José Manuel
Durão Barroso
(6 marzo 2014)

La Commissione europea ha promesso 11
miliardi di euro all'Ucraina nei prossimi due anni. Lo ha
annunciato questo mercoledì José Manuel Barroso,
specificando che 610 milioni di euro potranno essere
sborsati presto, nelle prossime settimane.
(http://it.euronews.com/2014/03/05/ucraina-l-europa-s-impegna-a-donare-11-miliardi-di-euro/)
Quando leggo e sento dai telegiornali certe notizie mi viene
spontaneo pormi certe domande e penso!
Il presidente della commissione europea dove li prende tutti
questi soldi? e perché darli all'Ucraina? e a quale scopo? E
poi chi glielo ha chiesto?
Leggendo l'articolo, si capisce che il FMI gestisce la cosa
per conto dell'Europa, sappiamo a malapena chi e che cosa è
il FMI ma conosciamo la sua famigerata intransigenza per i
suoi trascorsi nell'assoggettare interi Stati sovrani con
prestiti a condizioni capestro, Grecia. Cipro con il famoso
"prelievo forzoso " e nei paesi del cosiddetto Terzo Mondo.
Il FMI impone dei "piani di aggiustamento strutturale" come
condizioni per ottenere prestiti o condizioni più favorevoli
per il rimborso del debito che costituiscono l'aspetto più
controverso della sua attività. Voglio ricordare che proprio
alla Grecia servivano in totale 4 miliardi per aggiustare i
suoi conti e che non sono stati concessi o concessi
parzialmente pretendendo condizioni che hanno gettato il
paese nella povertà assoluta con la gestione e complicità
della Germania.
In Italia il governo Berlusconi ha resistito all'offerta di
prestiti del FMI ma ha dovuto subire un severo dictat
europeo che tutti conosciamo sul rientro dei conti e sullo
sforamento del 3% e non è finita qui.
Adesso si regalano 11 miliardi all'Ucraina che non è un
paese europeo e che proprio gli USA e gli europei con in
testa la Germania, da tempo provocano e destabilizzano
(rivoluzione arancione) per creare crisi nell'ambito della
sfera di appartenenza dei paesi ex comunisti con i risultati
che hanno costretto di fatto la Russia, a reagire come
sappiamo.
Facciamo un attimo il punto sulla situazione, in Europa la
crisi economica iniziata negli USA e rimbalzata in Giappone
divora gli stati e li impoverisce costringendo gli stessi a
finanziarsi con il FMI che non fa sconti a nessuno e che ha
tutta la convenienza a non risolvere nulla, nell'area
atlantica gli Stati Uniti hanno da sempre vessato tutti i
paesi sud- americani operando in modo tale di subordinare
tutta la politica economica e non solo, a loro vantaggio! e
qui rientra di nuovo il FMI vedi Argentina, Brasile, Panama,
Venezuela, i paesi del Terzo Mondo (ne abbiamo già dato
notizia) ma per completare l'informazione, si agisce anche
con i grandi monopoli delle sementi, delle case
farmaceutiche, delle risorse idriche, il quadro si completa
con l'attacco sfrenato, sempre da parte degli USA al mondo
islamico, dalla Palestina all'Irak, al nucleare iraniano,
l'Afganistan, le provocazioni a tutte le primavere! Libia,
Tunisia, Marocco, l'Egitto.
Si mantiene la protezione strategica e la complicità dei
sauditi e degli Emirati del golfo nella destabilizzazione
della Siria e di conseguenza aumentano i flussi migratori
verso l'Europa di disperati che chiudono il cerchio in una
sempre più pesante atmosfera economica che riguarda tutti.
Da qualsiasi parte lo si guardi questo è un piano che
favorisce solo il grande capitale e le grandi disponibilità
finanziarie a cui conviene mantenere e fomentare questo
stato di caos, senza risolvere nessuna delle problematiche
del mondo.
L'ONU organizzazione asservita a questo piano balbetta e si
indigna contro la Russia spinta dagli americani e i suoi
alleati ma il rapporto e veramente sproporzionato. Per dire
una bestialità, grazie a dio che ancora esiste la Russia e
la Cina, Qui in questo scritto, per brevità, non si è preso
in considerazione l'influenza americana in Asia e fino a
quando la Cina deterrà nelle sue mani il debito americano,
tutto tace! ma se per caso qualcuno "batterà cassa" lo
scontro sarà inevitabile

11 Settembre: la grande menzogna
comincia a sgretolarsi
L'11 Settembre 2011 ricorre il decimo anniversario degli
attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono che causarono
circa tremila morti, determinando una svolta tragica nella
politica e nella storia mondiale: due guerre ancora in corso
(in cui la colonia Italia ha già pagato un pesante tributo
di sangue), centinaia di migliaia di morti, soprattutto tra
i civili, leggi per la restrizione delle libertà, la
teorizzazione di una mostruosità come la "guerra
preventiva". E potremmo continuare. Dopo gli spettacolari
attacchi terroristici di New York e Washington la "versione
ufficiale" fornita dalla Casa Bianca, dalla CIA e dal
Pentagono, secondo cui 19 terroristi arabi appartenenti alla
rete Al Qaeda di Osama Bin Laden riescono a sequestrare gli
equipaggi e impadronirsi dei comandi di quattro aerei di
linea, dirigendoli come micidiali bombe contro le Torri
Gemelle e il Pentagono, mentre il quarto aereo precipita
dopo una rivolta dei passeggeri; questa versione è apparsa
subito inverosimile o almeno piena di punti oscuri, a tutte
quelle persone ancora capaci di usare il cervello e il senso
critico nei confronti delle false verità che i media
asserviti al potere ci propinano. Grazie a questi uomini
liberi e coraggiosi, innanzitutto i testimoni e i famigliari
delle vittime che hanno rifiutato qualsiasi indennizzo e
hanno denunciato l'Amministrazione Bush per complotto e
strage, e poi giornalisti, studiosi, scienziati, registi,
funzionari, politici, si è sviluppata in questi anni una
"contro inchiesta" sui crimini dell'11 settembre,
parallelamente su internet e sulla carta stampata; ed oggi
disponiamo di una documentazione enorme, fatta di studi
scientifici e analisi tecniche, di testimonianze, foto e
filmati che dimostrano, al di là di ogni ragionevole
dubbio,che la verità sull'11 settembre è diversa da quella
che ci hanno raccontato. Anche il lavoro della cosiddetta
"commissione indipendente", invece di chiarire i numerosi
dubbi e interrogativi, ha solo dato ulteriore slancio al
movimento per la verità sull'11 settembre. Sulle numerose
omissioni,distorsioni e "conflitti d'interesse" della
Commissione rimandiamo allo studio del Prof. David Ray Griffin, il quale ha elencato «centoquindici menzogne sugli
attentati dell'11settembre», disponibile su internet e
pubblicato dal quotidiano "Rinascita" del 10 ottobre 2006.
Nello spazio di un articolo non possiamo toccare tutte le
questioni aperte da questa tragica vicenda, ma procederemo
ad un riassunto dei punti fondamentali. I dati citati sono
ampiamente documentati e approfonditi nella bibliografia
fornita in calce al presente scritto.
1. Le speculazioni finanziarie
Alla vigilia dell'11 settembre "qualcuno", evidentemente
bene informato di quello che stava per succedere, scommise
sul crollo delle azioni delle compagnie aeree coinvolte
negli attentati: American Airlines e United Airlines. Ma non
solo: la speculazione colpì anche due banche d'affari che
avevano i propri uffici nel World Trade Center, la Morgan
Stanley e la Merril Lynch. E ancora, la stessa sorte toccò
alla francese AXA (che possedeva il 25% di American
Airlines) e alle compagnie assicurative Munich Reinsurance e
Swiss Reinsurance che avevano assicurato molti inquilini
delle due torri. Gli esperti hanno calcolato profitti per
decine di milioni di dollari. Chi c'era dietro tutto questo?
Non si è mai saputo. L'unica notizia trapelata è che almeno
un pacchetto di queste transazioni fu piazzato tramite la A.
B. Brown, il cui presidente fino al 1998 era colui che da lì
a poco sarebbe diventato il numero tre della CIA: A. B.
Krongard. Una fantastica "coincidenza"?
2. Il collasso della difesa aerea
Perchè la forza aerea più potente del mondo non è riuscita
ad intercettare neanche uno degli aerei dirottati? In circa
due ore in cui si svolge il piano terroristico avviene la
paralisi totale della difesa aerea. Eppure, in caso di
emergenza, scatta un collaudato sistema di assoluta rigidità
che ha sempre funzionato, tranne l'11 settembre. Se un aereo
civile finisce per una qualsiasi ragione fuori rotta, scatta
l'allarme incrociato tra FAA (Aviazione civile) e NORAD
(Aviazione militare). Se il problema perdura il NORAD fa
alzare in volo due caccia dalla base più vicina che in pochi
minuti raggiungono l'aereo. Il tempo stimato per questa
operazione è tra i 6 e i 10 minuti. Se quel giorno questa
procedura consolidata si è inceppata è perché c'è stata una
precisa volontà di sabotaggio. Se andiamo a leggere lo
scaricabarile delle responsabilità tra FAA, NORAD e alti
comandi, assistiamo ad una serie di ordini dati in clamoroso
ritardo o addirittura dati in modo sbagliato, per deviare i
caccia in tutt'altra direzione. Nessuno dei responsabili ai
vari livelli civile o militare è stato punito per questa
serie incredibile di "negligenze" che hanno causato migliaia
di morti.
3. I dirottatori
È stupefacente come quegli stessi servizi di sicurezza che
negli anni e nei mesi precedenti non avevano capito nulla di
quello che si stava preparando contro l'America, riescano
dopo poche ore dal super attentato a fornire al mondo nomi,
cognomi e foto dei presunti terroristi. Sugli "zimbelli"
dell'11 settembre, come li chiama Webster Griffin Tarpley,
ci sarebbe tanto da dire: dalle procedure seguite per i loro
visti d'ingresso, alle scuole di volo frequentate; dal fatto
che alcuni di loro avessero avuto contatti con basi militari
americane, alle "passioni" del loro presunto capo, Mohammed
Atta, per le braciole di maiale, gli spettacoli di lap-dance
e l'uso abituale di cocaina. Non male per un fondamentalista
votato al martirio! Ma la domanda cruciale rimane una: i
presunti dirottatori erano in grado di pilotare gli aerei?
