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gli Interventi

José Manuel Durão Barroso

(6 marzo 2014)


 

La Commissione europea ha promesso 11 miliardi di euro all'Ucraina nei prossimi due anni. Lo ha annunciato questo mercoledì José Manuel Barroso, specificando che 610 milioni di euro potranno essere sborsati presto, nelle prossime settimane.
(http://it.euronews.com/2014/03/05/ucraina-l-europa-s-impegna-a-donare-11-miliardi-di-euro/)
Quando leggo e sento dai telegiornali certe notizie mi viene spontaneo pormi certe domande e penso!
Il presidente della commissione europea dove li prende tutti questi soldi? e perché darli all'Ucraina? e a quale scopo? E poi chi glielo ha chiesto?
Leggendo l'articolo, si capisce che il FMI gestisce la cosa per conto dell'Europa, sappiamo a malapena chi e che cosa è il FMI ma conosciamo la sua famigerata intransigenza per i suoi trascorsi nell'assoggettare interi Stati sovrani con prestiti a condizioni capestro, Grecia. Cipro con il famoso "prelievo forzoso " e nei paesi del cosiddetto Terzo Mondo.
Il FMI impone dei "piani di aggiustamento strutturale" come condizioni per ottenere prestiti o condizioni più favorevoli per il rimborso del debito che costituiscono l'aspetto più controverso della sua attività. Voglio ricordare che proprio alla Grecia servivano in totale 4 miliardi per aggiustare i suoi conti e che non sono stati concessi o concessi parzialmente pretendendo condizioni che hanno gettato il paese nella povertà assoluta con la gestione e complicità della Germania.
In Italia il governo Berlusconi ha resistito all'offerta di prestiti del FMI ma ha dovuto subire un severo dictat europeo che tutti conosciamo sul rientro dei conti e sullo sforamento del 3% e non è finita qui.
Adesso si regalano 11 miliardi all'Ucraina che non è un paese europeo e che proprio gli USA e gli europei con in testa la Germania, da tempo provocano e destabilizzano (rivoluzione arancione) per creare crisi nell'ambito della sfera di appartenenza dei paesi ex comunisti con i risultati che hanno costretto di fatto la Russia, a reagire come sappiamo.
Facciamo un attimo il punto sulla situazione, in Europa la crisi economica iniziata negli USA e rimbalzata in Giappone divora gli stati e li impoverisce costringendo gli stessi a finanziarsi con il FMI che non fa sconti a nessuno e che ha tutta la convenienza a non risolvere nulla, nell'area atlantica gli Stati Uniti hanno da sempre vessato tutti i paesi sud- americani operando in modo tale di subordinare tutta la politica economica e non solo, a loro vantaggio! e qui rientra di nuovo il FMI vedi Argentina, Brasile, Panama, Venezuela, i paesi del Terzo Mondo (ne abbiamo già dato notizia) ma per completare l'informazione, si agisce anche con i grandi monopoli delle sementi, delle case farmaceutiche, delle risorse idriche, il quadro si completa con l'attacco sfrenato, sempre da parte degli USA al mondo islamico, dalla Palestina all'Irak, al nucleare iraniano, l'Afganistan, le provocazioni a tutte le primavere! Libia, Tunisia, Marocco, l'Egitto.
Si mantiene la protezione strategica e la complicità dei sauditi e degli Emirati del golfo nella destabilizzazione della Siria e di conseguenza aumentano i flussi migratori verso l'Europa di disperati che chiudono il cerchio in una sempre più pesante atmosfera economica che riguarda tutti. Da qualsiasi parte lo si guardi questo è un piano che favorisce solo il grande capitale e le grandi disponibilità finanziarie a cui conviene mantenere e fomentare questo stato di caos, senza risolvere nessuna delle problematiche del mondo.
L'ONU organizzazione asservita a questo piano balbetta e si indigna contro la Russia spinta dagli americani e i suoi alleati ma il rapporto e veramente sproporzionato. Per dire una bestialità, grazie a dio che ancora esiste la Russia e la Cina, Qui in questo scritto, per brevità, non si è preso in considerazione l'influenza americana in Asia e fino a quando la Cina deterrà nelle sue mani il debito americano, tutto tace! ma se per caso qualcuno "batterà cassa" lo scontro sarà inevitabile

 

 

11 Settembre: la grande menzogna comincia a sgretolarsi


L'11 Settembre 2011 ricorre il decimo anniversario degli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono che causarono circa tremila morti, determinando una svolta tragica nella politica e nella storia mondiale: due guerre ancora in corso (in cui la colonia Italia ha già pagato un pesante tributo di sangue), centinaia di migliaia di morti, soprattutto tra i civili, leggi per la restrizione delle libertà, la teorizzazione di una mostruosità come la "guerra preventiva". E potremmo continuare. Dopo gli spettacolari attacchi terroristici di New York e Washington la "versione ufficiale" fornita dalla Casa Bianca, dalla CIA e dal Pentagono, secondo cui 19 terroristi arabi appartenenti alla rete Al Qaeda di Osama Bin Laden riescono a sequestrare gli equipaggi e impadronirsi dei comandi di quattro aerei di linea, dirigendoli come micidiali bombe contro le Torri Gemelle e il Pentagono, mentre il quarto aereo precipita dopo una rivolta dei passeggeri; questa versione è apparsa subito inverosimile o almeno piena di punti oscuri, a tutte quelle persone ancora capaci di usare il cervello e il senso critico nei confronti delle false verità che i media asserviti al potere ci propinano. Grazie a questi uomini liberi e coraggiosi, innanzitutto i testimoni e i famigliari delle vittime che hanno rifiutato qualsiasi indennizzo e hanno denunciato l'Amministrazione Bush per complotto e strage, e poi giornalisti, studiosi, scienziati, registi, funzionari, politici, si è sviluppata in questi anni una "contro inchiesta" sui crimini dell'11 settembre, parallelamente su internet e sulla carta stampata; ed oggi disponiamo di una documentazione enorme, fatta di studi scientifici e analisi tecniche, di testimonianze, foto e filmati che dimostrano, al di là di ogni ragionevole dubbio,che la verità sull'11 settembre è diversa da quella che ci hanno raccontato. Anche il lavoro della cosiddetta "commissione indipendente", invece di chiarire i numerosi dubbi e interrogativi, ha solo dato ulteriore slancio al movimento per la verità sull'11 settembre. Sulle numerose omissioni,distorsioni e "conflitti d'interesse" della Commissione rimandiamo allo studio del Prof. David Ray Griffin, il quale ha elencato «centoquindici menzogne sugli attentati dell'11settembre», disponibile su internet e pubblicato dal quotidiano "Rinascita" del 10 ottobre 2006. Nello spazio di un articolo non possiamo toccare tutte le questioni aperte da questa tragica vicenda, ma procederemo ad un riassunto dei punti fondamentali. I dati citati sono ampiamente documentati e approfonditi nella bibliografia fornita in calce al presente scritto.

1. Le speculazioni finanziarie
Alla vigilia dell'11 settembre "qualcuno", evidentemente bene informato di quello che stava per succedere, scommise sul crollo delle azioni delle compagnie aeree coinvolte negli attentati: American Airlines e United Airlines. Ma non solo: la speculazione colpì anche due banche d'affari che avevano i propri uffici nel World Trade Center, la Morgan Stanley e la Merril Lynch. E ancora, la stessa sorte toccò alla francese AXA (che possedeva il 25% di American Airlines) e alle compagnie assicurative Munich Reinsurance e Swiss Reinsurance che avevano assicurato molti inquilini delle due torri. Gli esperti hanno calcolato profitti per decine di milioni di dollari. Chi c'era dietro tutto questo? Non si è mai saputo. L'unica notizia trapelata è che almeno un pacchetto di queste transazioni fu piazzato tramite la A. B. Brown, il cui presidente fino al 1998 era colui che da lì a poco sarebbe diventato il numero tre della CIA: A. B. Krongard. Una fantastica "coincidenza"?

2. Il collasso della difesa aerea
Perchè la forza aerea più potente del mondo non è riuscita ad intercettare neanche uno degli aerei dirottati? In circa due ore in cui si svolge il piano terroristico avviene la paralisi totale della difesa aerea. Eppure, in caso di emergenza, scatta un collaudato sistema di assoluta rigidità che ha sempre funzionato, tranne l'11 settembre. Se un aereo civile finisce per una qualsiasi ragione fuori rotta, scatta l'allarme incrociato tra FAA (Aviazione civile) e NORAD (Aviazione militare). Se il problema perdura il NORAD fa alzare in volo due caccia dalla base più vicina che in pochi minuti raggiungono l'aereo. Il tempo stimato per questa operazione è tra i 6 e i 10 minuti. Se quel giorno questa procedura consolidata si è inceppata è perché c'è stata una precisa volontà di sabotaggio. Se andiamo a leggere lo scaricabarile delle responsabilità tra FAA, NORAD e alti comandi, assistiamo ad una serie di ordini dati in clamoroso ritardo o addirittura dati in modo sbagliato, per deviare i caccia in tutt'altra direzione. Nessuno dei responsabili ai vari livelli civile o militare è stato punito per questa serie incredibile di "negligenze" che hanno causato migliaia di morti.

3. I dirottatori
È stupefacente come quegli stessi servizi di sicurezza che negli anni e nei mesi precedenti non avevano capito nulla di quello che si stava preparando contro l'America, riescano dopo poche ore dal super attentato a fornire al mondo nomi, cognomi e foto dei presunti terroristi. Sugli "zimbelli" dell'11 settembre, come li chiama Webster Griffin Tarpley, ci sarebbe tanto da dire: dalle procedure seguite per i loro visti d'ingresso, alle scuole di volo frequentate; dal fatto che alcuni di loro avessero avuto contatti con basi militari americane, alle "passioni" del loro presunto capo, Mohammed Atta, per le braciole di maiale, gli spettacoli di lap-dance e l'uso abituale di cocaina. Non male per un fondamentalista votato al martirio! Ma la domanda cruciale rimane una: i presunti dirottatori erano in grado di pilotare gli aerei? La questione va posta, ammesso e non concesso che davvero i "terroristi" siano saliti sugli aerei, cosa di cui non è stata fornita la minima prova. Infatti:
a) non esiste nessun nome arabo nelle liste passeggeri;
b) non c'è nessuna foto o filmato che mostri uno di loro all'imbarco dei voli dirottati;
c) l'unico filmato disponibile mostra Atta e Alomari nella sala d'imbarco dell'aeroporto di Portland, ma questo complica ancor di più la faccenda. La partenza del volo AA-11 (quello su cui, secondo la versione ufficiale, saliranno Atta e Alomari) è prevista alle 7.45 da Boston. Perché i due, invece di trovarsi direttamente a Boston, preferiscono partire alle 6.00 da Portland, andando a rischiare una coincidenza così "stretta" tale che un banalissimo ritardo avrebbe potuto mandare tutto all'aria?
Ma torniamo alla domanda di prima: gli attentatori erano in grado di pilotare gli aerei? Per la versione ufficiale, Atta era ai comandi di AA-11, che si schianta sulla prima torre; Alshehhi su UA-175, che colpisce la seconda torre; Hanjour era il pilota di AA-77, diretto contro il Pentagono. Piloti brillantissimi, capaci di manovre spettacolari (lo vedremo meglio quando affronteremo il capitolo riguardante il Pentagono). Peccato, però, che questi assi del cielo non avessero mai visto né tantomeno pilotato un Boeing; anzi, a detta dei loro istruttori, erano incapaci di pilotare da soli persino un piccolo aereo da turismo. Come cavolo hanno fatto a dirigere un Boeing centrando gli obiettivi con assoluta precisione? Il tutto, peraltro, in una situazione di assoluta precarietà e stress psico-fisico e senza i normali ausili alla navigazione! Questo scenario è semplicemente impossibile. E allora? L'unica spiegazione plausibile è che gli aerei fossero telecomandati. Esiste la tecnologia per controllare e teleguidare un velivolo a distanza. Il ruolo degli "zimbelli", nella migliore delle ipotesi, è stato quello di pedine finite in un gioco molto più grande di loro.

