del padrone della
Casa Bianca, anche in seguito alle massicce manifestazioni popolari contro
la guerra che hanno unito cittadini di ogni tendenza e ideologia, ha
dovuto fare almeno in parte marcia indietro, brillando per ambiguità e
ignavia, scegliendo di non scegliere, ma continuando a garantire agli USA
l'appoggio politico.
Che vergogna!! In più va detto che se pure la Germania di Schròder
è fortemente
antibellicista, il capo dell'opposizione cristiano-democratica Angela
Merker ha pensato bene di andare in visita alla Casa Bianca a scusarsi per
la posizione del governo del suo paese. Cosa inaudita e in ogni caso grave
se solo si pensa che in ragione di problematiche interne di natura
economica, alle future elezioni al Cancellierato (comunque lontane) la
Merker potrebbe essere il candidato favorito. La sua vittoria infatti
potrebbe segnare una svolta filo-americana nella politica estera tedesca,
accentuando di conseguenza la debolezza del vecchio continente e
incrinando l'attuale asse franco-tedesco.
Tutto questo ancora una volta dimostra la validità delle nostre ragioni e
delle nostre critiche ad una Unione Europea concepita puramente come
entità economica. Non basta la moneta unica, non bastano i trattati e gli
accordi commerciali. Occorre una nuova e diversa strategia.
L'Europa non può essere un mercato ma deve diventare prima di tutto e in
fretta una potenza politica e militare in grado di controbilanciare lo
strapotere statunitense. Per fare questo gli europei devono riscoprire il
significato della loro identità e l'orgoglio di appartenenza, rigettando
in primis il modello di vita americano, liberandosi dal ciarpame
«culturale» d'Oltreoceano. Già alcuni decenni orsono Pierre Drieu La
Rochelle, il grande scrittore francese e ardente patriota europeo aveva
visto arrivare da lontano l'Apocalisse e aveva bene ammonito «D'abord les
films americains et après
la fin du monde».
Ora che
l'Apocalisse sembra arrivata è giunto il momento che gli europei, i buoni
europei di nicciana memoria, si sveglino e agiscano.
Nicola Cospito |