La questione va posta, ammesso e non concesso che davvero i
"terroristi" siano saliti sugli aerei, cosa di cui non è
stata fornita la minima prova. Infatti:
a) non esiste nessun nome arabo nelle liste passeggeri;
b) non c'è nessuna foto o filmato che mostri uno di loro
all'imbarco dei voli dirottati;
c) l'unico filmato disponibile mostra Atta e Alomari nella
sala d'imbarco dell'aeroporto di Portland, ma questo
complica ancor di più la faccenda. La partenza del volo
AA-11 (quello su cui, secondo la versione ufficiale,
saliranno Atta e Alomari) è prevista alle 7.45 da Boston.
Perché i due, invece di trovarsi direttamente a Boston,
preferiscono partire alle 6.00 da Portland, andando a
rischiare una coincidenza così "stretta" tale che un
banalissimo ritardo avrebbe potuto mandare tutto all'aria?
Ma torniamo alla domanda di prima: gli attentatori erano in
grado di pilotare gli aerei? Per la versione ufficiale, Atta
era ai comandi di AA-11, che si schianta sulla prima torre;
Alshehhi su UA-175, che colpisce la seconda torre; Hanjour
era il pilota di AA-77, diretto contro il Pentagono. Piloti
brillantissimi, capaci di manovre spettacolari (lo vedremo
meglio quando affronteremo il capitolo riguardante il
Pentagono). Peccato, però, che questi assi del cielo non
avessero mai visto né tantomeno pilotato un Boeing; anzi, a
detta dei loro istruttori, erano incapaci di pilotare da
soli persino un piccolo aereo da turismo. Come cavolo hanno
fatto a dirigere un Boeing centrando gli obiettivi con
assoluta precisione? Il tutto, peraltro, in una situazione
di assoluta precarietà e stress psico-fisico e senza i
normali ausili alla navigazione! Questo scenario è
semplicemente impossibile. E allora? L'unica spiegazione
plausibile è che gli aerei fossero telecomandati. Esiste la
tecnologia per controllare e teleguidare un velivolo a
distanza. Il ruolo degli "zimbelli", nella migliore delle
ipotesi, è stato quello di pedine finite in un gioco molto
più grande di loro.
4. I crolli del World Trade Center 1, 2 e 7
Nell'immaginario collettivo è rimasto impresso lo
spettacolare crollo delle Torri Gemelle, ma quel giorno, a
venire giù, fu anche l'edificio numero 7, un grattacielo di
quarantasette piani non toccato da nessun aereo e
interessato solo da un modesto incendio. Perché è crollato
nessuno è riuscito a spiegarlo. Secondo le autorità le Torri
Gemelle sono crollate a seguito degli incendi conseguenza
dell'impatto degli aerei. Senza addentrarci in particolari
tecnici che esulano dai limiti del presente articolo,
esperti di fama mondiale hanno dimostrato che questo è
materialmente impossibile e che il crollo degli edifici è
stato il risultato diretto di demolizioni controllate. Non
esiste un solo caso al mondo di un moderno grattacielo con
struttura in acciaio crollato a causa di un incendio; anzi,
esistono precedenti che dimostrano il contrario, come nel
caso del rogo del Palazzo Windsor a Madrid nel 2005, un
incendio durato quasi 24 ore che consumò l'intero edificio
ma non lo scheletro in acciaio. Le Torri Gemelle avevano
delle fortissime colonne centrali in acciaio che mai e poi
mai l'incendio sviluppato avrebbe potuto fondere, tanto da
provocare il crollo verticale dell'edificio. Un'altra prova
a favore della demolizione tramite esplosivi è data dal
fatto che le parti non metalliche dell'edificio, come le
lastre di cemento, si sono letteralmente polverizzate, cosa
incompatibile con un cedimento strutturale. Del resto, le
immagini parlano chiaro. Guardate le sequenze al
rallentatore del crollo delle Torri nel film-inchiesta a
cura di Massimo Mazzucco "11 settembre, inganno globale": le
frecce indicano, dall'alto verso il basso i punti in cui si
verificano gli effetti delle esplosioni, con "sbuffi" si
fumo e polvere proiettate con forza verso l'esterno, anche
verso l'alto. Infine ci sono le dichiarazioni dei diretti
testimoni, soprattutto dei pompieri, che hanno riferito di
avere chiaramente avvertito gli scoppi delle cariche
esplosive. La differenza tra le Torri Gemelle e l'edificio
sette consiste nel fatto che le prime sono state demolite
dall'alto verso il basso, mentre il WTC 7 è crollato dalle
fondamenta, con una demolizione di tipo tradizionale.
5. Il mistero del Pentagono
Il capitolo più misterioso di tutta questa storia piena di
enigmi, riguarda il Pentagono, cioè la sede del Ministero
della Difesa USA. Questa è davvero «la madre di tutte le
menzogne» perché del Boeing che l'avrebbe colpito non c'è
traccia. Nessun filmato, nonostante il Pentagono sia
circondato da telecamere; nessun rottame, chiaramente
riconducibile ad un aereo di quelle dimensioni. Il primo a
denunciare l'assurdità della versione ufficiale dimostrando
che a colpire il pentagono non può essere stato un Boeing
757, un aereo lungo 47 metri e con un'apertura alare di 38
metri, è stato il giornalista francese Thierry Meyssan con
il libro "l'Effroyable Imposture" pubblicato in Italia da
Fandango con il titolo "L'incredibile menzogna: nessun aereo
è caduto sul Pentagono". La scena che si presenta subito
dopo l'impatto non ha niente a che vedere con quella di un
disastro aereo. Non si trovano neanche i motori, che sono la
parte più compatta e resistente; il prato non presenta
nessuna strisciata o bruciatura; la facciata colpita, prima
che una parte crollasse a seguito dell'incendio, ha un buco
di 3-4 metri. Se l'aereo si è "disintegrato" senza lasciare
traccia (evento impossibile) cosa ha potuto provocare un
foro di uscita, nel terzo anello del Pentagono, simile a
quello d'entrata nel punto dell'impatto? Mistero. La verità
è che il Pentagono può essere stato colpito solo da un
missile o da un drone (aereo senza pilota). La conferma
definitiva? Un Boeing che vola raso terra ad oltre 800 km
orari è una manovra ritenuta impossibile (vedi la
testimonianza di due esperti piloti dell'Alitalia nello
speciale TG1 del 19/02/06). Per altro, questa manovra
ritenuta impossibile, sarebbe stata eseguita dal presunto
dirottatore Hanjour, ritenuto lo zimbello della scuola di
volo, incapace secondo gli istruttori di volare da solo su
un monomotore! Siamo nel regno delle favole. Eppure ci sono
ancora milioni di babbei disposti a credere a queste favole.
6. United Airlines 93: che fine ha fatto?
Secondo la versione ufficiale, il quarto aereo dirottato
precipitò per la decisione eroica dei passeggeri di opporsi
ai sequestratori ed evitare così conseguenze più tragiche.
Ma anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un aereo
"scomparso". Nel presunto luogo dell'impatto, in un campo
della Pennsylvania, tutto quello che si vide fu una buca di
qualche metro con intorno pezzi di ferraglia di pochi
centimetri. Anche qui, come nel caso del Pentagono, non si
trova nessuna parte riconoscibile dell'aereo: non un pezzo
d'ala, un timone di coda, un motore, un sedile, un portello,
un finestrino; non c'è niente, solo piccoli frammenti che
potrebbero essere qualsiasi cosa. Dunque, UA 93 non è
"precipitato", ma è stato abbattuto in volo come dimostrato
dal ritrovamento di rottami e resti umani in un raggio di
molti chilometri. Perché e chi diede l'ordine di abbattere
l'aereo lo sapremo solo quando i veri complottisti dell'11
settembre, cioè i reali mandanti ed esecutori, verranno
smascherati e puniti per i loro orrendi crimini.
Conclusione
Per usare le parole dei titoli di due famosi libri di
Maurizio Blondet, l'11 settembre si è trattato di un "Colpo
di Stato in USA", organizzato da "Chi comanda in America",
per creare un clamoroso pretesto «la Pearl Harbour del 21°
secolo», allo scopo di scatenare guerre già decise e cercare
d'invertire la china discendente del potere americano nel
mondo. Del resto, quella dei "pretesti", è una costante
nella storia americana: dall'esplosione e affondamento
dell'incrociatore U.S.S. Maine, che nel 1898 scatenò la
guerra ispano-americana, fino alle famose -e inesistenti!-
"armi di distruzione di massa" di Saddam Hussein, la storia
americana è costellata di pretesti costruiti ad arte per
"drogare" l'opinione pubblica e organizzare il consenso
necessario per le loro guerre di rapina e di sterminio.
Tutto, naturalmente, in nome della "libertà" e della
"democrazia" (vedi l'inchiesta a cura di Mario Consoli
"Vecchi e nuovi vizi americani: dall'affondamento del Maine
all'operazione Northwoods" su "Rinascita" del 14 novembre
2004).
A dieci anni di distanza dalla strage dell'11 settembre, è
giunto il momento che il castello di menzogne crolli per
lasciar posto alla verità. Solo la verità ci renderà liberi.
Barrafranca, settembre 2011
Salvatore Marotta
Bibliografia essenziale/Videografia/Sitografia
"11 settembre: colpo di stato in USA", Blondet Maurizio,
Effedieffe 2001
"Chi comanda in America", Blondet Maurizio, Effedieffe 2002
"L'incredibile menzogna: nessun aereo è caduto sul
Pentagono", Meyssan Thierry, Fandango 2002.
"Il Pentagate. Altri documenti sull'11 settembre", Meyssan
Thierry, Fandango 2003.
"Alice nel paese delle meraviglie e il disastro delle Torri
Gemelle. Ecco perché la versione ufficiale dei fatti dell'11
settembre è una menzogna colossale", Iche David, Macro
Edizioni 2003.
"Mistero americano. Ipotesi sull'11 settembre", Montesano
Marina, Dedalo 2004.
"11 settembre. Cosa c'è di vero nelle 'teorie del complotto'",
Griffin David R., Fazi 2005.
"11 settembre. Bush ha mentito", Berg Philip J., Rodriguez
William,Editori Riuniti 2006.
"11 settembre. Inganno globale" (con DVD) Mazzucco Massimo,
Macro Edizioni 2006.
"La fabbrica del terrore made in USA. Origini e obiettivi
dell'11 settembre", Tarpley Webster G., Arianna Editrice
2007.
"Zero. Inchiesta sull'11 settembre" (con DVD) Chiesa
Giulietto, Piemme 2008.
www.luogocomune.net
www.disinformazione.it

Uscire dal ghetto
I risultati elettorali parlano chiaro e registrano una
situazione piuttosto prevedibile. Da un lato la forte
crescita dell'astensionismo che dimostra come gli italiani,
ma anche in generale gli europei, non credano poi tanto
nell'Europa di Strasburgo e di Bruxelles, l'Europa delle
caste, banchieri o burocrati che siano, e sempre meno nella
democrazia liberaldemocratica che trucca leggi e regolamenti
allo scopo di ingessare e perpetuare una classe politica
costituita, quando non da servi delle lobbies che
imperversano a destra e a manca, da parvenus e di incapaci.