4. I crolli del World Trade Center 1, 2 e 7
Nell'immaginario collettivo è rimasto impresso lo spettacolare crollo delle Torri Gemelle, ma quel giorno, a venire giù, fu anche l'edificio numero 7, un grattacielo di quarantasette piani non toccato da nessun aereo e interessato solo da un modesto incendio. Perché è crollato nessuno è riuscito a spiegarlo. Secondo le autorità le Torri Gemelle sono crollate a seguito degli incendi conseguenza dell'impatto degli aerei. Senza addentrarci in particolari tecnici che esulano dai limiti del presente articolo, esperti di fama mondiale hanno dimostrato che questo è materialmente impossibile e che il crollo degli edifici è stato il risultato diretto di demolizioni controllate. Non esiste un solo caso al mondo di un moderno grattacielo con struttura in acciaio crollato a causa di un incendio; anzi, esistono precedenti che dimostrano il contrario, come nel caso del rogo del Palazzo Windsor a Madrid nel 2005, un incendio durato quasi 24 ore che consumò l'intero edificio ma non lo scheletro in acciaio. Le Torri Gemelle avevano delle fortissime colonne centrali in acciaio che mai e poi mai l'incendio sviluppato avrebbe potuto fondere, tanto da provocare il crollo verticale dell'edificio. Un'altra prova a favore della demolizione tramite esplosivi è data dal fatto che le parti non metalliche dell'edificio, come le lastre di cemento, si sono letteralmente polverizzate, cosa incompatibile con un cedimento strutturale. Del resto, le immagini parlano chiaro. Guardate le sequenze al rallentatore del crollo delle Torri nel film-inchiesta a cura di Massimo Mazzucco "11 settembre, inganno globale": le frecce indicano, dall'alto verso il basso i punti in cui si verificano gli effetti delle esplosioni, con "sbuffi" si fumo e polvere proiettate con forza verso l'esterno, anche verso l'alto. Infine ci sono le dichiarazioni dei diretti testimoni, soprattutto dei pompieri, che hanno riferito di avere chiaramente avvertito gli scoppi delle cariche esplosive. La differenza tra le Torri Gemelle e l'edificio sette consiste nel fatto che le prime sono state demolite dall'alto verso il basso, mentre il WTC 7 è crollato dalle fondamenta, con una demolizione di tipo tradizionale.

5. Il mistero del Pentagono
Il capitolo più misterioso di tutta questa storia piena di enigmi, riguarda il Pentagono, cioè la sede del Ministero della Difesa USA. Questa è davvero «la madre di tutte le menzogne» perché del Boeing che l'avrebbe colpito non c'è traccia. Nessun filmato, nonostante il Pentagono sia circondato da telecamere; nessun rottame, chiaramente riconducibile ad un aereo di quelle dimensioni. Il primo a denunciare l'assurdità della versione ufficiale dimostrando che a colpire il pentagono non può essere stato un Boeing 757, un aereo lungo 47 metri e con un'apertura alare di 38 metri, è stato il giornalista francese Thierry Meyssan con il libro "l'Effroyable Imposture" pubblicato in Italia da Fandango con il titolo "L'incredibile menzogna: nessun aereo è caduto sul Pentagono". La scena che si presenta subito dopo l'impatto non ha niente a che vedere con quella di un disastro aereo. Non si trovano neanche i motori, che sono la parte più compatta e resistente; il prato non presenta nessuna strisciata o bruciatura; la facciata colpita, prima che una parte crollasse a seguito dell'incendio, ha un buco di 3-4 metri. Se l'aereo si è "disintegrato" senza lasciare traccia (evento impossibile) cosa ha potuto provocare un foro di uscita, nel terzo anello del Pentagono, simile a quello d'entrata nel punto dell'impatto? Mistero. La verità è che il Pentagono può essere stato colpito solo da un missile o da un drone (aereo senza pilota). La conferma definitiva? Un Boeing che vola raso terra ad oltre 800 km orari è una manovra ritenuta impossibile (vedi la testimonianza di due esperti piloti dell'Alitalia nello speciale TG1 del 19/02/06). Per altro, questa manovra ritenuta impossibile, sarebbe stata eseguita dal presunto dirottatore Hanjour, ritenuto lo zimbello della scuola di volo, incapace secondo gli istruttori di volare da solo su un monomotore! Siamo nel regno delle favole. Eppure ci sono ancora milioni di babbei disposti a credere a queste favole.

6. United Airlines 93: che fine ha fatto?
Secondo la versione ufficiale, il quarto aereo dirottato precipitò per la decisione eroica dei passeggeri di opporsi ai sequestratori ed evitare così conseguenze più tragiche. Ma anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un aereo "scomparso". Nel presunto luogo dell'impatto, in un campo della Pennsylvania, tutto quello che si vide fu una buca di qualche metro con intorno pezzi di ferraglia di pochi centimetri. Anche qui, come nel caso del Pentagono, non si trova nessuna parte riconoscibile dell'aereo: non un pezzo d'ala, un timone di coda, un motore, un sedile, un portello, un finestrino; non c'è niente, solo piccoli frammenti che potrebbero essere qualsiasi cosa. Dunque, UA 93 non è "precipitato", ma è stato abbattuto in volo come dimostrato dal ritrovamento di rottami e resti umani in un raggio di molti chilometri. Perché e chi diede l'ordine di abbattere l'aereo lo sapremo solo quando i veri complottisti dell'11 settembre, cioè i reali mandanti ed esecutori, verranno smascherati e puniti per i loro orrendi crimini.

Conclusione
Per usare le parole dei titoli di due famosi libri di Maurizio Blondet, l'11 settembre si è trattato di un "Colpo di Stato in USA", organizzato da "Chi comanda in America", per creare un clamoroso pretesto «la Pearl Harbour del 21° secolo», allo scopo di scatenare guerre già decise e cercare d'invertire la china discendente del potere americano nel mondo. Del resto, quella dei "pretesti", è una costante nella storia americana: dall'esplosione e affondamento dell'incrociatore U.S.S. Maine, che nel 1898 scatenò la guerra ispano-americana, fino alle famose -e inesistenti!- "armi di distruzione di massa" di Saddam Hussein, la storia americana è costellata di pretesti costruiti ad arte per "drogare" l'opinione pubblica e organizzare il consenso necessario per le loro guerre di rapina e di sterminio. Tutto, naturalmente, in nome della "libertà" e della "democrazia" (vedi l'inchiesta a cura di Mario Consoli "Vecchi e nuovi vizi americani: dall'affondamento del Maine all'operazione Northwoods" su "Rinascita" del 14 novembre 2004).
A dieci anni di distanza dalla strage dell'11 settembre, è giunto il momento che il castello di menzogne crolli per lasciar posto alla verità. Solo la verità ci renderà liberi.


Barrafranca, settembre 2011
Salvatore Marotta
 

 

Bibliografia essenziale/Videografia/Sitografia

 
"11 settembre: colpo di stato in USA", Blondet Maurizio, Effedieffe 2001
"Chi comanda in America", Blondet Maurizio, Effedieffe 2002
"L'incredibile menzogna: nessun aereo è caduto sul Pentagono", Meyssan Thierry, Fandango 2002.
"Il Pentagate. Altri documenti sull'11 settembre", Meyssan Thierry, Fandango 2003.
"Alice nel paese delle meraviglie e il disastro delle Torri Gemelle. Ecco perché la versione ufficiale dei fatti dell'11 settembre è una menzogna colossale", Iche David, Macro Edizioni 2003.
"Mistero americano. Ipotesi sull'11 settembre", Montesano Marina, Dedalo 2004.
"11 settembre. Cosa c'è di vero nelle 'teorie del complotto'", Griffin David R., Fazi 2005.
"11 settembre. Bush ha mentito", Berg Philip J., Rodriguez William,Editori Riuniti 2006.
"11 settembre. Inganno globale" (con DVD) Mazzucco Massimo, Macro Edizioni 2006.
"La fabbrica del terrore made in USA. Origini e obiettivi dell'11 settembre", Tarpley Webster G., Arianna Editrice 2007.
"Zero. Inchiesta sull'11 settembre" (con DVD) Chiesa Giulietto, Piemme 2008.


www.luogocomune.net
www.disinformazione.it
 

 

Uscire dal ghetto

 

I risultati elettorali parlano chiaro e registrano una situazione piuttosto prevedibile. Da un lato la forte crescita dell'astensionismo che dimostra come gli italiani, ma anche in generale gli europei, non credano poi tanto nell'Europa di Strasburgo e di Bruxelles, l'Europa delle caste, banchieri o burocrati che siano, e sempre meno nella democrazia liberaldemocratica che trucca leggi e regolamenti allo scopo di ingessare e perpetuare una classe politica costituita, quando non da servi delle lobbies che imperversano a destra e a manca, da parvenus e di incapaci. Dall'altro la stasi immobilista delle formazioni dell'area antagonista che non hanno saputo convincere non solo l'opinione pubblica comunque nauseata dai politicanti, ma anche migliaia e migliaia di camerati rimasti a casa perchè delusi da una frammentazione senza senso e incapacitante che più non si può.
La Destra, già limitata nella sua stessa definizione, non è riuscita ad intercettare i voti (in libertà ?) dei delusi di AN, e ha preferito imbrancarsi con il movimento per le autonomie di Lombardo, con i pensionati di Fatuzzo e addirittura con i transfughi UDC di Francesco Pionati. Manovra questa che, più che sommare voti, ha finito per sommare i non voti di chi ha temuto di avvantaggiare formazioni finora prone al berlusconismo e comunque appartenenti al mondo avversario e, inversamente, quelli di chi non ha ben visto l'alleanza delle tre formazioni centriste con l'estrema destra di Storace e Buontempo.
La Fiamma Tricolore non è riuscita a qualificarsi come erede dell'elettorato missino o postmissino e ha rifiutato sin dall'inizio ogni proposta di alleanza tanto con La Destra, quanto con Forza Nuova, meritandosi così uno scarso 0,8 che la priva dell'unico deputato europeo. Affidare le proprie sorti nel nord-ovest a patrioti israeliani come l'ex AN Roberto Salerno non l'ha di certo favorita e la condanna ad una sostanziale emarginazione non solo nel quadro politico generale, ma anche nella stessa area di appartenenza. La Fiamma paga infine la politica dei compromessi con il PdL, finora perseguita, scelta che le ha impedito di presentarsi come forza di opposizione credibile.
Forza Nuova, cui va dato atto di una maggiore coerenza nella scelta di non fare accordi di alcun genere con il PdL, resta penalizzata dalla mancanza di disponibilità della Fiamma cui pure a Verona alcune settimane fa aveva offerto un'alleanza organica. Il Movimento di Fiore acquista comunque credibilità nell'area proprio per aver tenuto dritto il timone di un'opposizione chiara e netta al berlusconismo.
In ogni caso i risultati dei partiti liberali di centro-destra e di centro-sinistra con le loro battute d'arresto, attestano come l'opinione pubblica italiana cominci ad essere stanca della politica fallimentare sia del cavaliere di Arcore e dei suoi ministri da operetta (vedi Gelmini, Brunetta, Scajola, Alfano), sia di un PD che, al di là delle solite battute da "quattro amici al bar", non sa cosa sia una politica di vera opposizione. Il raddoppio dei voti di Di Pietro attesta come molti italiani ne abbiano le tasche piene di politica spettacolo, scandali più o meno privati, veline, clown, cortigiane, leggi ad hoc, ecc. e vedano nell'ex PM l'alfiere di una moralizzazione della vita pubblica. Che Di Pietro rappresenti la protesta è un fatto, che non abbia una proposta politica organica è un altro fatto di cui gli italiani non si sono ancora accorti. Il tempo però è galantuomo. La Lega di Bossi, nel guazzabuglio generale, raccoglie voti al nord ed ora qualcuno anche al centro, di un elettorato piuttosto rozzo che non ha compreso appieno i danni che il progetto federalista potrà arrecare ad un Italia in cui l'italianità scompare di giorno in giorno.

In questa situazione una riflessione urgente si impone alla forze antagoniste, soprattutto nelle componenti militanti, una riflessione che pone innanzi tutto un interrogativo. Come mai in tutta Europa, dall'Olanda, alla Bulgaria, dalla Finlandia all'Ungheria e persino in Inghilterra, crescono le forze antisistema e in Italia, patria del Fascismo, invece restano al palo? Una situazione ancora più strana, visto che lo spazio politico da occupare esiste ed è anche vasto. Dopo le politiche sbagliate degli anni passati, politiche seguite alla diaspora rautiana, dopo le divisioni che hanno travagliato un'area che si è autoghettizzata prestandosi ad interessi non suoi, è arrivato il momento di voltare pagina o addirittura di scrivere un nuovo libro. Dobbiamo iniziare una fase nuova. Noi del MNP abbiamo scelto in questa occasione elettorale la via del non voto perchè intuivamo che, le cose, stante la frammentazione in atto, sarebbero andate come sono andate. Sappiamo anche però che questa via non è percorribile per sempre in quanto, se pure autogratificante, sul piano politico ci condanna a restare ininfluenti. Dobbiamo uscire dal ghetto. Dobbiamo ridisegnare una strategia nuova e vincente, partendo da un'azione politica mirata, un'azione politica rivolta soprattutto ai giovani, ai disoccupati, ai senza avvenire, condannati all'emarginazione dai fallimenti del neoliberismo, ai delusi da una sinistra senza idee e senza progetti, ai milioni di non votanti stanchi della politica del partitismo e del malaffare.
L'unità militante va realizzata partendo da iniziative comuni e concrete. A questo siamo chiamati da oggi in poi. A questo sono chiamati quelli che vogliono dare a questo paese un futuro, diverso o, più semplicemente, un futuro.
Sarà un lavoro lungo e paziente ma deve cominciare subito. La crisi del modello occidentale liberista va avanti ed è destinata ad andare avanti. Il crollo arriverà, è solo questione di tempo. Solo noi abbiamo le idee giuste per un modello sociale e politico alternativo, i principi per una autentica rinascita morale, base dello Stato Nuovo dell'Ordine e della Giustizia. È davvero l'ora di serrare i ranghi come dice una nostra vecchia canzone. Dobbiamo tornare protagonisti. L'abisso che si avvicina a passi da gigante ci dovrà trovare pronti.
 

