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Indice Orientamenti

 

Anno III - 2000 - n° 1

Sommario:
 

E noi? * Nicola Cospito

La riforma dello Stato * Massimo Tirane

No al ponte degli sperperi, si all'area metropolitana ... * Domenico Sacchetti

Gli emigrati * Ulderico Nisticò

Accade in America * Andrea Monastra

Comunitari o liberal? * Umberto Bianchi

La "nostra" Cerca del Graal * Giulio Malvani

La questione della razza * Romano Olivieri

Salvare l'agricoltura, salvare l'alimentazione, salvare la vita * Paolo Brighenti

Era volgare, millenni, giubilei * Giuseppe Indiano

A colloquio con Jean Marie Le Pen * Maria Lina Veca

Giovanni Gentile: una lapide controversa * Giorgio Bubbi

Organizzazione politica e tradizione * Bernardo di Chiaravalle

Arnaldo Mussolini * Fabrizio Altieri

Lo Stato in pezzi - La privatizzazione del Poligrafico * Lancillotto del Lago

Democrazia addio * Maurizio Messina

Vilfredo Pareto, l'antidemocratico * Roberto Guantario

Evola e la guerra * Sigfrido

 

L'EDITORIALE
 

E noi?

Nicola Cospito

 

Il caso Haider che tanto sta facendo stracciare le vesti ai democratici decadenti e corrotti di tutto il mondo, timorosi più di ogni altra cosa che qualcuno venga a disturbare i loro affari e a turbare i loro equilibri, merita una riflessione anche da parte nostra. Come i lettori possono ricordare, nell'ultimo numero di questa rivista, a fronte di facili entusiasmi, avevamo espresso chiaramente i nostri dubbi sul fatto che Haider sia davvero riconducibile al nostro schieramento politico. Avevamo infatti sottolineato come il politico austriaco e gli esponenti del suo partito nazional-liberale in più di un'occasione avessero fatto professione di neoliberismo dichiarando la loro simpatia per le tesi del prof. Antonio Martino e per Forza Italia. A tale riguardo lo stesso politologo Piero Ignazi, nel suo saggio "L'Estrema Destra in Europa" aveva sottolineato l'enorme distanza del Partito di Haider, liberista e liberale, dal MSI, anticapitalista e socialnazionale.

Ciò nonostante, dato che, come si dice, «i nemici dei miei nemici sono miei amici», non possiamo negare che forse proprio in ragione dell'ondata antifascista che si è scatenata non solo contro Haider, ma anche contro l'Austria, il giovane politico di Klagenfurt ha finito per diventarci simpatico e farci momentaneamente dimenticare le sue pretese sull'Alto Adige. Del resto come poteva essere diversamente di fronte alla scandalosa campagna e alle scene penose cui ci è toccato assistere in questi ultimi tempi in televisione? Non ultima quella in cui la nota attrice Claudia Cardinale ha dichiarato che avrebbe rinunciato a recarsi in Austria per partecipare ad una manifestazione culturale ed artistica cui era stata invitata. La signora Cardinale, certamente succube delle pressioni e dei condizionamenti dei noti ambienti che tutti conosciamo, ha mostrato in questa occasione di non essere un granché in quanto a personalità e carattere, motivando il suo no al viaggio in Austria non in ragione di un dissenso politico ma con queste parole «In queste storie io preferisco non entrarci ..."» e ostentando nella circostanza un viso smarrito e impaurito. Poveretta. In effetti non sappiamo se provare più pena o disprezzo.

In quanto a bassezza poi, è stata la terza rete RAI a superare se stessa -ma chi continua a pagare il canone?- arrivando ad alternare alle immagini di Haider le sequenze dei campi di sterminio. Non è questa violenza oltre che truffa?

La vicenda Haider ha in realtà messo a nudo tutta l'intolleranza di stampo giacobino di un arco politico che va da D'Alema a Fini e che non accetta che la vittoria tocchi agli altri, pronta ad ogni sorta di discriminazione e prevaricazione non appena qualcosa gli va storto. Lo stesso discorso vale per l'intera liberaldemocrazia europea che con il polverone sollevato su Haider ha cercato di fare dimenticare le proprie malefatte e la corruzione dei suoi esponenti politici pagati e ricattati dalle consorterie industriali e finanziarie del continente. Anche per questa ragione, pur non considerando Haider un nazionalpopolare, la situazione che si è venuta a creare lo fa diventare per noi gioco forza un interlocutore politico col quale avviare un dialogo costruttivo nella prospettiva di una comune strategia tesa a distruggere i vecchi schemi e a capovolgere in Europa gli attuali equilibri.