Dall'altro la stasi immobilista delle formazioni dell'area
antagonista che non hanno saputo convincere non solo
l'opinione pubblica comunque nauseata dai politicanti, ma
anche migliaia e migliaia di camerati rimasti a casa perchè
delusi da una frammentazione senza senso e incapacitante che
più non si può.
La Destra, già limitata nella sua stessa definizione, non è
riuscita ad intercettare i voti (in libertà ?) dei delusi di
AN, e ha preferito imbrancarsi con il movimento per le
autonomie di Lombardo, con i pensionati di Fatuzzo e
addirittura con i transfughi UDC di Francesco Pionati.
Manovra questa che, più che sommare voti, ha finito per
sommare i non voti di chi ha temuto di avvantaggiare
formazioni finora prone al berlusconismo e comunque
appartenenti al mondo avversario e, inversamente, quelli di
chi non ha ben visto l'alleanza delle tre formazioni
centriste con l'estrema destra di Storace e Buontempo.
La Fiamma Tricolore non è riuscita a qualificarsi come erede
dell'elettorato missino o postmissino e ha rifiutato sin
dall'inizio ogni proposta di alleanza tanto con La Destra,
quanto con Forza Nuova, meritandosi così uno scarso 0,8 che
la priva dell'unico deputato europeo. Affidare le proprie
sorti nel nord-ovest a patrioti israeliani come l'ex AN
Roberto Salerno non l'ha di certo favorita e la condanna ad
una sostanziale emarginazione non solo nel quadro politico
generale, ma anche nella stessa area di appartenenza. La
Fiamma paga infine la politica dei compromessi con il PdL,
finora perseguita, scelta che le ha impedito di presentarsi
come forza di opposizione credibile.
Forza Nuova, cui va dato atto di una maggiore coerenza nella
scelta di non fare accordi di alcun genere con il PdL, resta
penalizzata dalla mancanza di disponibilità della Fiamma cui
pure a Verona alcune settimane fa aveva offerto un'alleanza
organica. Il Movimento di Fiore acquista comunque
credibilità nell'area proprio per aver tenuto dritto il
timone di un'opposizione chiara e netta al berlusconismo.
In ogni caso i risultati dei partiti liberali di
centro-destra e di centro-sinistra con le loro battute
d'arresto, attestano come l'opinione pubblica italiana
cominci ad essere stanca della politica fallimentare sia del
cavaliere di Arcore e dei suoi ministri da operetta (vedi
Gelmini, Brunetta, Scajola, Alfano), sia di un PD che, al di
là delle solite battute da "quattro amici al bar", non sa
cosa sia una politica di vera opposizione. Il raddoppio dei
voti di Di Pietro attesta come molti italiani ne abbiano le
tasche piene di politica spettacolo, scandali più o meno
privati, veline, clown, cortigiane, leggi ad hoc, ecc. e
vedano nell'ex PM l'alfiere di una moralizzazione della vita
pubblica. Che Di Pietro rappresenti la protesta è un fatto,
che non abbia una proposta politica organica è un altro
fatto di cui gli italiani non si sono ancora accorti. Il
tempo però è galantuomo. La Lega di Bossi, nel guazzabuglio
generale, raccoglie voti al nord ed ora qualcuno anche al
centro, di un elettorato piuttosto rozzo che non ha compreso
appieno i danni che il progetto federalista potrà arrecare
ad un Italia in cui l'italianità scompare di giorno in
giorno.
In questa situazione una riflessione urgente si impone alla
forze antagoniste, soprattutto nelle componenti militanti,
una riflessione che pone innanzi tutto un interrogativo.
Come mai in tutta Europa, dall'Olanda, alla Bulgaria, dalla
Finlandia all'Ungheria e persino in Inghilterra, crescono le
forze antisistema e in Italia, patria del Fascismo, invece
restano al palo? Una situazione ancora più strana, visto che
lo spazio politico da occupare esiste ed è anche vasto. Dopo
le politiche sbagliate degli anni passati, politiche seguite
alla diaspora rautiana, dopo le divisioni che hanno
travagliato un'area che si è autoghettizzata prestandosi ad
interessi non suoi, è arrivato il momento di voltare pagina
o addirittura di scrivere un nuovo libro. Dobbiamo iniziare
una fase nuova. Noi del MNP abbiamo scelto in questa
occasione elettorale la via del non voto perchè intuivamo
che, le cose, stante la frammentazione in atto, sarebbero
andate come sono andate. Sappiamo anche però che questa via
non è percorribile per sempre in quanto, se pure
autogratificante, sul piano politico ci condanna a restare
ininfluenti. Dobbiamo uscire dal ghetto. Dobbiamo
ridisegnare una strategia nuova e vincente, partendo da
un'azione politica mirata, un'azione politica rivolta
soprattutto ai giovani, ai disoccupati, ai senza avvenire,
condannati all'emarginazione dai fallimenti del
neoliberismo, ai delusi da una sinistra senza idee e senza
progetti, ai milioni di non votanti stanchi della politica
del partitismo e del malaffare.
L'unità militante va realizzata partendo da iniziative
comuni e concrete. A questo siamo chiamati da oggi in poi. A
questo sono chiamati quelli che vogliono dare a questo paese
un futuro, diverso o, più semplicemente, un futuro.
Sarà un lavoro lungo e paziente ma deve cominciare subito.
La crisi del modello occidentale liberista va avanti ed è
destinata ad andare avanti. Il crollo arriverà, è solo
questione di tempo. Solo noi abbiamo le idee giuste per un
modello sociale e politico alternativo, i principi per una
autentica rinascita morale, base dello Stato Nuovo
dell'Ordine e della Giustizia. È davvero l'ora di serrare i
ranghi come dice una nostra vecchia canzone. Dobbiamo
tornare protagonisti. L'abisso che si avvicina a passi da
gigante ci dovrà trovare pronti.
Nicola Cospito
Componente dell'Ufficio Politico del MNP

Le priorità
del governo Prodi: i Dico
di Massimo Tirone
Pochi giorni prima di cadere al Senato sulla mozione di
politica estera il Governo Prodi ha approvato il disegno di
legge sulle unioni di fatto.
Non si può certo dire che si trattasse di un provvedimento
particolarmente urgente, per un Governo che si trova a dover
affrontare questioni ben più determinanti per la vita di
tutti gli italiani, e che nel suo programma elettorale aveva
previsto interventi legislativi in materie quali la
precarietà del lavoro e la riforma della Legge Biagi, la
riduzione del costo del lavoro e la competitività delle
imprese con la riduzione del cuneo fiscale, e la politica di
sostegno alle famiglie, per le quali aveva prospettato la
corresponsione di un assegno per i neonati fino al terzo
anno.
Nessun provvedimento di riforma è stato approvato sulla
Legge Biagi, e la riduzione del cuneo fiscale, che secondo
le promesse doveva essere di cinque punti percentuali, è
stato ridotto nella sua entità, dilatato nel tempo e
limitato nella sua applicazione soggettiva; per parte sua il
Ministro della Famiglia, anziché proporre interventi diretti
ad aiutare le famiglie ed avviare una politica demografica
efficace in una situazione che vede l’Italia agli ultimi
posti per tasso di natalità, ha utilizzato il suo tempo per
studiare una legge diretta a concedere “diritti” alle coppie
di fatto.
Nel disegno di legge, caratterizzato dall’assenza di rigore
giuridico e dall’uso di una tecnica legislativa
approssimativa (basti dire che per la prima volta dall’unità
d’Italia le successioni non sono interamente regolate dal
codice civile, ma anche da una legge speciale), la tutela
dei diritti dei conviventi viene accordata in presenza non
di un vero e proprio accordo tra gli interessati da
formalizzare dinanzi ad un pubblico ufficiale che possa
garantirne la certezza giuridica, ma con una dichiarazione
anagrafica di convivenza resa agli uffici dello stato civile
del Comune, che i due conviventi possono anche presentare
separatamente, salvo l’onere di comunicarla per raccomandata
all’altro soggetto; siamo in presenza di forme così sommarie
da consentire abusi anche gravi dello strumento dei Dico
previsto dal Disegno di legge governativo.
L’art. 1 del DdL prevede un ambito di applicazione molto
esteso per l’attribuzione di diritti ai conviventi: i
presupposti sono costituiti dalla convivenza accompagnata
dall’esistenza di “vincoli affettivi” (genericamente
indicati) e dalla prestazione di assistenza materiale e
morale, e consentono di ricomprendere nella fattispecie
legislativa situazioni che non hanno nulla a che vedere con
le relazioni more uxorio.
Lo stesso Governo deve aver considerato il rischio di una
dilatazione incontrollata dei diritti derivanti dai Dico, al
punto da precisare, all’art. 2, che la legge non si
applicava alle persone conviventi in presenza di rapporti di
lavoro.
Un elemento particolarmente significativo del DdL è
costituito dal riconoscimento della convivenza determinata
da vincoli affettivi tra persone dello stesso sesso; in
sostanza v’è la completa equiparazione delle unioni
omosessuali a quelle eterosessuali.
Tale equiparazione costituisce l’obiettivo strenuamente
perseguito dalle associazioni omosessuali, che -come è stato
autorevolmente affermato- costituiscono ormai una lobby
molto potente, in grado di condizionare in molti paesi
l’attività del legislatore e di imporre normative
contrastanti con principi etici e giuridici che fino a pochi
anni fa erano indiscusso patrimonio dell’Italia e
dell’Europa.
Ma il provvedimento sulle unioni di fatto non è soltanto un
manifesto ideologico del variegato schieramento laicista che
in nome del relativismo etico contesta l’ordine tradizionale
e lo stesso istituto della famiglia che da millenni
costituisce la struttura fondamentale della società: il DdL
incide in maniera significativa sulla regolamentazione di
diversi importanti istituti.
Viene completamente stravolta la disciplina delle
successioni legittime: il riconoscimento di una quota di
eredità a favore del convivente (nell’accezione lata che
risulta dall’art. 1 del DdL), anche nel concorso con i figli
del de cuius, con l’attribuzione al convivente pure del
diritto di abitazione sulla casa utilizzata per la
convivenza, comprime fortemente i diritti ereditari dei
figli e di fatto rappresenta la significativa conferma che
il Governo ha inteso dar vita, con i Dico, ad un modello di
famiglia di secondo livello, riducendo solo
quantitativamente ma non qualitativamente i diritti dei
conviventi rispetto a quelli dei coniugi.