Nicola Cospito
Componente dell'Ufficio Politico del MNP

 

 

Le priorità del governo Prodi: i Dico

di Massimo Tirone


Pochi giorni prima di cadere al Senato sulla mozione di politica estera il Governo Prodi ha approvato il disegno di legge sulle unioni di fatto.
Non si può certo dire che si trattasse di un provvedimento particolarmente urgente, per un Governo che si trova a dover affrontare questioni ben più determinanti per la vita di tutti gli italiani, e che nel suo programma elettorale aveva previsto interventi legislativi in materie quali la precarietà del lavoro e la riforma della Legge Biagi, la riduzione del costo del lavoro e la competitività delle imprese con la riduzione del cuneo fiscale, e la politica di sostegno alle famiglie, per le quali aveva prospettato la corresponsione di un assegno per i neonati fino al terzo anno.
Nessun provvedimento di riforma è stato approvato sulla Legge Biagi, e la riduzione del cuneo fiscale, che secondo le promesse doveva essere di cinque punti percentuali, è stato ridotto nella sua entità, dilatato nel tempo e limitato nella sua applicazione soggettiva; per parte sua il Ministro della Famiglia, anziché proporre interventi diretti ad aiutare le famiglie ed avviare una politica demografica efficace in una situazione che vede l’Italia agli ultimi posti per tasso di natalità, ha utilizzato il suo tempo per studiare una legge diretta a concedere “diritti” alle coppie di fatto.
Nel disegno di legge, caratterizzato dall’assenza di rigore giuridico e dall’uso di una tecnica legislativa approssimativa (basti dire che per la prima volta dall’unità d’Italia le successioni non sono interamente regolate dal codice civile, ma anche da una legge speciale), la tutela dei diritti dei conviventi viene accordata in presenza non di un vero e proprio accordo tra gli interessati da formalizzare dinanzi ad un pubblico ufficiale che possa garantirne la certezza giuridica, ma con una dichiarazione anagrafica di convivenza resa agli uffici dello stato civile del Comune, che i due conviventi possono anche presentare separatamente, salvo l’onere di comunicarla per raccomandata all’altro soggetto; siamo in presenza di forme così sommarie da consentire abusi anche gravi dello strumento dei Dico previsto dal Disegno di legge governativo.
L’art. 1 del DdL prevede un ambito di applicazione molto esteso per l’attribuzione di diritti ai conviventi: i presupposti sono costituiti dalla convivenza accompagnata dall’esistenza di “vincoli affettivi” (genericamente indicati) e dalla prestazione di assistenza materiale e morale, e consentono di ricomprendere nella fattispecie legislativa situazioni che non hanno nulla a che vedere con le relazioni more uxorio.
Lo stesso Governo deve aver considerato il rischio di una dilatazione incontrollata dei diritti derivanti dai Dico, al punto da precisare, all’art. 2, che la legge non si applicava alle persone conviventi in presenza di rapporti di lavoro.
Un elemento particolarmente significativo del DdL è costituito dal riconoscimento della convivenza determinata da vincoli affettivi tra persone dello stesso sesso; in sostanza v’è la completa equiparazione delle unioni omosessuali a quelle eterosessuali.
Tale equiparazione costituisce l’obiettivo strenuamente perseguito dalle associazioni omosessuali, che -come è stato autorevolmente affermato- costituiscono ormai una lobby molto potente, in grado di condizionare in molti paesi l’attività del legislatore e di imporre normative contrastanti con principi etici e giuridici che fino a pochi anni fa erano indiscusso patrimonio dell’Italia e dell’Europa.
Ma il provvedimento sulle unioni di fatto non è soltanto un manifesto ideologico del variegato schieramento laicista che in nome del relativismo etico contesta l’ordine tradizionale e lo stesso istituto della famiglia che da millenni costituisce la struttura fondamentale della società: il DdL incide in maniera significativa sulla regolamentazione di diversi importanti istituti.
Viene completamente stravolta la disciplina delle successioni legittime: il riconoscimento di una quota di eredità a favore del convivente (nell’accezione lata che risulta dall’art. 1 del DdL), anche nel concorso con i figli del de cuius, con l’attribuzione al convivente pure del diritto di abitazione sulla casa utilizzata per la convivenza, comprime fortemente i diritti ereditari dei figli e di fatto rappresenta la significativa conferma che il Governo ha inteso dar vita, con i Dico, ad un modello di famiglia di secondo livello, riducendo solo quantitativamente ma non qualitativamente i diritti dei conviventi rispetto a quelli dei coniugi.
La convivenza è indicata come situazione di fatto rilevante anche ai fini dell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale: sicchè le poche risorse pubbliche disponibili, anziché essere utilizzate in via prioritaria per le giovani coppie che intendano dar vita a famiglie regolari o per i coniugi anziani impossibilitati per il reddito basso ad accedere alla proprietà della casa di abitazione o al mercato delle locazioni, saranno distribuite anche ai conviventi.
In materia previdenziale il DdL sui Dico prevede che anche i conviventi possano accedere alle prestazioni in materia di pensioni indirette e di reversibilità, anche se una normativa di dettaglio è rinviata al momento del riordino della previdenza: anche in questo caso la scarsezza delle risorse disponibili imporrà che per riconoscere i diritti dei conviventi alla pensione dovranno essere ridotti, in termini quantitativi, i diritti previdenziali dei pensionati stessi ovvero dei loro coniugi. Va oltretutto considerato che, per la genericità dei presupposti che il Legislatore ha previsto per usufruire dei diritti attribuiti ai conviventi, saranno facilissime le frodi in danno degli enti previdenziali ( se v’è stato in passato un non trascurabile fenomeno di matrimoni fittizi per conseguire la pensione di reversibilità, ancor più facile sarà per i truffatori far apparire false convivenze per ottenere benefici pensionistici).
È gravissima poi la previsione dell’art. 6 in materia di permesso di soggiorno: quella disposizione in sostanza consente al convivente del cittadino italiano o comunitario di ottenere un permesso di soggiorno per convivenza, cui altrimenti non avrebbe diritto. Si creeranno le condizioni per una dilatazione incontrollata degli ingressi di extracomunitari clandestini, che non dovranno più conservare a lungo la loro posizione illegittima ma potranno facilmente regolarizzare la loro presenza in Italia trovando qualche persona compiacente che accetti di sottoscrivere la dichiarazione anagrafica di convivenza.
I Dico costituiscono una tappa importante del progetto di banalizzare il matrimonio, già in crisi per le tendenze individualistiche che imperano da molti anni nelle società occidentali, e per le difficoltà oggettive che incontrano i giovani che intendano sposarsi, a causa della precarietà del posto di lavoro, della difficoltà di trovare un alloggio, e dell’assenza di un efficace supporto dello Stato alle donne impegnate nel lavoro che mettono al mondo dei figli.
In sostanza, nel regolamentare legislativamente la convivenza, che viene quindi proposta come scelta alternativa al matrimonio, si intende escludere la centralità del ruolo della famiglia, quale ci ha tramandato la nostra tradizione: una famiglia che viva per una scelta responsabile dei coniugi, tendenzialmente destinata ad impegnarli per l’intero arco della loro vita, che presupponga la decisione di avere figli e di occuparsi congiuntamente della loro educazione nella consapevolezza che si tratta di un compito che non ha soltanto una valenza privata ma costituisce un dovere verso la nazione.
Il Disegno di Legge sui Dico, pur espunto dal "programmino" in 12 punti che Prodi ha presentato alle Camere per la fiducia, sarà presto sottoposto all’esame del Parlamento, ove i suoi sostenitori, a cominciare dalla potente lobby degli omosessuali che si è già mobilitata per imporne l’approvazione, sperano evidentemente di trovare una maggioranza trasversale che includa alcuni settori della coalizione di centro-destra: il tema merita la massima attenzione e una battaglia di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, perché il provvedimento legislativo proposto è di quelli idonei ad incidere in materia duratura sul costume degli italiani.

Massimo Tirone
 

 

Bullismo e dintorni

di Rocco Nuzzo


La violenza sessuale come argomento di discussione è di gran moda….
A livello politico, giornalistico, salottiero.
In tutta questa mischia mass-mediatica, non poteva mancare la classica ciliegina sulla torta, cioè l’antifascismo.
La compagna Franca Rame, infatti, ha dichiarato di essere stata anche lei vittima di violenze, ovviamente fasciste.
Questo triste episodio si colloca durante la resistenza del 1968, ed è venuto alla luce solo oggi.
Tuttavia non ci sono testimoni; quindi nessuno ha visto degli uomini muscolosi, sporcaccioni e spavaldi abusare sessualmente della compagna in questione.
È possibile che una donna tutta falce e martello abbia tenuto un segreto per cosi tanti anni? Oppure si tratta di un brutto sogno?
Roba da psicologi… o meglio da psichiatri.
Ed è proprio questo il cuore del problema, il motivo per cui si parla tanto. Volendo analizzare ciò che emerge da tutto questo marasma dobbiamo rivolgere lo sguardo al di fuori.
Si sa che negli ultimi 3 anni sono aumentate del 350% le ricette mediche dove si prescrivono psicofarmaci ai bambini "troppo vivaci".
In molte parti d’Italia stanno nascendo associazioni di genitori per cercare di prevenire questa prassi, in quanto il nostro Stato non può far nulla in tal senso. almeno così ci dicono…
Una logica in tutto questo c’è, soprattutto se siamo ben consci che:
1) le multinazionali farmaceutiche finanziano i partiti;
2) i partiti debbono contare anche su quelle risorse finanziarie per poter campare;
3) il sistema non vuole fermare la violenza ma soltanto i bambini troppo vivaci, che sono quelli più portati a socializzare e a far socializzare;
4) se i ragazzi socializzano abbastanza non possono diventare depressi, anzi diventano creativi;
5) se le ragazze socializzano e guardano poco la TV, non possono diventare anoressiche;
6) se c’è un sistema di valori sani e princìpi ineludibili per ogni individuo, tutto può andare bene, se si socializza; nel sapere come nello sport, nel lavoro come nella famiglia.

Altro che Franca Rame!!! Lei fa parte di questo sistema; su questo ha marciato e continuerà a farlo nel segno della continuità antifascista… mentre a voi, genitori in buona fede, questo sistema tenta di rovinare irreversibilmente i vostri figli, ciò che vi è più caro! Ne vale la pena accendere la TV al mondo d’oggi? Accedere al quel mondo perverso, fatto di calunnie, stupidaggini e porcherie varie?

Rocco Nuzzo

 

 

J’ACCUSE


Saddam Hussein è sotto giudizio a Bagdad con l’accusa di avere ordinato una strage di cento persone per rappresaglia ad un attentato contro la sua persona e sarà senz’altro condannato ed impiccato per questo crimine efferato.
A Cana, in Libano il governo sionista Israeliano ha sterminato con le bombe cinquanta bambini, di cui alcuni handicappati, ma siamo sicuri che basterà che dichiari che «… gli dispiace per l’errore e che si scusa ...» perché l’incidente sia definitivamente chiuso senza strascichi e senza conseguenze né penali né politiche per nessuno!
Ebbene, noi non ci stiamo e lanciamo il nostro “J’accuse” contro i sionisti, contro i loro complici ed alleati (ma forse, a questo punto si dovrebbe dire i loro lacchè) e contro i troppi che in Italia ed in Europa si coprono occhi ed orecchi facendo finta di non vedere e di non sentire.
Accusiamo i sionisti Israeliani di cercare da sempre pretesti per scatenare, con il terzo esercito più potente del mondo, successive e sempre più pesanti guerre di aggressione contro i popoli confinanti, nel quadro di un progetto, quello del Grande Israele, che si sta realizzando con continue e successive annessioni di terre sino ad occupare, a progetto terminato, tutta l’area circostante.
Li accusiamo di strage, di deportazione, di vessazioni, di razzismo, e di terrorismo nei confronti del popolo Palestinese che è stato cacciato dalla sua terra, privato delle sue case, costretto a vivere da decenni campi profughi ed a cui, ad ogni pretesto, vengono inflitte rappresaglie e massacri assolutamente sproporzionati alle cause che li determinano.
Accusiamo gli Stati Uniti d’America ed il suo governo di praticare una politica estera di assoluta sudditanza e complicità verso Israele e contro i diritti del popolo Palestinese ad avere un proprio stato indipendente e sovrano ed ad avere il diritto di ritornare nelle proprie case da cui sono stati scacciati tanti anni fa.
Li accusiamo di avere mondializzato il problema del contenzioso tra Israele ed il popolo Palestinese coinvolgendo tutti gli stati a loro succubi (tra cui l’Italia) nella lotta ad un terrorismo che nasce solo dalla loro colpevole complicità con Israele nelle vessazioni al popolo Palestinese.
Accusiamo l’Italia e l’Europa di non avere saputo e voluto trovare la strada per una politica estera univoca ed indipendente che valutasse e decidesse in funzione di un giudizio obiettivo sulle questioni senza il pregiudizio di un atteggiamento di sudditanza politica, ideologica ed interessata agli USA ed ad Israele che ne è l’alleato-padrone!
Accusiamo Europa e l’Italia di non avere saputo cogliere l’occasione per porsi come terzo polo della politica mondiale dandole un nuovo baricentro e creando così una situazione di equilibri tali da bloccare lo strapotere imperialista ed il pericolo di trascinarci in una terza guerra mondiale che non sarebbe la nostra guerra, ma la guerra del Capitalismo e del Sionismo ..!
Per quanto riguarda l’Italia poi, non è questione di centrodestra o di centrosinistra ché entrambi gli schieramenti, quando si tratta di politica estera, non sanno far altro che «riaffermare l’amicizia dell’Italia con gli Stati Uniti d’America» e mettersi proni agli ordini che arrivano da oltre oceano (compresi i super-post-neo-comunisti, che borbottano un po’, ma poi si adeguano a votare come vogliono Prodi, D’Alema e Bush …)