Sappiamo infatti bene ed è questo che turba pure i sonni dei politicanti dell'Unione Europea, che anche in altri paesi esistono forze che non si ricompongono nel sistema e che si stanno sempre più organizzando, riuscendo a catalizzare qua e là un consenso apprezzabile. Proprio in virtù di queste considerazioni, non possiamo non interrogarci a che punto siamo noi in Italia.

Noi, per intenderci, come area nazionalpopolare. È oggi il caso di porsi la legittima domanda: E noi? È da tempo che nel nostro mondo si sottolinea l'esigenza di arrivare ad una unificazione di tutte le energie, che per la verità sono tante, e di tutti i gruppi che da soli non riescono a far decollare un progetto politico serio e credibile da presentare all'opinione pubblica. Una riflessione, doverosamente, si impone, tanto più se si tiene conto della crisi latente e neppure più così latente, che attanaglia Alleanza Nazionale, lacerata al proprio interno dallo sbandamento radical-libertario di Fini, sempre più vicino alle scimmiottature americanisteggianti di Pannella, e dai contrasti tra i gruppi di potere che vedono la torta assottigliarsi di giorno in giorno.

Il campanello d'allarme, lo ricordiamo, è già suonato il 13 giugno scorso, quando in occasione delle elezioni europee, il partito di Fini e di Selva ha perso ben cinque punti, passando dal 15 al 10 % dei suffragi. E dato che il suo spazio politico appare ormai interamente occupato da Forza Italia, è facile prevedere che AN, ormai priva di una qualunque identità politica, oltre che culturale, anche nel futuro immediato vedrà accentuarsi e aggravarsi la sua crisi. Cosa questa che potrebbe determinare una fuga degli esponenti moderati verso il Centro di Berlusconi e Casini e lo sbandamento dei gruppi ex-missini che dovranno faticare non poco per riconquistare l'identità e la credibilità perdute.

L'analisi doverosa di cui parlavamo non può non tener conto della grande frammentazione delle forze antagoniste, una frammentazione che si è andata ulteriormente aggravando a causa dell'inettitudine di Rauti che dopo i risultati alle europee della scorsa primavera, invece di procedere ad un rafforzamento delle strutture del Movimento convocando al momento opportuno il Congresso della Fiamma Tricolore, per fare del Movimento il punto di aggregazione della nostra area, ha preferito prendere a martellate l'organizzazione cacciando o emarginando tutti i dirigenti che lo criticavano. Il comportamento dissennato di Rauti, determinato da un misto di egocentrismo e nepotismo di bassa lega, ha difatti provocato la scissione che ha portato alla nascita del Movimento Sociale Europeo. Nel frattempo la situazione si è andata vieppiù incancrenendo per il fatto che, trovandosi di fronte alle elezioni regionali, più che di unioni politiche sulla base di comuni programmi, si sta assistendo alla nascita di cartelli elettorali di dubbia efficacia e di cui è facile prevedere la durata. Una strada questa che non porterà lontano e che finirà per creare ulteriori disaccordi. E allora? La situazione appare difficile e il cammino impervio. Questo, se si tiene obiettivamente conto di quello che oggi è veramente essenziale per il nostro mondo e cioè l'approntare uno strumento politico valido in cui convogliare il malcontento sempre più diffuso tra la gente che non vuole morire dalemiana, ma non sopporta neppure il fondotinta di Berlusconi.

Non bisogna però disperare. Le elezioni del 16 aprile passeranno. Il discorso vero forse comincerà subito dopo, allorché, bocciando le piccole ambizioni individuali e le manovre tese unicamente alla "sistemazione" di qualcuno, la nostra area dovrà farsi l'esame di coscienza di fronte alla Storia e alla Grandezza delle nostre Idee che meritano uno spirito di "militia" ben diverso.

Allora forse, mandati finalmente a casa i vecchi impostori che negli ultimi anni ci hanno portato verso il nulla, si potrà cominciare un'opera di ricostruzione magari lenta, ma certamente sicura nella sua ineluttabilità.

"Orientamenti" è già comunque su questa strada.

Nicola Cospito