La convivenza è indicata come situazione di fatto rilevante
anche ai fini dell’assegnazione di alloggi di edilizia
residenziale: sicchè le poche risorse pubbliche disponibili,
anziché essere utilizzate in via prioritaria per le giovani
coppie che intendano dar vita a famiglie regolari o per i
coniugi anziani impossibilitati per il reddito basso ad
accedere alla proprietà della casa di abitazione o al
mercato delle locazioni, saranno distribuite anche ai
conviventi.
In materia previdenziale il DdL sui Dico prevede che anche i
conviventi possano accedere alle prestazioni in materia di
pensioni indirette e di reversibilità, anche se una
normativa di dettaglio è rinviata al momento del riordino
della previdenza: anche in questo caso la scarsezza delle
risorse disponibili imporrà che per riconoscere i diritti
dei conviventi alla pensione dovranno essere ridotti, in
termini quantitativi, i diritti previdenziali dei pensionati
stessi ovvero dei loro coniugi. Va oltretutto considerato
che, per la genericità dei presupposti che il Legislatore ha
previsto per usufruire dei diritti attribuiti ai conviventi,
saranno facilissime le frodi in danno degli enti
previdenziali ( se v’è stato in passato un non trascurabile
fenomeno di matrimoni fittizi per conseguire la pensione di
reversibilità, ancor più facile sarà per i truffatori far
apparire false convivenze per ottenere benefici
pensionistici).
È gravissima poi la previsione dell’art. 6 in materia di
permesso di soggiorno: quella disposizione in sostanza
consente al convivente del cittadino italiano o comunitario
di ottenere un permesso di soggiorno per convivenza, cui
altrimenti non avrebbe diritto. Si creeranno le condizioni
per una dilatazione incontrollata degli ingressi di
extracomunitari clandestini, che non dovranno più conservare
a lungo la loro posizione illegittima ma potranno facilmente
regolarizzare la loro presenza in Italia trovando qualche
persona compiacente che accetti di sottoscrivere la
dichiarazione anagrafica di convivenza.
I Dico costituiscono una tappa importante del progetto di
banalizzare il matrimonio, già in crisi per le tendenze
individualistiche che imperano da molti anni nelle società
occidentali, e per le difficoltà oggettive che incontrano i
giovani che intendano sposarsi, a causa della precarietà del
posto di lavoro, della difficoltà di trovare un alloggio, e
dell’assenza di un efficace supporto dello Stato alle donne
impegnate nel lavoro che mettono al mondo dei figli.
In sostanza, nel regolamentare legislativamente la
convivenza, che viene quindi proposta come scelta
alternativa al matrimonio, si intende escludere la
centralità del ruolo della famiglia, quale ci ha tramandato
la nostra tradizione: una famiglia che viva per una scelta
responsabile dei coniugi, tendenzialmente destinata ad
impegnarli per l’intero arco della loro vita, che
presupponga la decisione di avere figli e di occuparsi
congiuntamente della loro educazione nella consapevolezza
che si tratta di un compito che non ha soltanto una valenza
privata ma costituisce un dovere verso la nazione.
Il Disegno di Legge sui Dico, pur espunto dal "programmino"
in 12 punti che Prodi ha presentato alle Camere per la
fiducia, sarà presto sottoposto all’esame del Parlamento,
ove i suoi sostenitori, a cominciare dalla potente lobby
degli omosessuali che si è già mobilitata per imporne
l’approvazione, sperano evidentemente di trovare una
maggioranza trasversale che includa alcuni settori della
coalizione di centro-destra: il tema merita la massima
attenzione e una battaglia di sensibilizzazione
dell’opinione pubblica, perché il provvedimento legislativo
proposto è di quelli idonei ad incidere in materia duratura
sul costume degli italiani.
Massimo Tirone

Bullismo e dintorni
di Rocco Nuzzo
La violenza sessuale come argomento di discussione è di gran
moda….
A livello politico, giornalistico, salottiero.
In tutta questa mischia mass-mediatica, non poteva mancare
la classica ciliegina sulla torta, cioè l’antifascismo.
La compagna Franca Rame, infatti, ha dichiarato di essere
stata anche lei vittima di violenze, ovviamente fasciste.
Questo triste episodio si colloca durante la resistenza del
1968, ed è venuto alla luce solo oggi.
Tuttavia non ci sono testimoni; quindi nessuno ha visto
degli uomini muscolosi, sporcaccioni e spavaldi abusare
sessualmente della compagna in questione.
È possibile che una donna tutta falce e martello abbia
tenuto un segreto per cosi tanti anni? Oppure si tratta di
un brutto sogno?
Roba da psicologi… o meglio da psichiatri.
Ed è proprio questo il cuore del problema, il motivo per cui
si parla tanto. Volendo analizzare ciò che emerge da tutto
questo marasma dobbiamo rivolgere lo sguardo al di fuori.
Si sa che negli ultimi 3 anni sono aumentate del 350% le
ricette mediche dove si prescrivono psicofarmaci ai bambini
"troppo vivaci".
In molte parti d’Italia stanno nascendo associazioni di
genitori per cercare di prevenire questa prassi, in quanto
il nostro Stato non può far nulla in tal senso. almeno così
ci dicono…
Una logica in tutto questo c’è, soprattutto se siamo ben
consci che:
1) le multinazionali farmaceutiche finanziano i partiti;
2) i partiti debbono contare anche su quelle risorse
finanziarie per poter campare;
3) il sistema non vuole fermare la violenza ma soltanto i
bambini troppo vivaci, che sono quelli più portati a
socializzare e a far socializzare;
4) se i ragazzi socializzano abbastanza non possono
diventare depressi, anzi diventano creativi;
5) se le ragazze socializzano e guardano poco la TV, non
possono diventare anoressiche;
6) se c’è un sistema di valori sani e princìpi ineludibili
per ogni individuo, tutto può andare bene, se si socializza;
nel sapere come nello sport, nel lavoro come nella famiglia.
Altro che Franca Rame!!! Lei fa parte di questo sistema; su
questo ha marciato e continuerà a farlo nel segno della
continuità antifascista… mentre a voi, genitori in buona
fede, questo sistema tenta di rovinare irreversibilmente i
vostri figli, ciò che vi è più caro! Ne vale la pena
accendere la TV al mondo d’oggi? Accedere al quel mondo
perverso, fatto di calunnie, stupidaggini e porcherie varie?
Rocco Nuzzo

J’ACCUSE
Saddam Hussein è sotto giudizio a Bagdad con l’accusa di
avere ordinato una strage di cento persone per rappresaglia
ad un attentato contro la sua persona e sarà senz’altro
condannato ed impiccato per questo crimine efferato.
A Cana, in Libano il governo sionista Israeliano ha
sterminato con le bombe cinquanta bambini, di cui alcuni
handicappati, ma siamo sicuri che basterà che dichiari che
«… gli dispiace per l’errore e che si scusa ...» perché
l’incidente sia definitivamente chiuso senza strascichi e
senza conseguenze né penali né politiche per nessuno!
Ebbene, noi non ci stiamo e lanciamo il nostro “J’accuse”
contro i sionisti, contro i loro complici ed alleati (ma
forse, a questo punto si dovrebbe dire i loro lacchè) e
contro i troppi che in Italia ed in Europa si coprono occhi
ed orecchi facendo finta di non vedere e di non sentire.
Accusiamo i sionisti Israeliani di cercare da sempre
pretesti per scatenare, con il terzo esercito più potente
del mondo, successive e sempre più pesanti guerre di
aggressione contro i popoli confinanti, nel quadro di un
progetto, quello del Grande Israele, che si sta realizzando
con continue e successive annessioni di terre sino ad
occupare, a progetto terminato, tutta l’area circostante.
Li accusiamo di strage, di deportazione, di vessazioni, di
razzismo, e di terrorismo nei confronti del popolo
Palestinese che è stato cacciato dalla sua terra, privato
delle sue case, costretto a vivere da decenni campi profughi
ed a cui, ad ogni pretesto, vengono inflitte rappresaglie e
massacri assolutamente sproporzionati alle cause che li
determinano.
Accusiamo gli Stati Uniti d’America ed il suo governo di
praticare una politica estera di assoluta sudditanza e
complicità verso Israele e contro i diritti del popolo
Palestinese ad avere un proprio stato indipendente e sovrano
ed ad avere il diritto di ritornare nelle proprie case da
cui sono stati scacciati tanti anni fa.
Li accusiamo di avere mondializzato il problema del
contenzioso tra Israele ed il popolo Palestinese
coinvolgendo tutti gli stati a loro succubi (tra cui
l’Italia) nella lotta ad un terrorismo che nasce solo dalla
loro colpevole complicità con Israele nelle vessazioni al
popolo Palestinese.
Accusiamo l’Italia e l’Europa di non avere saputo e voluto
trovare la strada per una politica estera univoca ed
indipendente che valutasse e decidesse in funzione di un
giudizio obiettivo sulle questioni senza il pregiudizio di
un atteggiamento di sudditanza politica, ideologica ed
interessata agli USA ed ad Israele che ne è
l’alleato-padrone!
Accusiamo Europa e l’Italia di non avere saputo cogliere
l’occasione per porsi come terzo polo della politica
mondiale dandole un nuovo baricentro e creando così una
situazione di equilibri tali da bloccare lo strapotere
imperialista ed il pericolo di trascinarci in una terza
guerra mondiale che non sarebbe la nostra guerra, ma la
guerra del Capitalismo e del Sionismo ..!
Per quanto riguarda l’Italia poi, non è questione di
centrodestra o di centrosinistra ché entrambi gli
schieramenti, quando si tratta di politica estera, non sanno
far altro che «riaffermare l’amicizia dell’Italia con gli
Stati Uniti d’America» e mettersi proni agli ordini che
arrivano da oltre oceano (compresi i
super-post-neo-comunisti, che borbottano un po’, ma poi si
adeguano a votare come vogliono Prodi, D’Alema e Bush …)
Alessandro Mezzano

Riforme Nazionalpopolari
2° Residenze attrezzate
Partendo dalla constatazione che molte persone oggi vivono
sole o perché anziane, o perché divorziate, o per altri
motivi, che questa situazione coinvolge oramai una
significativa percentuale della popolazione e che tutto
questo provoca disagi notevoli sia di natura psicologica che
di natura logistica ed assistenziale, si propone di creare,
organizzate da Comuni e Regioni, una serie di “Residenze
attrezzate” strutturate in modo da ovviare o ridurre al
minimo tali disagi.