Alessandro Mezzano

 

 

Riforme Nazionalpopolari


2° Residenze attrezzate


Partendo dalla constatazione che molte persone oggi vivono sole o perché anziane, o perché divorziate, o per altri motivi, che questa situazione coinvolge oramai una significativa percentuale della popolazione e che tutto questo provoca disagi notevoli sia di natura psicologica che di natura logistica ed assistenziale, si propone di creare, organizzate da Comuni e Regioni, una serie di “Residenze attrezzate” strutturate in modo da ovviare o ridurre al minimo tali disagi.
Usufruendo preferibilmente di aree comunali o regionali dismesse o non costruite o espropriate, si propone la costruzione di palazzine e/o quartieri residenziali per accogliere le suddette persone in un contesto di servizi e di supporti studiati appositamente.
La società che dovrà gestire le residenze attrezzate sarà a capitale privato o misto con quello pubblico e ricaverà affitti che coprano totalmente l’investimento ed i costi, ma la soluzione delle situazioni di disagio di cui sopra, oltre ad adempiere ad un dovere sociale, migliorando le condizioni psicologiche degli anziani, concorrerebbero in modo concreto a diminuire notevolmente i ricoveri in ospedali e cronicari facendo risparmiare alle amministrazioni parecchi denari che potrebbero concorrere al finanziamento delle residenze attrezzate in un circuito virtuoso di auto alimentazione.
Lo Stato provvederà, per favorire e facilitare la realizzazione delle “Residenze attrezzate”, a varare quei provvedimenti di defiscalizzazione e di incentivazione che renderanno meno gravose alle società miste di cui sopra la creazione e la gestione delle iniziative.
Le persone pagheranno l’affitto in proporzione alle proprie REALI possibilità economiche e la regione e/o il Comune interverranno a compensare gli affitti di quelle persone che non potessero pagare l’affitto per intero.
Un ambiente più umano, di minore solitudine ed abbandono, di sostegno psicologico mirato poterebbe certamente ad un livello migliore di salute e farebbe risparmiare quel denaro che, in assenza di tale contesto, si spenderebbe per maggiori ricoveri ospedalieri e cure, come è già stato detto, ma è utile ribadire...
In effetti si tratta di trasferire la spesa da sanitario-curativa a sociale-preventiva guadagnando in promozione sociale a costo praticamente zero..!
Caratteristiche :
1° - Alloggi di superficie media di mq. 60-70 composti da Soggiorno, Cucinino, bagno, camera da letto, cameretta.
•2° - Nel complesso si ubicheranno: farmacia, ufficio postale, cappella, circolo ricreativo con bar, sala TV, Palestra/sala da ballo e/o concerti, edicola-libreria, infermeria ed ambulatorio medico e psicologico, agenzia bancaria con Bancomat, giardino con verde pubblico attrezzato e campi sportivi.
3° - Cooperative di giovani provvederanno, a pagamento, a svolgere servizi di: Spesa a domicilio, accompagnamento, accesso agli sportelli degli uffici pubblici, lettura e compagnia. Il comune, la regione e gli apparati sociali dello Stato interverranno a pagare tali servizi a titolo compensativo laddove si verificasse la PROVATA incapacità economica dei fruitori dei servizi.
4°- Possibilmente si costruiranno blocchi di quattro - cinque palazzine per ridurre al minimo, concentrandole, le spese dei servizi.
5° - Gli appartamenti non saranno, per statuto, mai posti in vendita, ma saranno utilizzati esclusivamente per darli in affitto alle categorie di persone previste e cioè anziani (per circa un 40%-50% del totale), studenti, lavoratori “fuori sede” e singoli.
6° - Gli appartamenti verranno assegnati con precisi criteri ed in particolare si curerà di rendere l’ambiente disomogeneo in modo da mescolare giovani ed anziani per avere il risultato di un quartiere vivo e vitale che non sia né un “Collegio” per giovani studenti e singoli, né una bella copia di un “ospizio per vecchi”.
La mescolanza di situazioni e di esperienze di vita diverse potranno creare sinergie psicologiche e sociali che indubbiamente saranno utili a tutti.
Scopi:
Lo scopo principale di questa iniziativa è quello di controbilanciare e neutralizzare gli effetti negativi di ghettizzazione sociale che questa società edonistica e consumista ha posto in essere nei riguardi di tutti coloro che non sono funzionali a questo tipo di schematizzazione che dà importanza solamente agli aspetti economici - produttivi e trascura invece valori come solidarietà e tradizioni.
Si tratta di valorizzare, anziché respingere come inutile ed obsoleta, la ricchezza di esperienza di coloro che hanno trascorso una vita di lavoro e di rapporti umani e che hanno tanto da insegnare ai giovani ai quali tali insegnamenti, uniti all’esperienza di una solidarietà concreta verso i più anziani non può che giovare per la formazione del carattere.
Insomma un aiuto ed un arricchimento reciproci che non potrà che fare bene ad entrambi..!
A nostro avviso è un esempio di come, indirizzandole e gestendole nel modo giusto, alcune situazioni sociali, apparentemente pesanti e foriere di conseguenze molto negative come l’abbandono degli anziani ed i disagio dei singoli, possano invece diventare l’occasione di sinergie e di solidarietà che trasformano i problemi in ricchezza umana ed i costi in risparmio …
Nulla di nuovo se si considera questa proposta come una traslazione del concetto espresso nelle leggi della Socializzazione della RSI che, anch’esse trasformarono i contrasti in collaborazione e la lotta di classe in sinergie.


Alessandro Mezzano
Tenerife 07-02-06
 

Che fare ?


Nicola Cospito


In relazione a quanto sta accadendo, e cioè il tentativo più o meno riuscito da parte di alcuni gruppi dell'ex-area di concludere gli accordi con la CdL, venendone in soccorso, taluni si pongono e pongono la domanda: E noi che siamo contrari che cosa facciamo?
Il Movimento Nazional Popolare ha già dato in modo esauriente una risposta precisa.
In questo momento, la scelta più giusta è quella di astenersi dal voto e di persuadere quanti più camerati possibile a fare altrettanto.
Non si tratta di una scelta polemica o addirittura sterile e qualunquista, ma di un lucido disegno politico rispondente a precise strategie. Infatti:
Astenersi e indurre all'astensione significa contribuire alla disfatta del Polo, comunque annunciata, e a determinarne, subito dopo, il totale disfacimento. È infatti un obiettivo politico legittimo quello di sgombrare il campo dagli equivoci di una destra liberale e liberista che in questi anni si è distinta per le sue scelte filo-americane, sioniste e anti-europee.
Astenersi significa rifiutare la logica del bipolarismo nel quale il sistema liberaldemocratico vorrebbe incatenarci e perseguire, a fronte di una legge elettorale falsamente proporzionale e al contrario palesemente truffaldina, una linea limpida di opposizione seria e determinata che, nel tempo, nei nuovi scenari politici che verranno a crearsi dopo il 9 aprile, potrà avere una valenza importante e decisiva.
Ed è proprio a questo che bisogna guardare, non al passato e, ormai, nemmeno al presente, ma al futuro. Infatti, con ogni probabilità l'accordismo rinunciatario e di comodo, non solo non darà i risultati che i capi delle formazioni pro-CdL hanno sperato, scegliendo, come nel caso della Fiamma, non una linea di lotta e di opposizione, ma di mera sopravvivenza, ma porterà alla dissoluzione o a duri sconvolgimenti all'interno delle formazioni stesse. Questo è già avvenuto nella sostanza per il Fronte Sociale Nazionale, in Forza Nuova si registrano tensioni significative e per quanto concerne la Mussolini, tutto lascia pensare a questo punto che se vorrà fare gli accordi, li dovrà fare in prima persona e non a nome di Alternativa Sociale. Le sue dichiarazioni recenti infatti lasciano supporre un qualche veto sui gruppi a lei collegati.
Proprio per tali ragioni, in una scena che muta e in una fase di transizione come quella odierna, la saggezza induce a concentrarsi in se stessi e a potenziare i propri strumenti operativi.

Nel momento in cui Prodi e l'Unione andranno al governo, finito il berlusconismo, anche l'anti-berlusconismo non avrà più ragione d'essere e non ci sarà più il collante che tiene insieme i partiti del centrosinistra. Molte saranno le contraddizioni e gli inciampi, molti i contrasti e le spaccature: sui PACS, sulle tasse, sulle scelte economiche, sulla politica estera, in primis sulla questione Iran.
E del resto, sappiamo bene che la gente ormai diffida sia degli uni che degli altri e che se voterà per Prodi, lo farà per disperazione e non per convincimento della bontà del suo programma.

Allora SI! Starà a noi scendere in campo, attrezzati e convincenti, con una forza politica costituita da gente che non si è piegata a nessun compromesso… Ed è a questo che ora dobbiamo lavorare. Con serietà, compostezza e disciplina, senza personalismi o derive individualiste. Senza perditempo alle calcagna. Il Movimento Nazional Popolare, consapevole del percorso, su questa strada farà la sua parte e potrà giocare un ruolo importante.
Per questo i bravi camerati delle numerose comunità militanti sparse nella penisola devono uscire dal proprio guscio e cominciare a costituire una imponente rete di collegamento, fatta di azioni e attività in comune. In questo senso si pone la recente azione di Rutilio Sermonti, Presidente del MNP, il quale, proprio per la sua storia, il suo passato, la sua ultrasessantennale militanza integerrima è la garanzia di un lavoro politico disinteressato e inteso come servizio all'Idea e all'Italia.
 

Nicola Cospito


 

Il processo al Duce: un debito di Stato

di Enzo Schiuma



Ho letto l’articolo dal titolo “La sfida” di Filippo Giannini, uno storico a noi noto per non essersi mai intruppato con i “giullari” di regime, che mi ha letteralmente folgorato. Contiene una di quelle idee che ritengo abbia i caratteri del colossale. La illustro nei termini in cui l’ho intesa e -scusandomi con l’autore- personalmente interpretata.
Lo spunto suppongo gli nasca dalla constatazione che a distanza di 60 anni nulla si è fatto, e si è mai pensato di fare, per rimuovere dalla memoria storica della nostra Repubblica la macchia indelebile del duplice assassinio «che ancor l’offende» e che ne pregiudica la sua credibilità agli occhi delle nuove generazioni. Si allude, come avrete capito, alla brutale esecuzione di Benito Mussolini e di Claretta Petacci, che per essere stata effettuata senza una sentenza e il relativo processo ha tutti i caratteri di un brutale assassinio, con l’aggravante di un plateale vilipendio dei cadaveri.
Assassinio, aggiungo, in cui lo Stato con il suo silenzio-assenso nei confronti degli autori materiali ha avocato a sé la responsabilità, divenendone agli effetti il mandante. Sicchè, da atto dovuto, il mancato processo all’ex-Duce è divenuto oggi una sorta di rimessa ai posteri, mai adempiuta da parte delle pubbliche istituzioni. L’idea di Filippo Giannini ha dunque la sua genialità nell’aver saputo cogliere l’obbligo dello Stato a celebrare oggi quel processo che non fu celebrato ieri. A tale scopo offro a lui il mio contributo con queste mie proposte ed osservazioni:

1) La costituzione di un Comitato Promotore, costituito da personaggi della politica, della cultura, della scienza e dell’arte, aperto anche alla parte avversa, che studierà i modi e i tempi per l’indizione di un processo postumo a Benito Mussolini, uniti dal comune intento di sanare il debito morale assunto il 28 aprile 1945 dal Regno d’Italia e dalla sua erede futura Repubblica italiana, con il silenzio-assenso sull’esecuzione di Mussolini (e della Petacci), nei confronti delle loro famiglie e del Popolo italiano tutto.
2) In primis la celebrazione del processo sotto l’egida dell’ordinamento giudiziario, onde ottenere un’assoluzione proclamata per legge, e che, in caso di ostacoli di natura procedurale o sostanziale, potremmo aggirare con la querela di un consanguineo o discendente «per calunnia o diffamazione» ad un giornalista o storico vivente (i politici ne sono esenti), su dichiarati arbitrii, abusi di potere o altri reati attribuiti al Duce, introducendo così, quale tema del contendere, il mancato “processo a Mussolini”, richiamandoci al paragrafo 3 dell’art. 596 del c. p., onde indurre il giudice all’accertamento «del vero o del falso» di cui trattasi.
3) Ove ciò non sia possibile potremmo realizzare il processo “in fiction” in uno studio televisivo, con un dibattito more forense tra storici, politici e altri, sui capi d’accusa più conclamati dagli storiografi di regime. Il che non presenterebbe ostacoli ma alcuni problemi certamente sì: trovare una buona emittente e un conduttore di statura adeguata disponibili, una collocazione in fascia oraria ad alta partecipazione, condizioni di ingaggio accessibili.

Quest’ultima ipotesi presenterebbe però l’inconveniente, che il verdetto, se favorevole, potrebbe essere sempre capovolto da qualunque altra emittente voglia riproporre il giudizio. E avrebbe comunque una valenza mediatica, giornalistica e non istituzionale, come tutti vorremmo. In ambedue i casi l’ idea di Filippo Giannini troverebbe sostegno, a mio avviso, nei seguenti dati di fatto e di diritto:

a) L’arbitraria esecuzione effettuata da un nucleo partigiano su mandato di un comitato politico-militare, il CLNAI, pienamente legittimato dal governo in carica (il governo Badoglio, mi sembra), ma non abilitato ad istruire processi, né tantomeno a emettere sentenze di morte.
b) L’unico organismo deputato a farlo sarebbe stata la magistratura penale e/o quella militare, che infatti istruì poi i processi contro il Maresciallo Graziani e contro il Comandante Borghese (poi risoltisi -se non erro- con pene marginali e la piena assoluzione per i capi d’accusa principali).
c) La Repubblica italiana «nata dalla Resistenza» non può dunque esimersi dal sanare questo debito morale verso le vittime di tale arbitrio e i loro discendenti, a cui deve aggiungersi l’ulteriore danno di un‘esecuzione resa infamante dall’aver ricevuto con il silenzio-assenso la legittimazione dello Stato.
d) Né ci si può richiamare all’amnistia Togliatti, sui reati politici commessi nel periodo di guerra, poiché questa aveva efficacia soltanto in processi già definiti con sentenza irrevocabile, ovvero ancora in corso, oppure in fase istruttoria, aventi ad oggetto specifici capi d’accusa. E nei confronti di Mussolini (e tanto meno della Petacci), per quanto attiene al suo operato di uomo di Stato, non risulta essere mai stata formalizzata alcuna incriminazione.
e) Inoltre, non incriminando come dovuto gli autori del suo assassinio con l’aggravante del vilipendio di cadavere, le istituzioni dello Stato hanno avocato a sé la responsabilità del duplice delitto, che ai fini dell’amnistia, applicabile ai soli singoli cittadini, non può essere attribuita alle persone fisiche dei pubblici ministri e/o ai magistrati preposti nell’esercizio delle loro funzioni, in quanto trattasi di responsabilità multiple o diffuse non individuabili in singoli soggetti. Sarebbe in sostanza come se lo Stato amnistiasse se stesso. Il che, in termini morali, equivarrebbe a una condanna, non essendo l’amnistia che un abbuono di pena. Da cui c.v.d. il debito morale dello Stato, di cui si è detto, nei confronti dei familiari e degli italiani tutti.
f) Il processo all’ex Duce, come quello ai suoi assassini, si appalesa dunque come un atto dovuto (rimesso ai posteri) da parte dello Stato, a pena della sua stessa credibilità democratica, che dovrebbe interessare oggi tutti gli italiani, senza distinzione di parte: quelli di sentimenti fascisti, in quanto lesi nel proprio credo; quelli di sentimenti antifascisti, affinché sia lavata un’onta che ancora infanga l’immacolatezza della giovane Repubblica. Per cui anche i presupposti per una possibile condivisione già ci sarebbero.
g) Ma, morti gli autori, il reato si estingue - obietterà qualcuno. Nossignore! Non è il nostro caso. Come s’è dimostrato, con la copertura dei rei, lo Stato ha avocato a sé la responsabilità penale dei fatti, risultandone agli effetti il mandatario, ed è ancora vivo e vegeto. Si faccia allora il processo allo Stato (nella persona che per competenza ne incarna le responsabilità pregresse: nella fattispecie, il ministro della Giustizia) e se ne otterrà per converso un giudizio su chi fu vittima di quell’assassinio. Né può valere l’estinzione del debito per opera del tempo, in quanto trattasi di un’offesa permanente ai consanguinei e discendenti già collocatasi nella storia. Dunque, anche in questo caso è lo Stato, nella sua continuità, che da oltre cinquant’anni si trascina il debito di questi due mancati processi: quello a Mussolini (e alla Petacci) e quello ai suoi assassini (ma alla Giustizia ne interessa solo uno, l’altro o vi sarà contenuto o seguirà automaticamente).
h) E poiché tale debito antecede la stessa Costituzione, che come ogni legge non può avere effetti retroattivi, un’eventuale deroga alle sue norme troverebbe in qualche modo la sua giustificazione.

Rendere giustizia ai cittadini offesi dalle pubbliche istituzioni dovrebbe essere obbligo prioritario per una Repubblica che si definisce democratica. Ove motivi di natura procedurale o sostanziale ci negassero la possibilità di un verdetto ex lege, inviterei, con un formale appello del Comitato Promotore alla massima autorità dello Stato, il Presidente Ciampi (…a Lei che con tanto impegno si prodiga a restituire agli italiani la fratellanza e il perduto amor di Patria, non dispiacerà aggiungere il suo “placet” a quest’atto dovuto, suscettibile, quale che ne sia l’esito, di riavvicinare alla Repubblica i cuori di tanti italiani che ancora ne avvertono la distanza) ad assumere il patrocinio dell’iniziativa, sottoponendo l’anomalo quesito al vaglio della Corte Costituzionale che non potrà essere sorda al gravosissimo debito di Stato. Comunque sia, bravo Giannini! L’idea c’è ed è grande. Parliamone tra noi per realizzarla nel migliore dei modi, ma facendo attenzione a che non finisca nelle mani degli svenditori all’ingrosso del patrimonio storico nazionale, per trarne ulteriori vantaggi, personali e di potere.


Enzo Schiuma
 


 

Né con Coblenza, né con i Giacobini

di Nicola Cospito



Le prossime elezioni politiche della primavera 2006 segneranno il punto zero per quella che fino a qualche tempo fa ostinatamente, lo ammettiamo, chiamavamo l’area nazional popolare. I partiti e i gruppi che la componevano infatti hanno rifiutato di intraprendere la strada dell’unità, che sola, lo detta il buon senso, avrebbe potuto restituire loro una dignitosa visibilità, preferendo continuare a gestire in maniera inefficace la quotidianità e abbandonandosi ad una sopravvivenza che di certo non potrà rivelarsi eterna. Fallito l’esperimento di Alternativa Sociale come punto di aggregazione e organizzazione delle forze antagoniste disponibili in un movimento capace di attestarsi dal punto di vista elettorale su un 2% (pure raggiunto nello scorso aprile in occasione delle elezioni ragionali) come base di partenza per poi continuare a crescere e imporsi ad una opinione pubblica certamente stanca della politica affaristica e antitaliana del cavaliere e dei suoi alleati e comunque diffidente nei confronti dello schieramento del centrosinistra, spesso scelto per disperazione e reazione allo schieramento della CdL, la cosiddetta area, per volontà dei suoi “dirigenti”, è ripiombata nel frazionismo più sciocco e sterile che nel tempo ne potrebbe segnare la definitiva scomparsa. Realtà questa difficile da accettare data la presenza di mezzi economici e finanziari -vedi il finanziamento pubblico delle europee- che pure avrebbero permesso la messa in campo di strutture nuove e agili, tali da restituire entusiasmo, senso di appartenenza e rinnovata volontà di gettarsi nella mischia quanto meno a disturbare i disegni di chi sta svendendo il nostro paese alla finanza internazionale, alla tirannia delle banche, prostrandolo ai disegni egemonici del gangsterismo della Casa Bianca. Nonostante le centinaia di migliaia di euro piovute nelle tasche delle formazioni che hanno visto eletto, grazie all’impegno di tanti militanti, due deputati a Strasburgo, non un giornale serio, non una radio, non un canale televisivo, sono stati messi a punto per poter ricominciare ad orientare con una informazione corretta l’opinione pubblica nazionale. L’atteggiamento di Rauti che pure avevamo contestato negli anni passati, ha fatto ahimè, scuola tra tanti e i risultati, anzi i non-risultati si cominciano a vedere.
Invece di lavorare per la costruzione di un Partito Sociale, Repubblicano, Nazionale e Popolare, coloro che avrebbero dovuto impegnarsi in tal senso, hanno preferito abbandonarsi al richiamo del centrodestra, avviando trattative per l’ingresso (dalla porta di servizio) nella coalizione della CdL, incuranti della politica portata avanti dal cavaliere Berlusconi in questa legislatura le cui linee fondamentali possono così riassumersi:

• Degradazione della giustizia
• Distruzione dell’unità nazionale
• Distruzione della scuola pubblica
• Affossamento dell’economia
• Impoverimento progressivo degli italiani
• Precarizzazione crescente del mondo del lavoro
• Abbattimento dello Stato Sociale
• Sudditanza vergognosa agli Stati Uniti d’America e complicità nelle loro guerre criminali


Alibi a questa scelta dissennata non può essere il varo di una legge elettorale restrittiva per via dei diversi sbarramenti e per la difficoltà nella raccolta delle firme, sia perché tutto questo era stato previsto in anticipo e c’era tutto il tempo per organizzarsi -chi non ricorda i nostri numerosi appelli già dal mese di giugno- sia perché abbiamo in Europa esempi eclatanti di formazioni similari che devono affrontare le medesime difficoltà e non per questo annullano la loro identità o si mettono sul mercato. Valgano per tutti il Front National di Le Pen o la NPD in Germania. E del resto la nuova legge elettorale che proprio in questi giorni di dicembre sta per essere varata dal Senato nella sua stesura definitiva, impone a coloro che entrano nella coalizione di indicare il candidato premier e di sottoscriverne il programma. Immaginate dunque i nostri “beniamini” pronti ad indicare Berlusconi, l’uomo di Bush, che farebbe volentieri dell’Italia un’altra stella sulla bandiera degli Stati Uniti, come proprio “leader” e a sottoscriverne il programma, magari quello della politica estera…E poi, proprio in virtù della legge elettorale che prevede che solo il primo partito tra quelli che non riusciranno a conseguire il 2% dei suffragi, potrà portare deputati alla Camera, il rischio concreto è di regalare consensi all’inquilino di Arcore in cambio di un pugno di mosche. Infatti ben prima delle formazioni in questione al 2% si potrà avvicinare, senza peraltro superarlo, la Democrazia Cristiana di Rotondi, Pomicino e, da qualche settimana, anche di Publio Fiori. Ammesso, ovviamente, sempre che gli accordi vadano in porto. Di contro, ci rendiamo ben conto che ormai è troppo tardi per impegnarsi con successo nella raccolta delle firme, visto che dovranno essere presentate entro i primi del mese di marzo 2006, ma questo non esime dalla responsabilità, chi se ne sarebbe dovuto occupare a tempo debito. Mi si perdoni il riferimento personale, ma credo sia doveroso ricordare che chi scrive, nella sua qualità di segretario provinciale della Fiamma Tricolore a Roma nel triennio 1995/1998, presentò le liste del Partito nelle elezioni provinciali e regionali del ’95, nelle elezioni politiche del ’96 e in quelle comunali e circoscrizionali del 1998 raccogliendo regolarmente le firme e trovando centinaia di candidati. Ripeto, la Fiamma Tricolore a Roma, nel 1998 fu presente non solo nelle liste comunali ma anche in quelle di tutte e diciannove le circoscrizioni in alternativa al Polo e all’Ulivo. Con il risultato di un seggio, passato da Pino Rauti ad un tal Giannini. Vedremo dunque cosa accadrà in primavera, dato che nella capitale si svolgeranno le elezioni amministrative.
Nel frattempo c’è pure chi approfitta di questa situazione di disorientamento per portare avanti la politica del “ritorno all’ovile”. Lo avevamo già visto in occasione delle elezioni regionali di primavera, continuiamo a vederlo ora e lo vedremo in maniera ancora più manifesta nei prossimi mesi. È indubitabile che è in atto il tentativo da parte di taluni settori di Alleanza Nazionale di ricomporre sotto la propria egida e sotto il proprio controllo le frange più inclini al compromesso della, appunto, ex-area. Mentre nelle sedi istituzionali e negli interventi sui mass-media taluni dirigenti alleanzini proclamano tutto il loro filo-americanismo, il loro allineamento alle scelte polo-leghiste, antifasciste e liberali, poi, grazie anche ai servigi di taluni accorti e astuti “cavalli di troia”, con modi di fare che dire camaleontico offende i camaleonti, in situazioni di comodo si trasformano in irriducibili “camerati” votati alla “grande politica”, “costretti“ (da chi?) a stare in Alleanza Nazionale. E c’è da dire che facendo leva sulla scarsa coscienza ideologica e dottrinaria, sulla esigua preparazione culturale, quando non sulla debolezza caratteriale di molti, i suddetti cavalli di troia stanno conseguendo alcuni evidenti successi, facilitati, bisogna dirlo, dall’assenza di uno schieramento alternativo serio e di riferimento. Vale la pena di osservare agli accordisti di oggi quanto ai suonatori del corno alleanzino che allora tanto sarebbe valso per loro restare in Alleanza Nazionale già al tempo di Fiuggi, invece di inseguire il sogno di un partito ben radicato nella sua storia e difensore di un’altra concezione del mondo, della vita e dello Stato.
Cosa questa che non vale e non potrà mai valere per noi, disposti anche a farci tagliare le mani piuttosto che votare per il Polo indicando come candidato premier il plenipotenziario di Gorge W. Bush in Italia. Ad aprile i giochi saranno comunque fatti e potremo davvero contarci. Robert Brasillach nella sua "Lettera ad un soldato della classe ’40", scritta nelle prigioni di Fresnes, ricordava le parole scritte da Andrea Cheniér nel 1793 con le quali il grande poeta vittima del Terrore, deplorava «l’avvilimento di una grande nazione costretta dai propri errori a scegliere tra Coblenza e i Giacobini». «Anche noi -osservava Brasillach- abbiamo la nostra Coblenza e i nostri Giacobini. Basta cambiare due nomi per rendere attuale la frase, ma l’avvilimento resta uguale». E resta uguale anche per noi oggi. Basta cambiare di nuovo i nomi ed ecco che la situazione si ripropone.
E noi come Brasillach, sceglieremo diversamente. Noi non andremo né con Coblenza né con i Giacobini. Tenendo ben presente il motto di Evola e della Tradizione: «Ad una cosa sola si badi: a tenersi in piedi in un mondo di rovine», ad aprile vedremo quali sono le forze rimaste sul campo e con queste continueremo la battaglia delle idee con i mezzi e le forme che riterremo più opportune, nella consapevolezza che la nostra è una lotta di lunga durata e che una nuova strada verrà tracciata. Cosa che non è una speranza ma una certezza.