Usufruendo preferibilmente di aree comunali o regionali
dismesse o non costruite o espropriate, si propone la
costruzione di palazzine e/o quartieri residenziali per
accogliere le suddette persone in un contesto di servizi e
di supporti studiati appositamente.
La società che dovrà gestire le residenze attrezzate sarà a
capitale privato o misto con quello pubblico e ricaverà
affitti che coprano totalmente l’investimento ed i costi, ma
la soluzione delle situazioni di disagio di cui sopra, oltre
ad adempiere ad un dovere sociale, migliorando le condizioni
psicologiche degli anziani, concorrerebbero in modo concreto
a diminuire notevolmente i ricoveri in ospedali e cronicari
facendo risparmiare alle amministrazioni parecchi denari che
potrebbero concorrere al finanziamento delle residenze
attrezzate in un circuito virtuoso di auto alimentazione.
Lo Stato provvederà, per favorire e facilitare la
realizzazione delle “Residenze attrezzate”, a varare quei
provvedimenti di defiscalizzazione e di incentivazione che
renderanno meno gravose alle società miste di cui sopra la
creazione e la gestione delle iniziative.
Le persone pagheranno l’affitto in proporzione alle proprie
REALI possibilità economiche e la regione e/o il Comune
interverranno a compensare gli affitti di quelle persone che
non potessero pagare l’affitto per intero.
Un ambiente più umano, di minore solitudine ed abbandono, di
sostegno psicologico mirato poterebbe certamente ad un
livello migliore di salute e farebbe risparmiare quel denaro
che, in assenza di tale contesto, si spenderebbe per
maggiori ricoveri ospedalieri e cure, come è già stato
detto, ma è utile ribadire...
In effetti si tratta di trasferire la spesa da
sanitario-curativa a sociale-preventiva guadagnando in
promozione sociale a costo praticamente zero..!
Caratteristiche :
1° - Alloggi di superficie media di mq. 60-70 composti da
Soggiorno, Cucinino, bagno, camera da letto, cameretta.
•2° - Nel complesso si ubicheranno: farmacia, ufficio
postale, cappella, circolo ricreativo con bar, sala TV,
Palestra/sala da ballo e/o concerti, edicola-libreria,
infermeria ed ambulatorio medico e psicologico, agenzia
bancaria con Bancomat, giardino con verde pubblico
attrezzato e campi sportivi.
3° - Cooperative di giovani provvederanno, a pagamento, a
svolgere servizi di: Spesa a domicilio, accompagnamento,
accesso agli sportelli degli uffici pubblici, lettura e
compagnia. Il comune, la regione e gli apparati sociali
dello Stato interverranno a pagare tali servizi a titolo
compensativo laddove si verificasse la PROVATA incapacità
economica dei fruitori dei servizi.
4°- Possibilmente si costruiranno blocchi di quattro -
cinque palazzine per ridurre al minimo, concentrandole, le
spese dei servizi.
5° - Gli appartamenti non saranno, per statuto, mai posti in
vendita, ma saranno utilizzati esclusivamente per darli in
affitto alle categorie di persone previste e cioè anziani
(per circa un 40%-50% del totale), studenti, lavoratori
“fuori sede” e singoli.
6° - Gli appartamenti verranno assegnati con precisi criteri
ed in particolare si curerà di rendere l’ambiente
disomogeneo in modo da mescolare giovani ed anziani per
avere il risultato di un quartiere vivo e vitale che non sia
né un “Collegio” per giovani studenti e singoli, né una
bella copia di un “ospizio per vecchi”.
La mescolanza di situazioni e di esperienze di vita diverse
potranno creare sinergie psicologiche e sociali che
indubbiamente saranno utili a tutti.
Scopi:
Lo scopo principale di questa iniziativa è quello di
controbilanciare e neutralizzare gli effetti negativi di
ghettizzazione sociale che questa società edonistica e
consumista ha posto in essere nei riguardi di tutti coloro
che non sono funzionali a questo tipo di schematizzazione
che dà importanza solamente agli aspetti economici -
produttivi e trascura invece valori come solidarietà e
tradizioni.
Si tratta di valorizzare, anziché respingere come inutile ed
obsoleta, la ricchezza di esperienza di coloro che hanno
trascorso una vita di lavoro e di rapporti umani e che hanno
tanto da insegnare ai giovani ai quali tali insegnamenti,
uniti all’esperienza di una solidarietà concreta verso i più
anziani non può che giovare per la formazione del carattere.
Insomma un aiuto ed un arricchimento reciproci che non potrà
che fare bene ad entrambi..!
A nostro avviso è un esempio di come, indirizzandole e
gestendole nel modo giusto, alcune situazioni sociali,
apparentemente pesanti e foriere di conseguenze molto
negative come l’abbandono degli anziani ed i disagio dei
singoli, possano invece diventare l’occasione di sinergie e
di solidarietà che trasformano i problemi in ricchezza umana
ed i costi in risparmio …
Nulla di nuovo se si considera questa proposta come una
traslazione del concetto espresso nelle leggi della
Socializzazione della RSI che, anch’esse trasformarono i
contrasti in collaborazione e la lotta di classe in
sinergie.
Alessandro Mezzano
Tenerife 07-02-06

Che fare ?
Nicola Cospito
In relazione a quanto sta accadendo, e cioè il tentativo più
o meno riuscito da parte di alcuni gruppi dell'ex-area di
concludere gli accordi con la CdL, venendone in soccorso,
taluni si pongono e pongono la domanda: E noi che siamo
contrari che cosa facciamo?
Il Movimento Nazional Popolare ha già dato in modo
esauriente una risposta precisa.
In questo momento, la scelta più giusta è quella di
astenersi dal voto e di persuadere quanti più camerati
possibile a fare altrettanto.
Non si tratta di una scelta polemica o addirittura sterile e
qualunquista, ma di un lucido disegno politico rispondente a
precise strategie. Infatti:
Astenersi e indurre all'astensione significa contribuire
alla disfatta del Polo, comunque annunciata, e a
determinarne, subito dopo, il totale disfacimento. È infatti
un obiettivo politico legittimo quello di sgombrare il campo
dagli equivoci di una destra liberale e liberista che in
questi anni si è distinta per le sue scelte filo-americane,
sioniste e anti-europee.
Astenersi significa rifiutare la logica del bipolarismo nel
quale il sistema liberaldemocratico vorrebbe incatenarci e
perseguire, a fronte di una legge elettorale falsamente
proporzionale e al contrario palesemente truffaldina, una
linea limpida di opposizione seria e determinata che, nel
tempo, nei nuovi scenari politici che verranno a crearsi
dopo il 9 aprile, potrà avere una valenza importante e
decisiva.
Ed è proprio a questo che bisogna guardare, non al passato
e, ormai, nemmeno al presente, ma al futuro. Infatti, con
ogni probabilità l'accordismo rinunciatario e di comodo, non
solo non darà i risultati che i capi delle formazioni
pro-CdL hanno sperato, scegliendo, come nel caso della
Fiamma, non una linea di lotta e di opposizione, ma di mera
sopravvivenza, ma porterà alla dissoluzione o a duri
sconvolgimenti all'interno delle formazioni stesse. Questo è
già avvenuto nella sostanza per il Fronte Sociale Nazionale,
in Forza Nuova si registrano tensioni significative e per
quanto concerne la Mussolini, tutto lascia pensare a questo
punto che se vorrà fare gli accordi, li dovrà fare in prima
persona e non a nome di Alternativa Sociale. Le sue
dichiarazioni recenti infatti lasciano supporre un qualche
veto sui gruppi a lei collegati.
Proprio per tali ragioni, in una scena che muta e in una
fase di transizione come quella odierna, la saggezza induce
a concentrarsi in se stessi e a potenziare i propri
strumenti operativi.
Nel momento in cui Prodi e l'Unione andranno al governo,
finito il berlusconismo, anche l'anti-berlusconismo non avrà
più ragione d'essere e non ci sarà più il collante che tiene
insieme i partiti del centrosinistra. Molte saranno le
contraddizioni e gli inciampi, molti i contrasti e le
spaccature: sui PACS, sulle tasse, sulle scelte economiche,
sulla politica estera, in primis sulla questione Iran.
E del resto, sappiamo bene che la gente ormai diffida sia
degli uni che degli altri e che se voterà per Prodi, lo farà
per disperazione e non per convincimento della bontà del suo
programma.
Allora SI! Starà a noi scendere in campo, attrezzati e
convincenti, con una forza politica costituita da gente che
non si è piegata a nessun compromesso… Ed è a questo che ora
dobbiamo lavorare. Con serietà, compostezza e disciplina,
senza personalismi o derive individualiste. Senza perditempo
alle calcagna. Il Movimento Nazional Popolare, consapevole
del percorso, su questa strada farà la sua parte e potrà
giocare un ruolo importante.
Per questo i bravi camerati delle numerose comunità
militanti sparse nella penisola devono uscire dal proprio
guscio e cominciare a costituire una imponente rete di
collegamento, fatta di azioni e attività in comune. In
questo senso si pone la recente azione di Rutilio Sermonti,
Presidente del MNP, il quale, proprio per la sua storia, il
suo passato, la sua ultrasessantennale militanza integerrima
è la garanzia di un lavoro politico disinteressato e inteso
come servizio all'Idea e all'Italia.
Nicola Cospito

Il
processo al Duce: un debito di Stato
di Enzo Schiuma
Ho letto l’articolo
dal titolo “La sfida” di Filippo Giannini, uno storico a noi
noto per non essersi mai intruppato con i “giullari” di
regime, che mi ha letteralmente folgorato. Contiene una di
quelle idee che ritengo abbia i caratteri del colossale. La
illustro nei termini in cui l’ho intesa e -scusandomi con
l’autore- personalmente interpretata.
Lo spunto suppongo gli nasca dalla constatazione che a
distanza di 60 anni nulla si è fatto, e si è mai pensato di
fare, per rimuovere dalla memoria storica della nostra
Repubblica la macchia indelebile del duplice assassinio «che
ancor l’offende» e che ne pregiudica la sua credibilità agli
occhi delle nuove generazioni. Si allude, come avrete
capito, alla brutale esecuzione di Benito Mussolini e di
Claretta Petacci, che per essere stata effettuata senza una
sentenza e il relativo processo ha tutti i caratteri di un
brutale assassinio, con l’aggravante di un plateale
vilipendio dei cadaveri.
Assassinio, aggiungo, in cui lo Stato con il suo
silenzio-assenso nei confronti degli autori materiali ha
avocato a sé la responsabilità, divenendone agli effetti il
mandante. Sicchè, da atto dovuto, il mancato processo
all’ex-Duce è divenuto oggi una sorta di rimessa ai posteri,
mai adempiuta da parte delle pubbliche istituzioni. L’idea
di Filippo Giannini ha dunque la sua genialità nell’aver
saputo cogliere l’obbligo dello Stato a celebrare oggi quel
processo che non fu celebrato ieri. A tale scopo offro a lui
il mio contributo con queste mie proposte ed osservazioni:
1) La costituzione di un Comitato Promotore, costituito da
personaggi della politica, della cultura, della scienza e
dell’arte, aperto anche alla parte avversa, che studierà i
modi e i tempi per l’indizione di un processo postumo a
Benito Mussolini, uniti dal comune intento di sanare il
debito morale assunto il 28 aprile 1945 dal Regno d’Italia e
dalla sua erede futura Repubblica italiana, con il
silenzio-assenso sull’esecuzione di Mussolini (e della
Petacci), nei confronti delle loro famiglie e del Popolo
italiano tutto.
2) In primis la celebrazione del processo sotto l’egida
dell’ordinamento giudiziario, onde ottenere un’assoluzione
proclamata per legge, e che, in caso di ostacoli di natura
procedurale o sostanziale, potremmo aggirare con la querela
di un consanguineo o discendente «per calunnia o
diffamazione» ad un giornalista o storico vivente (i
politici ne sono esenti), su dichiarati arbitrii, abusi di
potere o altri reati attribuiti al Duce, introducendo così,
quale tema del contendere, il mancato “processo a
Mussolini”, richiamandoci al paragrafo 3 dell’art. 596 del
c. p., onde indurre il giudice all’accertamento «del vero o
del falso» di cui trattasi.
3) Ove ciò non sia possibile potremmo realizzare il processo
“in fiction” in uno studio televisivo, con un dibattito more
forense tra storici, politici e altri, sui capi d’accusa più
conclamati dagli storiografi di regime. Il che non
presenterebbe ostacoli ma alcuni problemi certamente sì:
trovare una buona emittente e un conduttore di statura
adeguata disponibili, una collocazione in fascia oraria ad
alta partecipazione, condizioni di ingaggio accessibili.
Quest’ultima ipotesi presenterebbe però l’inconveniente, che
il verdetto, se favorevole, potrebbe essere sempre capovolto
da qualunque altra emittente voglia riproporre il giudizio.
E avrebbe comunque una valenza mediatica, giornalistica e
non istituzionale, come tutti vorremmo. In ambedue i casi l’
idea di Filippo Giannini troverebbe sostegno, a mio avviso,
nei seguenti dati di fatto e di diritto:
a) L’arbitraria esecuzione effettuata da un nucleo
partigiano su mandato di un comitato politico-militare, il
CLNAI, pienamente legittimato dal governo in carica (il
governo Badoglio, mi sembra), ma non abilitato ad istruire
processi, né tantomeno a emettere sentenze di morte.
b) L’unico organismo deputato a farlo sarebbe stata la
magistratura penale e/o quella militare, che infatti istruì
poi i processi contro il Maresciallo Graziani e contro il
Comandante Borghese (poi risoltisi -se non erro- con pene
marginali e la piena assoluzione per i capi d’accusa
principali).
c) La Repubblica italiana «nata dalla Resistenza» non può
dunque esimersi dal sanare questo debito morale verso le
vittime di tale arbitrio e i loro discendenti, a cui deve
aggiungersi l’ulteriore danno di un‘esecuzione resa
infamante dall’aver ricevuto con il silenzio-assenso la
legittimazione dello Stato.
d) Né ci si può richiamare all’amnistia Togliatti, sui reati
politici commessi nel periodo di guerra, poiché questa aveva
efficacia soltanto in processi già definiti con sentenza
irrevocabile, ovvero ancora in corso, oppure in fase
istruttoria, aventi ad oggetto specifici capi d’accusa. E
nei confronti di Mussolini (e tanto meno della Petacci), per
quanto attiene al suo operato di uomo di Stato, non risulta
essere mai stata formalizzata alcuna incriminazione.
e) Inoltre, non incriminando come dovuto gli autori del suo
assassinio con l’aggravante del vilipendio di cadavere, le
istituzioni dello Stato hanno avocato a sé la responsabilità
del duplice delitto, che ai fini dell’amnistia, applicabile
ai soli singoli cittadini, non può essere attribuita alle
persone fisiche dei pubblici ministri e/o ai magistrati
preposti nell’esercizio delle loro funzioni, in quanto
trattasi di responsabilità multiple o diffuse non
individuabili in singoli soggetti. Sarebbe in sostanza come
se lo Stato amnistiasse se stesso. Il che, in termini
morali, equivarrebbe a una condanna, non essendo l’amnistia
che un abbuono di pena. Da cui c.v.d. il debito morale dello
Stato, di cui si è detto, nei confronti dei familiari e
degli italiani tutti.
f) Il processo all’ex Duce, come quello ai suoi assassini,
si appalesa dunque come un atto dovuto (rimesso ai posteri)
da parte dello Stato, a pena della sua stessa credibilità
democratica, che dovrebbe interessare oggi tutti gli
italiani, senza distinzione di parte: quelli di sentimenti
fascisti, in quanto lesi nel proprio credo; quelli di
sentimenti antifascisti, affinché sia lavata un’onta che
ancora infanga l’immacolatezza della giovane Repubblica. Per
cui anche i presupposti per una possibile condivisione già
ci sarebbero.
g) Ma, morti gli autori, il reato si estingue - obietterà
qualcuno. Nossignore! Non è il nostro caso. Come s’è
dimostrato, con la copertura dei rei, lo Stato ha avocato a
sé la responsabilità penale dei fatti, risultandone agli
effetti il mandatario, ed è ancora vivo e vegeto. Si faccia
allora il processo allo Stato (nella persona che per
competenza ne incarna le responsabilità pregresse: nella
fattispecie, il ministro della Giustizia) e se ne otterrà
per converso un giudizio su chi fu vittima di
quell’assassinio. Né può valere l’estinzione del debito per
opera del tempo, in quanto trattasi di un’offesa permanente
ai consanguinei e discendenti già collocatasi nella storia.
Dunque, anche in questo caso è lo Stato, nella sua
continuità, che da oltre cinquant’anni si trascina il debito
di questi due mancati processi: quello a Mussolini (e alla
Petacci) e quello ai suoi assassini (ma alla Giustizia ne
interessa solo uno, l’altro o vi sarà contenuto o seguirà
automaticamente).
h) E poiché tale debito antecede la stessa Costituzione, che
come ogni legge non può avere effetti retroattivi,
un’eventuale deroga alle sue norme troverebbe in qualche
modo la sua giustificazione.
Rendere giustizia ai cittadini offesi dalle pubbliche
istituzioni dovrebbe essere obbligo prioritario per una
Repubblica che si definisce democratica. Ove motivi di
natura procedurale o sostanziale ci negassero la possibilità
di un verdetto ex lege, inviterei, con un formale appello
del Comitato Promotore alla massima autorità dello Stato, il
Presidente Ciampi (…a Lei che con tanto impegno si prodiga a
restituire agli italiani la fratellanza e il perduto amor di
Patria, non dispiacerà aggiungere il suo “placet” a
quest’atto dovuto, suscettibile, quale che ne sia l’esito,
di riavvicinare alla Repubblica i cuori di tanti italiani
che ancora ne avvertono la distanza) ad assumere il
patrocinio dell’iniziativa, sottoponendo l’anomalo quesito
al vaglio della Corte Costituzionale che non potrà essere
sorda al gravosissimo debito di Stato. Comunque sia, bravo
Giannini! L’idea c’è ed è grande. Parliamone tra noi per
realizzarla nel migliore dei modi, ma facendo attenzione a
che non finisca nelle mani degli svenditori all’ingrosso del
patrimonio storico nazionale, per trarne ulteriori vantaggi,
personali e di potere.
Enzo Schiuma

Né con
Coblenza, né con i Giacobini
di
Nicola Cospito
Le prossime elezioni politiche della primavera 2006
segneranno il punto zero per quella che fino a qualche tempo
fa ostinatamente, lo ammettiamo, chiamavamo l’area nazional
popolare. I partiti e i gruppi che la componevano infatti
hanno rifiutato di intraprendere la strada dell’unità, che
sola, lo detta il buon senso, avrebbe potuto restituire loro
una dignitosa visibilità, preferendo continuare a gestire in
maniera inefficace la quotidianità e abbandonandosi ad una
sopravvivenza che di certo non potrà rivelarsi eterna.
Fallito l’esperimento di Alternativa Sociale come punto di
aggregazione e organizzazione delle forze antagoniste
disponibili in un movimento capace di attestarsi dal punto
di vista elettorale su un 2% (pure raggiunto nello scorso
aprile in occasione delle elezioni ragionali) come base di
partenza per poi continuare a crescere e imporsi ad una
opinione pubblica certamente stanca della politica
affaristica e antitaliana del cavaliere e dei suoi alleati e
comunque diffidente nei confronti dello schieramento del
centrosinistra, spesso scelto per disperazione e reazione
allo schieramento della CdL, la cosiddetta area, per volontà
dei suoi “dirigenti”, è ripiombata nel frazionismo più
sciocco e sterile che nel tempo ne potrebbe segnare la
definitiva scomparsa. Realtà questa difficile da accettare
data la presenza di mezzi economici e finanziari -vedi il
finanziamento pubblico delle europee- che pure avrebbero
permesso la messa in campo di strutture nuove e agili, tali
da restituire entusiasmo, senso di appartenenza e rinnovata
volontà di gettarsi nella mischia quanto meno a disturbare i
disegni di chi sta svendendo il nostro paese alla finanza
internazionale, alla tirannia delle banche, prostrandolo ai
disegni egemonici del gangsterismo della Casa Bianca.
Nonostante le centinaia di migliaia di euro piovute nelle
tasche delle formazioni che hanno visto eletto, grazie
all’impegno di tanti militanti, due deputati a Strasburgo,
non un giornale serio, non una radio, non un canale
televisivo, sono stati messi a punto per poter ricominciare
ad orientare con una informazione corretta l’opinione
pubblica nazionale. L’atteggiamento di Rauti che pure
avevamo contestato negli anni passati, ha fatto ahimè,
scuola tra tanti e i risultati, anzi i non-risultati si
cominciano a vedere.