Nicola Cospito
 


 

Nihil difficile volenti

 

Siamo in parecchi ad avere la sensazione che bisognerà aspettare la conclusione delle elezioni politiche per poter riprendere in maniera fattiva un discorso organizzativo. Solo allora infatti il quadro sarà chiaro e sapremo chi sta con chi. Di fatto però bisognerà allora pensare ad una nuova ed unica realtà politica capace di rappresentare le nostre istanze in modo serio e fattivo, senza rimanere prigionieri di un extraparlamentarismo da anni sessanta/settanta. Da questo, credo, non si possa prescindere. Del resto, a conti fatti, non sono pochi coloro che rifiutano la logica dell'inserimento nel centro destra e per questo non organizzarsi insieme, non stabilire un collegamento operativo, sarebbe sciocco e incomprensibile. Con le elezioni politiche le ultime scremature saranno completate e chi sarà rimasto fedele a guardia della nostra barricata potrà avere sufficienti credenziali. Ovviamente coloro che avranno fatti accordi con la CdL non potranno trovare accoglienza nelle fila di un rinato movimento che comunque dovrà attenersi ai criteri di una rigida selezione chiudendo la porta a chi verrà ritenuto inaffidabile o mosso da scopi personali.

Stabiliti i principi fondamentali per cui battersi e individuata al contempo una efficace metodologia condivisa, si potrà cominciare a lavorare con calma e sul serio. Si tratterà di stabilire dunque dei punti capaci di investire anche un'etica di comportamento che non dovrà dare spazio a nessun tipo di becero folklorismo nostalgista ma che dovrà avere un unico obiettivo: conquistare uno spazio dignitoso nella società civile con il preciso intento di mutarla in maniera radicale.

Nessuno creda che una tale azione possa essere svolta in quattro e quattrotto, ma non dovranno essere i tempi a condizionarci o a preoccuparci. L'importante sarà di mettersi sulla strada giusta.

Attenzione. Se lavoreremo a questo intento, nessuno potrà accusarci di voler dare vita alla quinta o alla sesta formazione dell'area perchè questi mesi stanno segnando la morte dell'area stessa. E del resto è altrove che rivolgeremo il nostro sguardo.

Come la fenice risorge dalle ceneri, dovrà dunque sorgere finalmente una nuova ed unica formazione nazionale e sociale, un fronte di liberazione capace di proiettarsi oltre gli schemi desueti di destra e di sinistra e di riprendere finalmente la marcia in avanti.

 

Nicola Cospito

 

 

 

Discorso agli intelligenti



Premesso che noi del Movimento Nazional Popolare siamo per il sistema elettorale proporzionale, questo non ci esime dallo stigmatizzare il grande imbroglio rappresentato dalla legge elettorale appena passata alla Camera dei deputati e di prossima discussione al Senato. Questa legge infatti non solo blinda il sistema bipolare, introducendo una inaudita serie di sbarramenti tesi unicamente ad impedire la rappresentanza parlamentare ad uno schieramento alternativo alla CdL e all'Ulivo, ma si caratterizza per una serie di provvedimenti "ad personam" escogitati per "assoldare" al proprio carro gli elementi più "deboli" in termini di coerenza della nostra area politica, ammesso che ne facciano o ne vogliano fare ancora parte.
a) la dispensa dalla raccolta delle firme per i partiti che si uniscano al gran carro a stelle e strisce made in Italy e riconoscano il cavaliere Berlusconi, gran feudatario di Bush in Italia, come supremo e insindacabile leader a patto che abbiano almeno un deputato europeo (guarda che combinazione...!)
b) il ripescaggio del partito che nell'ambito della coalizione abbia ottenuto il maggior numero di voti (anche se si dovesse trattare dello 0,16%)

Questi i più macroscopici che meritano da parte nostra alcune brevi considerazioni
Destinatarie dei provvedimenti sono palesemente Chiara Moroni (Nuovo PSI) e/o Alessandra Mussolini che, se non interverranno tardive modifiche in sede di discussione al Senato (farebbero infatti bene a non fidarsi), potrebbero sperare di ottenere un seggio addirittura con il solo 0,16%. Ovviamente quella che viene ripescata.
Di fatto però restano alcune incognite. Infatti la legge impone al partito che ha avuto almeno un deputato a Strasburgo di presentarsi con il simbolo utilizzato in quella campagna elettorale.
La domanda infatti che possiamo porci oggi è questa: consentiranno Roberto Fiore e Adriano Tilgher, firmatari di un atto che decretava la nascita di Alternativa Sociale nel giugno 2004 alla Signora Mussolini di presentarsi a sostegno del Cavaliere di Arcore?
Forza Nuova appare orientata a sostenere Alessandra, a patto che il Polo accolga alcuni punti programmatici indicati espressamente. Punti che riportiamo qui di seguito:
a) Revisione della Bossi-Fini in senso restrittivo, allontanamento di tutti i clandestini e revisione immediata dei permessi dati a cittadini di zone a rischio terrorismo;
b) Assegno di 400 Euro alle madri che rimangono incinte, sino al terzo anno di età del bambino, quale contributo alla famiglia italiana;
c) Ritiro delle truppe dall’ Iraq e reimpiego delle stesse nelle zone del nostro paese dove regnano mafia e malavita;
d) Abrogazione della Legge Scelba e della legge Mancino, con conseguente chiusura dell’era anti-fascista;
e) Abbandono della posizione espressa dal Governo in favore dell’ entrata della Turchia in Europa e la protezione dell’ impresa italiana contro il dilagare dei prodotti cinesi.

In effetti ci sembra improbabile che il Polo inserisca tali punti nel programma e tanto per cominciare vale la pena di ricordare come in Parlamento solo qualche settimana fa sia stata reiterata la legislazione antifascista proprio con i voti del Polo e in primis di Alleanza Nazionale.
Del resto la nuova legge elettorale impone ai partiti che si coalizzano di indicare il candidato premier e di condividere l'unico medesimo programma. Vale a dire che Forza Nuova dovrà indicare Berlusconi come il proprio candidato premier e condividerne il programma.
È lecito domandarsi come farà Forza Nuova, in caso di accordi, a sostenere lo schieramento antifascista e ad impegnarsi nel sostegno al plenipotenziario di Bush in Italia e al governo liberale di centro-destra. Forza Nuova che si dichiara unica opposizione anche in apertura del suo sito...

Ricordiamo anche che chi non dovesse avere seggi avrà fatto dono di voti alla CdL gratis et amore Dei in ragione del premio di maggioranza.
Osserviamo ancora, avendone già fatto cenno sopra, come proprio sulla base dell'atto firmato nel giugno 2004 che ha fatto di Adriano Tilgher, Roberto Fiore e Alessandra Mussolini i co-segretari di Alternativa Sociale, anche il responsabile del FSN ha potere di veto sulla presentazione del simbolo AS a sostegno del cavaliere di Arcore. Se questo non dovesse accadere, i fascisti di quel gruppo, non potranno non trarne le logiche conseguenze politiche e del resto anche noi. Staremo a vedere...

Vale la pena di ricordare che in Germania la NPD non ha mai fatto accordi con nessuno. Ha saputo affrontare momenti di crisi ma poi è riuscita a portare un bel gruppo di deputati al Parlamento della Sassonia. E anche sull'altro versante Oskar La Fontaine si è guardato bene dal fare accordi con Schröder e la SPD, il suo ex-partito, anche rinunciando ad andare al governo. Cari camerati, devo dirvi io che la forza delle idee deve essere superiore a qualunque tentazione parlamentare quando questa finisce per uccidere i nostri ideali?

Per noi del MNP non c'è grande differenza tra un commerciante arricchito che ha ridicolizzato l'Italia dinanzi all'opinione pubblica europea e internazionale e un vecchio democristiano riciclato, già ministro con Andreotti e ora leader dell'Unione. Per noi l'unica strada è quella della coerenza e della costruzione paziente e inesorabile di un TERZO POLO, un Movimento capace arrivare a rappresentare gli italiani onesti che sono stanchi di essere turlupinati da queste lobbies che stanno trascinando il paese nel baratro. Il tempo non conta, ciò che conta è marciare sulla strada giusta. Non sotto le bandiere a stelle e strisce della CdL, covo di liberali, massoni e "padani" anti-italiani, ma sventolando con orgoglio e ostinazione le insegne nazionali, popolari, sociali e rivoluzionarie.

 

In alto i cuori!
Nicola Cospito

 

 

 

 

Discorso fuori dai denti

 

Sentiamo nostro dovere rammentare ai camerati che è in atto, in Italia, in Europa e nel mondo intero, un turpe tentativo, condotto con mezzi sterminati, di ridurre tutte le genti umane a un gregge senz'anima e senza volto, vittima rassegnata e ignara, prona davanti ai feticci rizzati dai preti di Mammona.

Sentiamo nostro dovere ricordare agli stessi che il sistema politico (parlamentarismo) ed economico (capitalismo) imposto ai popoli è soltanto l'efficace strumento per realizzare quell'infame disegno di degradazione e di schiavitù.

Non ci accusi nessuno di sfondare porte aperte, dato che tanti della nostra "area" sembrano proclamare quanto sopra ogni mattina e scordarselo a mezzogiorno.

Altrettanto si dica per la conclusione -altrettanto ovvia- che l'unica possibilità esistente per contrastare la violenza e gli inganni adoperati da così gigantesco e sinergico apparato di oppressione è la stretta unione, o quanto meno la salda e stabile alleanza e collaborazione tra tutti quelli che non intendono arrendersi alla tracotanza e alla violenza dei plutocrati, e invece denunziano la frode della cosiddetta democrazia e del cosiddetto liberismo, con l'opporre ad essi il privilegio dello spirito, il riscatto della persona umana e il metodo della effettiva partecipazione, in politica come in economia, proprio della nostra tradizione.

Ma allora, guardiamoci negli occhi: se quanto detto sopra lo sappiamo tutti a memoria, tanto che il saperlo costituisce appunto la caratteristica comune dell'"area", come mai, dopo sessant'anni di "quarantena", siamo ancora allo "spezzatino"? Quale mai tossico "sminuzzante" ha operato in noi, per giungere a così aberrante risultato?

Se non rispondiamo -e non a parole ma nel profondo del nostro cuore- a tale angosciosa domanda, ogni convegno, ogni trattativa, ogni acuta disamina sarà inutile.