Invece di lavorare per la costruzione di un Partito Sociale,
Repubblicano, Nazionale e Popolare, coloro che avrebbero
dovuto impegnarsi in tal senso, hanno preferito abbandonarsi
al richiamo del centrodestra, avviando trattative per
l’ingresso (dalla porta di servizio) nella coalizione della
CdL, incuranti della politica portata avanti dal cavaliere
Berlusconi in questa legislatura le cui linee fondamentali
possono così riassumersi:
• Degradazione della giustizia
• Distruzione dell’unità nazionale
• Distruzione della scuola pubblica
• Affossamento dell’economia
• Impoverimento progressivo degli italiani
• Precarizzazione crescente del mondo del lavoro
• Abbattimento dello Stato Sociale
• Sudditanza vergognosa agli Stati Uniti d’America e
complicità nelle loro guerre criminali
Alibi a questa scelta dissennata non può essere il varo di
una legge elettorale restrittiva per via dei diversi
sbarramenti e per la difficoltà nella raccolta delle firme,
sia perché tutto questo era stato previsto in anticipo e
c’era tutto il tempo per organizzarsi -chi non ricorda i
nostri numerosi appelli già dal mese di giugno- sia perché
abbiamo in Europa esempi eclatanti di formazioni similari
che devono affrontare le medesime difficoltà e non per
questo annullano la loro identità o si mettono sul mercato.
Valgano per tutti il Front National di Le Pen o la NPD in
Germania. E del resto la nuova legge elettorale che proprio
in questi giorni di dicembre sta per essere varata dal
Senato nella sua stesura definitiva, impone a coloro che
entrano nella coalizione di indicare il candidato premier e
di sottoscriverne il programma. Immaginate dunque i nostri
“beniamini” pronti ad indicare Berlusconi, l’uomo di Bush,
che farebbe volentieri dell’Italia un’altra stella sulla
bandiera degli Stati Uniti, come proprio “leader” e a
sottoscriverne il programma, magari quello della politica
estera…E poi, proprio in virtù della legge elettorale che
prevede che solo il primo partito tra quelli che non
riusciranno a conseguire il 2% dei suffragi, potrà portare
deputati alla Camera, il rischio concreto è di regalare
consensi all’inquilino di Arcore in cambio di un pugno di
mosche. Infatti ben prima delle formazioni in questione al
2% si potrà avvicinare, senza peraltro superarlo, la
Democrazia Cristiana di Rotondi, Pomicino e, da qualche
settimana, anche di Publio Fiori. Ammesso, ovviamente,
sempre che gli accordi vadano in porto. Di contro, ci
rendiamo ben conto che ormai è troppo tardi per impegnarsi
con successo nella raccolta delle firme, visto che dovranno
essere presentate entro i primi del mese di marzo 2006, ma
questo non esime dalla responsabilità, chi se ne sarebbe
dovuto occupare a tempo debito. Mi si perdoni il riferimento
personale, ma credo sia doveroso ricordare che chi scrive,
nella sua qualità di segretario provinciale della Fiamma
Tricolore a Roma nel triennio 1995/1998, presentò le liste
del Partito nelle elezioni provinciali e regionali del ’95,
nelle elezioni politiche del ’96 e in quelle comunali e
circoscrizionali del 1998 raccogliendo regolarmente le firme
e trovando centinaia di candidati. Ripeto, la Fiamma
Tricolore a Roma, nel 1998 fu presente non solo nelle liste
comunali ma anche in quelle di tutte e diciannove le
circoscrizioni in alternativa al Polo e all’Ulivo. Con il
risultato di un seggio, passato da Pino Rauti ad un tal
Giannini. Vedremo dunque cosa accadrà in primavera, dato che
nella capitale si svolgeranno le elezioni amministrative.
Nel frattempo c’è pure chi approfitta di questa situazione
di disorientamento per portare avanti la politica del
“ritorno all’ovile”. Lo avevamo già visto in occasione delle
elezioni regionali di primavera, continuiamo a vederlo ora e
lo vedremo in maniera ancora più manifesta nei prossimi
mesi. È indubitabile che è in atto il tentativo da parte di
taluni settori di Alleanza Nazionale di ricomporre sotto la
propria egida e sotto il proprio controllo le frange più
inclini al compromesso della, appunto, ex-area. Mentre nelle
sedi istituzionali e negli interventi sui mass-media taluni
dirigenti alleanzini proclamano tutto il loro
filo-americanismo, il loro allineamento alle scelte
polo-leghiste, antifasciste e liberali, poi, grazie anche ai
servigi di taluni accorti e astuti “cavalli di troia”, con
modi di fare che dire camaleontico offende i camaleonti, in
situazioni di comodo si trasformano in irriducibili
“camerati” votati alla “grande politica”, “costretti“ (da
chi?) a stare in Alleanza Nazionale. E c’è da dire che
facendo leva sulla scarsa coscienza ideologica e
dottrinaria, sulla esigua preparazione culturale, quando non
sulla debolezza caratteriale di molti, i suddetti cavalli di
troia stanno conseguendo alcuni evidenti successi,
facilitati, bisogna dirlo, dall’assenza di uno schieramento
alternativo serio e di riferimento. Vale la pena di
osservare agli accordisti di oggi quanto ai suonatori del
corno alleanzino che allora tanto sarebbe valso per loro
restare in Alleanza Nazionale già al tempo di Fiuggi, invece
di inseguire il sogno di un partito ben radicato nella sua
storia e difensore di un’altra concezione del mondo, della
vita e dello Stato.
Cosa questa che non vale e non potrà mai valere per noi,
disposti anche a farci tagliare le mani piuttosto che votare
per il Polo indicando come candidato premier il
plenipotenziario di Gorge W. Bush in Italia. Ad aprile i
giochi saranno comunque fatti e potremo davvero contarci.
Robert Brasillach nella sua "Lettera ad un soldato della
classe ’40", scritta nelle prigioni di Fresnes, ricordava le
parole scritte da Andrea Cheniér nel 1793 con le quali il
grande poeta vittima del Terrore, deplorava «l’avvilimento
di una grande nazione costretta dai propri errori a
scegliere tra Coblenza e i Giacobini». «Anche noi -osservava
Brasillach- abbiamo la nostra Coblenza e i nostri Giacobini.
Basta cambiare due nomi per rendere attuale la frase, ma
l’avvilimento resta uguale». E resta uguale anche per noi
oggi. Basta cambiare di nuovo i nomi ed ecco che la
situazione si ripropone.
E noi come Brasillach, sceglieremo diversamente. Noi non
andremo né con Coblenza né con i Giacobini. Tenendo ben
presente il motto di Evola e della Tradizione: «Ad una cosa
sola si badi: a tenersi in piedi in un mondo di rovine», ad
aprile vedremo quali sono le forze rimaste sul campo e con
queste continueremo la battaglia delle idee con i mezzi e le
forme che riterremo più opportune, nella consapevolezza che
la nostra è una lotta di lunga durata e che una nuova strada
verrà tracciata. Cosa che non è una speranza ma una
certezza.
Nicola Cospito

Nihil difficile
volenti
Siamo in parecchi ad avere
la sensazione che bisognerà aspettare la conclusione delle
elezioni politiche per poter riprendere in maniera fattiva
un discorso organizzativo. Solo allora infatti il quadro
sarà chiaro e sapremo chi sta con chi. Di fatto però
bisognerà allora pensare ad una nuova ed unica realtà
politica capace di rappresentare le nostre istanze in modo
serio e fattivo, senza rimanere prigionieri di un
extraparlamentarismo da anni sessanta/settanta. Da questo,
credo, non si possa prescindere. Del resto, a conti fatti,
non sono pochi coloro che rifiutano la logica
dell'inserimento nel centro destra e per questo non
organizzarsi insieme, non stabilire un collegamento
operativo, sarebbe sciocco e incomprensibile. Con le
elezioni politiche le ultime scremature saranno completate e
chi sarà rimasto fedele a guardia della nostra barricata
potrà avere sufficienti credenziali. Ovviamente coloro che
avranno fatti accordi con la CdL non potranno trovare
accoglienza nelle fila di un rinato movimento che comunque
dovrà attenersi ai criteri di una rigida selezione chiudendo
la porta a chi verrà ritenuto inaffidabile o mosso da scopi
personali.
Stabiliti i principi
fondamentali per cui battersi e individuata al contempo una
efficace metodologia condivisa, si potrà cominciare a
lavorare con calma e sul serio. Si tratterà di stabilire
dunque dei punti capaci di investire anche un'etica di
comportamento che non dovrà dare spazio a nessun tipo di
becero folklorismo nostalgista ma che dovrà avere un unico
obiettivo: conquistare uno spazio dignitoso nella società
civile con il preciso intento di mutarla in maniera
radicale.
Nessuno creda che una tale
azione possa essere svolta in quattro e quattrotto, ma non
dovranno essere i tempi a condizionarci o a preoccuparci.
L'importante sarà di mettersi sulla strada giusta.
Attenzione. Se lavoreremo a
questo intento, nessuno potrà accusarci di voler dare vita
alla quinta o alla sesta formazione dell'area perchè questi
mesi stanno segnando la morte dell'area stessa. E del resto
è altrove che rivolgeremo il nostro sguardo.
Come la fenice risorge dalle
ceneri, dovrà dunque sorgere finalmente una nuova ed unica
formazione nazionale e sociale, un fronte di liberazione
capace di proiettarsi oltre gli schemi desueti di destra e
di sinistra e di riprendere finalmente la marcia in avanti.
Nicola
Cospito

Discorso agli
intelligenti
Premesso che noi del
Movimento Nazional Popolare siamo per il sistema
elettorale proporzionale, questo non ci esime dallo
stigmatizzare il grande imbroglio rappresentato
dalla legge elettorale appena passata alla Camera
dei deputati e di prossima discussione al Senato.
Questa legge infatti non solo blinda il sistema
bipolare, introducendo una inaudita serie di
sbarramenti tesi unicamente ad impedire la
rappresentanza parlamentare ad uno schieramento
alternativo alla CdL e all'Ulivo, ma si caratterizza
per una serie di provvedimenti "ad personam"
escogitati per "assoldare" al proprio carro gli
elementi più "deboli" in termini di coerenza della
nostra area politica, ammesso che ne facciano o ne
vogliano fare ancora parte.
a) la dispensa dalla raccolta delle firme per i
partiti che si uniscano al gran carro a stelle e
strisce made in Italy e riconoscano il cavaliere
Berlusconi, gran feudatario di Bush in Italia, come
supremo e insindacabile leader a patto che abbiano
almeno un deputato europeo (guarda che
combinazione...!)
b) il ripescaggio del partito che nell'ambito della
coalizione abbia ottenuto il maggior numero di voti
(anche se si dovesse trattare dello 0,16%)
Questi i più macroscopici che meritano da parte
nostra alcune brevi considerazioni
Destinatarie dei provvedimenti sono palesemente
Chiara Moroni (Nuovo PSI) e/o Alessandra Mussolini
che, se non interverranno tardive modifiche in sede
di discussione al Senato (farebbero infatti bene a
non fidarsi), potrebbero sperare di ottenere un
seggio addirittura con il solo 0,16%. Ovviamente
quella che viene ripescata.