Interrogando senza pregiudizi la nostra comune esperienza, essa punta fermamente il dito su quelle che potremmo chiamare "le tre P dell'auto-castrazione": Presunzione, Protagonismo, Personalismo.

La prima è il maledetto vizio di credersi sempre "ideologicamente" nel vero e nel giusto, e di bollare chiunque dissenta in qualcosa di deviazionismo, o addirittura di malafede.

Il secondo è il puerile preferire di essere "leader" di quattro gatti, piuttosto che esponente disciplinato di una vasta e efficiente compagine.

Il terzo è il permettere che l'interesse e il desiderio di successo personale vadano via via soppiantando quelli della causa comune.

Questi tre vizi, sia uniti che separati, di cui troppi di noi non riescono ad emendarsi, sono quelli che aprono la strada al totale rinnegamento di se stessi, o al vicolo cieco dell'"incapsulamento". La prima si imbocca soprattutto da quelli che arrivano ad assaggiare le generose tette di mamma Repubblica. Ve lo ricordate l'adamantino Rauti, quello che insegnava ai giovani ferventi l'impersonalismo attivo, e che il nostro onore si chiama fedeltà, prima che quei pochi giorni di galera gli regalassero 100.000 preferenze? Ve lo ricordate il focoso nazional-popolare Alemanno, il fiero anti-Fini per eccellenza? Ve lo ricordate l'infaticabile e impavido "Pecora", che dormiva in una Topolino ed era sempre alla testa negli scontri di piazza? Ve li ricordate i tanti camerati "di successo" come loro? Che sono diventati? Buontempo, per dire, ha i figli a studiare in Inghilterra, per suggervi il retto sapere!

L'incapsulamento, dicevamo, è stata invece la sorte dei più onesti e meno ambiziosi, animati dal desiderio di mantenersi puri e di non lasciarsi coinvolgere nella degenerazione. Come certi Gasteropodi o Bivalvi, essi hanno secreto dal mantello un guscio resistente, non calcareo ma dottrinario o ideologico, e vi si sono chiusi dentro, sdegnando ogni promiscuità, ma rinunziando così a ogni ruolo attivo nelle sorti della nazione.

Tra tali due estremi, ci sono quelli che hanno dato e continuano a dare luogo a sempre nuove "formazioni politiche", per poi darsi freneticamente alla ricerca di suffragi, con astuti espedienti, senza disporre nè della militanza nè dell'organizzazione perchè tali suffragi possano raggiungere un minimo di rilevanza.

Stanno così le cose, o ce lo siamo sognati? E allora, che stiamo a polemizzare tra noi e a escluderci a vicenda,mentre ...

... Saguntum expugnatur?

Non possiamo che compiacerci del parziale passo verso l'unità compiuto da Alternativa Sociale (Fiore-Mussolini-Tilgher); non possiamo non preoccuparci di quanto sta accadendo nella Fiamma Tricolore, dove si affilano le armi per la fiera battaglia congressuale (battaglia interna, more solito!), mentre Fini sghignazza sotto la sua kippah; non possiamo non provare nausea per il preannunziato pullulare di nuove sigle "fiammanti" al nord.

Ma così non se ne esce: lo capite o no? Noi continueremo senza sosta a fare il nostro dovere, che è quello di porre tutti, senza alcuna acredine, davanti alle proprie responsabilità, e di favorire ogni spinta centripeta: ma sta a voi tutti, camerati, dirigenti, gregari o isolati, da Aosta a Trapani, a voi tutti che dite, crediamo sinceramente, di volere la riscossa, liberarvi, con chirurgica freddezza, dei "tre P", e piantarla coi sofismi, coi distinguo e con le estemporanee "pensate" elettorali.

Nel '43 reagimmo, tutti insieme, al tradimento altrui, che aveva disonorato l'Italia davanti al nemico avanzante; ma così, col nemico già dentro le porte, i traditori saremmo noi stessi. È questo che vi piace ?

Non è retorica ma concretezza, credeteci, quando affermiamo di sentire sempre fissi su di noi gli occhi lucenti e inesorabili di milioni e milioni di Caduti e di Martiri, immolatisi in tutto il mondo per la grande Causa che amarono più della vita e che il Loro sacrificio consegnò, retaggio sovrumano, nelle mani di noi vivi. Pensate anche voi, camerati tutti, ogni giorno, intensamente, a ciò che Loro e noi rappresentiamo, confrontatelo con le odierne beghe che talvolta vi distolgono dall'essenziale, e il miracolo si compirà, perchè esse andranno al vento come pula.

In alto i cuori !!!

 

Movimento NazionalPopolare - Collegio Unità per la Costituente
4 dicembre 2004

 

 

 

Perché rifiutare accordi con il Polo

 
La sconfitta subita dal centro-destra alle elezioni europee ed amministrative di giugno, e poi alle elezioni suppletive di ottobre, ha riproposto ai dirigenti politici della Casa delle Libertà l’esigenza di aggregare anche l’elettorato di area nazional popolare, che dai risultati elettorali è apparso attestarsi intorno al 2%. Svanita l’aspettativa che tale area fosse prossima alla scomparsa alla quale sembrava avviata per il dispotismo rautiano e la frammentazione suicida che  aveva segnato gli ultimi anni, è stata prospettata, anche nelle dichiarazioni pubbliche di importanti esponenti di Forza Italia, l’ipotesi che, nell’allargamento della coalizione di Berlusconi, vengano ricomprese le forze politiche della cosiddetta “destra radicale”. Tali avances della CdL non sorprendono, essendo ben nota la spregiudicatezza con la quale Berlusconi affronta abitualmente le questioni concernenti le alleanze elettorali che possano consentirgli il successo. Ma è ora indispensabile che i dirigenti dei movimenti di area sappiano adeguatamente valutare le gravissime conseguenze negative che  deriverebbero da eventuali accordi con il Polo per le prossime elezioni regionali e , in prospettiva, per le elezioni politiche del 2006. La questione è poi di grande attualità per il dibattito interno del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, che a metà dicembre celebra il suo Congresso Nazionale, e deve riesaminare le decisioni adottate nel precedente Congresso di Montesilvano circa il “riposizionamento” nella Casa delle Libertà.  

     Per valutare adeguatamente il danno che può derivare da accordi con la CdL va considerato che, per i movimenti della nostra area, gli appuntamenti elettorali rappresentano occasioni importanti, se non uniche, per far ascoltare le nostre tesi politiche all’opinione pubblica, nei confronti della quale subiamo fuori delle campagne elettorali un totale oscuramento, per l’ostracismo che ci è riservato dai mezzi di comunicazione di massa (a cominciare da quello televisivo) e per una evidente nostra difficoltà (che andrà superata, ma ora comunque esiste) di trovare canali alternativi di diffusione delle nostre idee tra un pubblico diverso da quello che già condivide le nostre posizioni. Costituirebbe un gravissimo errore perdere tali occasioni di comunicare all’elettorato le nostre autentiche proposte politiche, mentre è evidente che eventuali alleanze con la CdL comporterebbero l’impossibilità di far percepire all’opinione pubblica la nostra radicale diversità rispetto ad essa e sminuirebbero la valenza antagonista delle nostre idee. Va poi considerato che l’opinione pubblica più aperta al nostro messaggio politico, che rappresenta il nostro elettorato attuale o potenziale, è particolarmente esigente in termini di chiarezza e di rigore, e non è disponibile a condividere i tatticismi e i compromessi che accompagnano accordi elettorali con forze che perseguono politiche incompatibili con le nostre idee e i nostri principi.  Non si pone soltanto la questione che, per la massima parte dei nostri militanti, è esclusa per ragioni ideali una qualsiasi collaborazione con Berlusconi e con Fini, e questo sarebbe argomento comunque sufficiente per rifiutare accordi elettorali con il Polo: tali accordi appaiono  dannosi anche per i loro effetti contrari al risultato che si vorrebbe perseguire.

    Su tale questione l’esperienza fatta negli anni scorsi offre inequivoci elementi di valutazione per concludere che gli accordi elettorali con la CdL pregiudicano gravemente ogni possibilità di crescita, anche elettorale, del nostro schieramento politico. Nel 2000, quando cominciò la politica di affiancamento al centro-destra , gli accordi elettorali con il Polo alle elezioni regionali in Abruzzo e in Calabria comportarono un grave arretramento del MSFT in termini di voti, sicchè il presunto vantaggio per l’aggiramento della soglia di sbarramento del 3% fu vanificato dalla perdita di buona parte dell’elettorato che in quelle regioni aveva assicurato al partito un significativo risultato sia alle politiche del 1996 che alle europee del 1999. Alle stesse elezioni regionali del 2000 il MSFT ebbe invece una percentuale più elevata in una regione tradizionalmente rossa come L’Umbria, dove aveva presentato le liste in contrapposizione ad entrambi i Poli.

     Analoghe conclusioni possono trarsi dall’esame dei risultati elettorali di giugno 2004: alle provinciali la Fiamma Tricolore, presente in 31 province, ha sostenuto il candidato presidente della CdL in sette di esse (tutte in Campania, Puglia e Calabria), ove ha riportato percentuali modeste e non ha ottenuto nessun seggio nonostante l’insussistenza della soglia di sbarramento del 3%; percentuali superiori sono state invece conseguite quando il MSFT si è proposto all’elettorato in contrapposizione ad entrambi i poli, non solo a Chieti ( il 2,4%, e il seggio poteva essere conquistato se fosse stato fatto l’accordo elettorale con Alternativa Sociale), ma anche in zone sicuramente più difficili quali le provincie di Pesaro (1,5%),  di Rimini (1,3%), di Perugia (1,3%) e di Terni (1,4%), e quella di Verbania ove il MSFT ha presentato le liste insieme al Movimento Nazional Popolare conseguendo l’1,9% alle provinciali e il 2,8% alle comunali.

         L’analisi dei risultati elettorali offre dunque l’indicazione che, laddove venga fatto l’accordo elettorale con la CdL, il MSFT perde non solo l’apporto di energie militanti, ma anche una parte del proprio elettorale potenziale; la presenza negli organismi elettivi non è affatto agevolata dall’aggiramento della soglia di sbarramento tramite il collegamento con il centro-destra; occasioni di eleggere rappresentanti nelle istituzioni non vengono colte a causa della presenza di diverse liste d’area in contrapposizione.

     Occorre poi valutare le opportunità che possono derivare per la nostra area dalla grave crisi in cui si dibatte il centro-destra, accompagnata da una vasta perdita di consensi di elettori che, pur non votando a sinistra, vogliono comunque manifestare il loro dissenso nei confronti di Berlusconi e soci, e in gran numero (nell’ordine di milioni alle ultime elezioni europee) si rifugiano nell’astensione. Non dovrebbe essere difficile per noi trovare consensi negli elettori delusi dal centro-destra, indignati per la politica di asservimento agli USA che ha caratterizzato la conduzione degli affari internazionali da parte del governo Berlusconi, che possono condividere le nostre posizioni in materia di sovranità dell’Italia e dell’Europa e di opposizione all’unilateralismo irresponsabile dell’amministrazione Bush; negli elettori che vogliono l’unità della nazione, e sono contrari alla riforma istituzionale federalista dettata da Bossi che la CdL sta approvando in Parlamento; nei cittadini che hanno il senso dello Stato, e rimangono sgomenti di fronte ad un’attività legislativa della maggioranza cadenzata in materia penale sulle esigenze difensive degli uomini del gruppo Fininvest nei processi per corruzione in corso, o sulle esigenze economiche dell’azienda del Presidente del Consiglio (vedi Legge Gasparri); nei cittadini penalizzati dalla insufficiente presenza dello Stato nelle zone infestate dalla criminalità e dalla mancanza di una seria politica giudiziaria di contrasto dell’illegalità; negli elettori che si attendevano una politica di contenimento dell’immigrazione, e si sono trovati dinanzi alla più estesa sanatoria dell’immigrazione  clandestina mai avvenuta in Italia e addirittura alla proposta di Fini di concedere il diritto di voto agli extracomunitari; nei giovani condannati al precariato a tempo indefinito dalla politica del centro-destra in materia di rapporti di lavoro.

     Certo è che, se si vuole ottenere il consenso di elettori delusi dalla politica di Berlusconi e Fini , non si può immaginare di conseguire tale risultato proponendosi in campagna elettorale come alleati degli stessi Fini e Berlusconi:  gli elettori non capirebbero tale politica contraddittoria, e non sarebbero certo disposti a giustificarla per presunte nostre esigenze tattiche.

     Occorre prendere atto che la nostra presenza negli organi istituzionali va perseguita con la consapevolezza che uno spazio elettorale per noi esiste, ma può essere occupato solo presentandoci all’opinione pubblica  con le nostre idee e i nostri valori, evitando commistioni con forze politiche a noi del tutto alternative; con la coscienza che le difficoltà che derivano dalle leggi elettorali, che per contrastarci le forze del regime hanno elaborato, non possono essere superate con i compromessi con i nostri avversari, che sono tutt’al più disposti a regalarci qualche briciola (vedi accordi del MSFT con la CdL nel 2000 e nel 2001) purchè accettiamo di evirarci e di rinunciare ad un nostro ruolo politico autonomo.

     Piuttosto il tentativo di superare le soglie di sbarramento previste dalle leggi elettorali va fatto evitando politiche suicide di contrapposizione tra più liste di area, e perseguendo il ricompattamento di tutte le energie e le forze oggi disperse, disponibili ad una battaglia ideale comune solo se verrà definitivamente accantonata,  senza eccezioni, la politica del compromesso con la Casa delle Libertà.

Massimo Tirone


 


 

A proposito di Veneziani contro Mussolini

 

È passato molto tempo da quando Veneziani ha smesso di difendere le nostre idee.

Ricordiamo il suo Usa e costumi, casa editrice Il Settimo Sigillo, la sua sferzante quanto divertente e gioiosa satira dell'americanismo. E proprio per questo oggi ci riesce difficile accettarlo al fianco delle truppe cammellate di George W. Bush e Ariel Sharon. Che si chiamino Gianfranco Fini o Francesco Storace, Maurizio Gasparri o Marcello Pera per noi è uguale.

Perchè proprio questo è il senso dell'attacco che Veneziani ha mosso ad Alessandra Mussolini.

Qualcuno in difficoltà o sul viale del tramonto lo ha chiamato in evidente soccorso.

Si sa, sappiamo che nonostante la debole candidatura di Marrazzo, Storace nel Lazio ha paura di perdere. E del resto ne ha motivo se pure spende centinaia di milioni nell'inondare Roma e l'intera regione di manifesti da sei metri, ciascuno dei quali, come dicono a Roma, costa un botto.

A Veneziani che critica Alessandra Mussolini accusandola di essere una radicale, una femminista, una socialista, sarebbe troppo facile rispondere che è stato proprio il suo committente Storace ad aprire le liste ai gay, mentre i suoi uomini fanno i convegni direttamente in sinagoga. Troppo facile e non ci interessa più di tanto.

Da giovane promessa intellettuale dell'area antagonista qual'era, oggi Veneziani si ritrova nelle vesti penose di difensore di ufficio di Storace e del ciarpame centrodestrista che sta sfasciando l'Italia. Che tristezza.

Veneziani comunque dimentica, e lo fa apposta, che alla regione Lazio nel caso che la lista antagonista superi l'odioso sbarramento voluto dal fu Tatarella nel 1995 proprio per danneggiare i fascisti, non andrà Alessandra Mussolini, già parlamentare europea, ma uno o più camerati che di certo non hanno vestito la pelle dei camaleonti "volta & gabbana" alla quale anche Veneziani, e ce ne dispiace, si è convertito.

Alle regionali dunque i fascisti sapranno votare e votare bene:

Per mandare alla regione militanti nazional popolari

Per mandare a casa Storace e la sua banda

Per costruire il Movimento antagonista che spezzerà le catene polo-uliviste.

 

In ultimo: Qualcuno diceva che per essere veri scrittori, capaci di vergare parole di fuoco che lasciano il segno nel tempo bisogna avere il cuore puro, vivere di passioni vere e profonde, tormentarsi con ideali e utopie, essere scevri da ogni sorta di compromesso con gli altri e con se stessi, avere insomma un'anima ardente. Marcello Veneziani, suo malgrado e con nostro dispiacere, non è di questa razza. Amen.

Occhiodaquila

 

 


L’ONU, gli USA e…
la patacca della nostra “Liberazione”

 

Credevamo di aver conseguito la libertà e l’indipendenza nazionale dopo quattro lunghe e sanguinose guerre risorgimentali, infine vittoriose, ma a quel che si dice nei telegiornali e s’insegna oggi nei programmi didattici della Rai non è così: quella libertà e indipendenza erano fasulle. La vera libertà e la vera indipendenza ce l’hanno generosamente donata gli americani nell’ultimo conflitto, “liberandoci dal nazismo, dal fascismo e -addirittura- …anche dal re” (così il TG1 in una recente rievocazione storica, ma anche RaiTre si è espressa in modo analogo in un programma per ragazzi). Questa è la storia fatta dottrina che si racconta agli italiani. Qui non si tratta di essere monarchici, ma di avere il senso della continuità dello Stato, di cui si ripudiano le origini e quasi un secolo di vita.

E se è questo che si vuole, demoliamo pure tutti i nostri monumenti scaduti. Quindi non solo via dell’Impero e il Foro Mussolini, ma anche L’altare della Patria dedicato a Vittorio Emanuele II, e quelli dedicati a Mazzini e Garibaldi, suoi complici; e demoliamo pure il sacrario di Redipuglia con i suoi seicentomila morti per il completamento dell’unità nazionale; e costruiamone un altro ad Anzio, in onore dei soldati americani caduti per questa nostra “Liberazione”.

È certamente odioso contrapporre morti a morti, ma ogni nazione dovrebbe innanzitutto onorare i propri e poi rendere omaggio agli altri. E non il contrario come avviene oggi ad Anzio, dove si commemorano i caduti americani e si ignorano i marò del battaglione “Barbarigo”, della X MAS, e dei paracadutisti della “Nembo”, caduti “uomo contro corazza” per sbarrare la strada ai carri armati americani.

Non per nostro merito, dunque, saremmo diventati una nazione libera e indipendente, ma, come anzidetto, per una donazione, ricevuta per giunta dal nemico, che ci avrebbe raso al suolo intere città, ucciso donne e bambini, sotto terrificanti bombardamenti aerei, non per fiaccare le nostre capacità di resistenza, come sappiamo, ma… per “liberarci”. Insomma, la stessa patacca ammollata agli iracheni, con la differenza che loro non hanno abboccato e orgogliosamente ancora resistono.

Si tace, però, che questa “Liberazione” ci è costata la più umiliante delle condizioni di pace, la “resa a discrezione”, cioè a totale arbitrio del vincitore (!), con un “dictat” implicante: l’occupazione del territorio,  la moneta “di occupazione” (le famose Amlire), pesantissime sanzioni economiche, il pagamento dei danni di guerra, nonché mutilazioni territoriali ad Est e ad Ovest dei nostri confini. Condizioni, poi mitigate dall’ignobile voltafaccia della nostra dichiarazione di guerra all’ex alleato, in cui ci siamo offerti come “cobelligeranti” al nemico vincente.

Ne abbiamo parlato non per fare dell’inutile dietrologia, ma perché è l’antefatto di un grande problema che oggi interessa il mondo intero e che per noi italiani è finalmente un nodo che viene al pettine, facendo chiarezza sulla favola di questa nostra tanto osannata “Liberazione”, identificandoci invece come uno dei tre paesi vinti dell’ultimo conflitto mondiale. Parliamo della riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

 Premesso che di fronte al problema la nostra posizione è quella dei “vinti”, orgogliosi di esserlo, ma che riconoscono realisticamente la necessità di un organo super partes idoneo a dirimere e prevenire le controversie internazionali - e l’ONU, idonea, non si è mostrata affatto! - riteniamo che la riforma non debba limitarsi al Consiglio di Sicurezza, ma riguardare tutta l’Organizzazione nel suo insieme, ad iniziare dai suoi principi fondanti. Riteniamo inoltre che tale riforma possa realizzarsi solo con l’indizione di una assenblea costituente tra gli stati, che riveda i suoi principi, scopi e funzioni, e dichiari decaduto ogni diritto o privilegio comunque derivante da pregiudiziali storico-politiche.

Ricordiamo che l’ONU ha sede a New York, è nata per volontà del presidente Wilson, ed è sempre vissuta sotto la tutela degli Stati Uniti che hanno teso a farne il “braccio secolare” del loro potere economico. Quindi, più che per una riforma, saremmo per una ri-fondazione integrale dell’Organizzazione. Detto questo, veniamo a quella che, realisticamente, è oggi la posizione dell’Italia.

 

La riforma del Consiglio di Sicurezza

 

La Riforma di quello che è l’esecutivo delle Nazioni Unite è imposta oggi con estrema urgenza dall’aggravarsi della situazione irachena. Situazione, che, come è noto, interessa tanto il presidente Bush, candidato alla rielezione alla Casa Bianca, che il segretario dell’ONU, Kofi Annan, intenzionato a far rispettare la legalità, con una soluzione che sia garantista anche per il mondo islamico.

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, com’è noto è composto da cinque membri permanenti, in rappresentanza delle nazioni vincitrici dell’ultimo conflitto mondiale, che godono anche del diritto di veto (alla faccia della libertà e dell’uguaglianza tra le nazioni!) e che sono: Russia, Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Cina, e da altri due gruppi di cinque a rotazione sfalsata per due anni. Ora, se, come è presumibile, si vorrà attuare la riforma in tempi brevi facendo salvi i diritti-privilegi acquisiti, è anche probabile che essa si limiti al solo aumento dei membri permanenti, o poco più.

A richiederne l’ingresso sono l’India, che con un miliardo di abitanti rappresenta quasi la metà della popolazione terrestre; il Giappone e la Germania, seconda e terza potenza economica mondiale, che sono anche tra i maggiori contribuenti dell’Organizzazione, e il Brasile che a buon diritto vanta una sua rappresentatività di tutta l’America Latina. Ebbene proprio questi stati si sono recentemente riuniti per avanzare un progetto di riforma comune, a sostegno della loro richiesta.

E l’Italia? «Datevi da fare anche Voi -ci dice il ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fischer- avanzate le vostre richieste, se ne avete!». Ma il nostro collega Frattini, che sa di non avere chances, vi ha rinunciato facendosi promotore di una risoluzione di mero disturbo, consistente in una candidatura unica per l’Unione Europea, che ha trovato il favore della Spagna e di qualche altro paese confederato, nonché di alcuni paesi africani, che vedono in questo un’apertura ad una rappresentanza per continenti.

Ma perché sa di non avere chances? Perché sa benissimo che Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina, e forse anche gli Stati Uniti, si opporrebbero alla nostra richiesta, fondata non più su presenze nazionali, ma continentali. E ciò, sia perché infrangerebbe una prassi consolidata, sia perché si tradurrebbe in una reductio ad unum delle attuali tre presenze europee: Russia, Gran Bretagna e Francia, senza contare la Germania; idem per l’estremo oriente ove lo status quo garantirebbe ai maggiori stati asiatici, Cina e l’eventuale Giappone, ben due rappresentanze in luogo di una.

Inoltre, c’è anche da considerare, che se entrassimo noi italiani, quelle nazioni farebbero muro al nostro ingresso, per le stesse ragioni per cui difendono i loro privilegi acquisiti. In sostanza, se entrassimo noi, loro dovrebbero uscirne, altrimenti decadrebbe, sul piano del diritto, quel distinguo tra le nazioni che applica il principio per cui l’organismo è nato e che conferisce loro da sessant'anni, quali vincitori dell’ultimo conflitto mondiale, il ruolo di guardiani della pace nel mondo.

Ma ciò dovrebbe valere, a maggior ragione, anche per Germania e Giappone - si chiederà il lettore? No, perché si tratterebbe di una “cooptazione” negoziata che, come tale, non inficierebbe quel principio. Se avessimo avuto della buona moneta di scambio, avremmo potuto negoziare anche noi, ma non avevamo altro da offrire che la fedele sudditanza agli Stati Uniti in questo disastro iracheno, risultando invece moneta falsa o scaduta l’apporto dato dalla “cobelligeranza” e dalla “Resistenza” italiane nell’ultimo conflitto mondiale.

Tutto questo, come si vede, penalizza soprattutto l’Italia, che retrocede  di fatto anche in coda al terzetto dei paesi vinti, con buona pace di chi ancora considera la nostra sconfitta una “liberazione”.

Enzo Schiuma

 

 

Dichiarazione  di Nicola Cospito
sul colpo di coda di Rauti

 

Il colpo di coda di Rauti rappresenta un attacco diretto contro il processo di unificazione in atto tra le diverse formazioni nazionalpopolari. In questo contesto la sua polemica contro la candidatura di Alessandra Mussolini nel cartello Alternativa Sociale è solo un pretesto.
Rauti, da molti anni ormai orientato ad una visione personalistica, nepotistica e affaristica della politica, che già in passato ha procurato molti e gravi danni alla battaglia dei nazionalpopolari, mostra ancora una volta il suo volto bilioso e preferisce mettersi al servizio di Fini e di Berlusconi, della destra massonica e liberista, degli amici degli americani e del boia Sharon al fine di ostacolare la ritrovata unità d'azione delle forze antagoniste al sistema.
Nessuno si illuda. Chi conosce fatti e situazioni della nostra area sa che Pino Rauti è il personaggio più screditato nella storia della Fiamma Tricolore e che la sua influenza sui militanti è pari a zero.
Il MNP esorta Alessandra Mussolini e i camerati  della Fiamma Tricolore a proseguire senza indugi sulla strada dell'unità.

 
 

Nicola Cospito
Portavoce del Movimento Nazional Popolare - Collegio Unità per la Costituente

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