Di fatto però restano alcune incognite. Infatti la
legge impone al partito che ha avuto almeno un
deputato a Strasburgo di presentarsi con il simbolo
utilizzato in quella campagna elettorale.
La domanda infatti che possiamo porci oggi è questa:
consentiranno Roberto Fiore e Adriano Tilgher,
firmatari di un atto che decretava la nascita di
Alternativa Sociale nel giugno 2004 alla Signora
Mussolini di presentarsi a sostegno del Cavaliere di
Arcore?
Forza Nuova appare orientata a sostenere Alessandra,
a patto che il Polo accolga alcuni punti
programmatici indicati espressamente. Punti che
riportiamo qui di seguito:
a) Revisione della Bossi-Fini in senso restrittivo,
allontanamento di tutti i clandestini e revisione
immediata dei permessi dati a cittadini di zone a
rischio terrorismo;
b) Assegno di 400 Euro alle madri che rimangono
incinte, sino al terzo anno di età del bambino,
quale contributo alla famiglia italiana;
c) Ritiro delle truppe dall’ Iraq e reimpiego delle
stesse nelle zone del nostro paese dove regnano
mafia e malavita;
d) Abrogazione della Legge Scelba e della legge
Mancino, con conseguente chiusura dell’era
anti-fascista;
e) Abbandono della posizione espressa dal Governo in
favore dell’ entrata della Turchia in Europa e la
protezione dell’ impresa italiana contro il dilagare
dei prodotti cinesi.
In effetti ci sembra improbabile che il Polo
inserisca tali punti nel programma e tanto per
cominciare vale la pena di ricordare come in
Parlamento solo qualche settimana fa sia stata
reiterata la legislazione antifascista proprio con i
voti del Polo e in primis di Alleanza Nazionale.
Del resto la nuova legge elettorale impone ai
partiti che si coalizzano di indicare il candidato
premier e di condividere l'unico medesimo programma.
Vale a dire che Forza Nuova dovrà indicare
Berlusconi come il proprio candidato premier e
condividerne il programma.
È lecito domandarsi come farà Forza Nuova, in caso
di accordi, a sostenere lo schieramento antifascista
e ad impegnarsi nel sostegno al plenipotenziario di
Bush in Italia e al governo liberale di
centro-destra. Forza Nuova che si dichiara unica
opposizione anche in apertura del suo sito...
Ricordiamo anche che chi non dovesse avere seggi
avrà fatto dono di voti alla CdL gratis et amore Dei
in ragione del premio di maggioranza.
Osserviamo ancora, avendone già fatto cenno sopra,
come proprio sulla base dell'atto firmato nel giugno
2004 che ha fatto di Adriano Tilgher, Roberto Fiore
e Alessandra Mussolini i co-segretari di Alternativa
Sociale, anche il responsabile del FSN ha potere di
veto sulla presentazione del simbolo AS a sostegno
del cavaliere di Arcore. Se questo non dovesse
accadere, i fascisti di quel gruppo, non potranno
non trarne le logiche conseguenze politiche e del
resto anche noi. Staremo a vedere...
Vale la pena di ricordare che in Germania la NPD non
ha mai fatto accordi con nessuno. Ha saputo
affrontare momenti di crisi ma poi è riuscita a
portare un bel gruppo di deputati al Parlamento
della Sassonia. E anche sull'altro versante Oskar La
Fontaine si è guardato bene dal fare accordi con
Schröder e la SPD, il suo ex-partito, anche
rinunciando ad andare al governo. Cari camerati,
devo dirvi io che la forza delle idee deve essere
superiore a qualunque tentazione parlamentare quando
questa finisce per uccidere i nostri ideali?
Per noi del MNP non c'è grande differenza tra un
commerciante arricchito che ha ridicolizzato
l'Italia dinanzi all'opinione pubblica europea e
internazionale e un vecchio democristiano riciclato,
già ministro con Andreotti e ora leader dell'Unione.
Per noi l'unica strada è quella della coerenza e
della costruzione paziente e inesorabile di un TERZO
POLO, un Movimento capace arrivare a rappresentare
gli italiani onesti che sono stanchi di essere
turlupinati da queste lobbies che stanno trascinando
il paese nel baratro. Il tempo non conta, ciò che
conta è marciare sulla strada giusta. Non sotto le
bandiere a stelle e strisce della CdL, covo di
liberali, massoni e "padani" anti-italiani, ma
sventolando con orgoglio e ostinazione le insegne
nazionali, popolari, sociali e rivoluzionarie.
In alto i cuori!
Nicola Cospito

Discorso
fuori dai denti
Sentiamo nostro dovere
rammentare ai camerati che è in atto, in Italia, in Europa e nel mondo
intero, un turpe tentativo, condotto con mezzi sterminati, di ridurre
tutte le genti umane a un gregge senz'anima e senza volto, vittima
rassegnata e ignara, prona davanti ai feticci rizzati dai preti di
Mammona.
Sentiamo nostro dovere
ricordare agli stessi che il sistema politico (parlamentarismo) ed
economico (capitalismo) imposto ai popoli è soltanto l'efficace
strumento per realizzare quell'infame disegno di degradazione e di
schiavitù.
Non ci accusi nessuno di
sfondare porte aperte, dato che tanti della nostra "area" sembrano
proclamare quanto sopra ogni mattina e scordarselo a mezzogiorno.
Altrettanto si dica per
la conclusione -altrettanto ovvia- che l'unica possibilità esistente per
contrastare la violenza e gli inganni adoperati da così gigantesco e
sinergico apparato di oppressione è la stretta unione,
o quanto meno la salda e stabile alleanza e collaborazione tra tutti
quelli che non intendono arrendersi alla tracotanza e alla violenza dei
plutocrati, e invece denunziano la frode della cosiddetta democrazia e
del cosiddetto liberismo, con l'opporre ad essi il privilegio dello
spirito, il riscatto della persona umana e il metodo della effettiva
partecipazione, in politica come in economia, proprio della nostra
tradizione.
Ma allora, guardiamoci
negli occhi: se quanto detto sopra lo sappiamo tutti a memoria, tanto
che il saperlo costituisce appunto la caratteristica comune dell'"area",
come mai, dopo sessant'anni di "quarantena", siamo ancora allo
"spezzatino"? Quale mai tossico "sminuzzante" ha operato in noi, per
giungere a così aberrante risultato?
Se non rispondiamo -e non
a parole ma nel profondo del nostro cuore- a tale angosciosa domanda,
ogni convegno, ogni trattativa, ogni acuta disamina sarà inutile.
Interrogando senza
pregiudizi la nostra comune esperienza, essa punta fermamente il dito su
quelle che potremmo chiamare "le tre P dell'auto-castrazione":
Presunzione, Protagonismo, Personalismo.
La prima è il maledetto
vizio di credersi sempre "ideologicamente" nel vero e nel giusto, e di
bollare chiunque dissenta in qualcosa di deviazionismo, o addirittura di
malafede.
Il secondo è il puerile
preferire di essere "leader" di quattro gatti, piuttosto che esponente
disciplinato di una vasta e efficiente compagine.
Il terzo è il permettere
che l'interesse e il desiderio di successo personale vadano via via
soppiantando quelli della causa comune.
Questi tre vizi, sia
uniti che separati, di cui troppi di noi non riescono ad emendarsi, sono
quelli che aprono la strada al totale rinnegamento di se stessi, o al
vicolo cieco dell'"incapsulamento". La prima si imbocca soprattutto da
quelli che arrivano ad assaggiare le generose tette di mamma Repubblica.
Ve lo ricordate l'adamantino Rauti, quello che insegnava ai giovani
ferventi l'impersonalismo attivo, e che il nostro onore si chiama
fedeltà, prima che quei pochi giorni di galera gli regalassero
100.000 preferenze? Ve lo ricordate il focoso nazional-popolare
Alemanno, il fiero anti-Fini per eccellenza? Ve lo ricordate
l'infaticabile e impavido "Pecora", che dormiva in una Topolino ed era
sempre alla testa negli scontri di piazza? Ve li ricordate i tanti
camerati "di successo" come loro? Che sono diventati? Buontempo, per
dire, ha i figli a studiare in Inghilterra, per suggervi il retto
sapere!
L'incapsulamento,
dicevamo, è stata invece la sorte dei più onesti e meno ambiziosi,
animati dal desiderio di mantenersi puri e di non lasciarsi coinvolgere
nella degenerazione. Come certi Gasteropodi o Bivalvi, essi hanno
secreto dal mantello un guscio resistente, non calcareo ma
dottrinario o ideologico, e vi si sono chiusi dentro, sdegnando ogni
promiscuità, ma rinunziando così a ogni ruolo attivo nelle sorti della
nazione.
Tra tali due estremi, ci
sono quelli che hanno dato e continuano a dare luogo a sempre nuove
"formazioni politiche", per poi darsi freneticamente alla ricerca di
suffragi, con astuti espedienti, senza disporre nè della militanza nè
dell'organizzazione perchè tali suffragi possano raggiungere un minimo
di rilevanza.
Stanno così le cose, o ce
lo siamo sognati? E allora, che stiamo a polemizzare tra noi e a
escluderci a vicenda,mentre ...
...
Saguntum
expugnatur?
Non possiamo che
compiacerci del parziale passo verso l'unità compiuto da Alternativa
Sociale (Fiore-Mussolini-Tilgher); non possiamo non preoccuparci di
quanto sta accadendo nella Fiamma Tricolore, dove si affilano le armi
per la fiera battaglia congressuale (battaglia interna, more solito!),
mentre Fini sghignazza sotto la sua kippah; non possiamo non provare
nausea per il preannunziato pullulare di nuove sigle "fiammanti" al
nord.
Ma così non se ne esce:
lo capite o no? Noi continueremo senza sosta a fare il nostro dovere,
che è quello di porre tutti, senza alcuna acredine, davanti alle proprie
responsabilità, e di favorire ogni spinta centripeta: ma sta a voi
tutti, camerati, dirigenti, gregari o isolati, da Aosta a Trapani, a voi
tutti che dite, crediamo sinceramente, di volere la riscossa,
liberarvi, con chirurgica freddezza, dei "tre P",
e piantarla coi sofismi, coi distinguo e con le estemporanee "pensate"
elettorali.
Nel '43 reagimmo, tutti
insieme, al tradimento altrui, che aveva disonorato l'Italia davanti al
nemico avanzante; ma così, col nemico già dentro le porte, i traditori
saremmo noi stessi. È questo che vi piace ?
Non è retorica ma
concretezza, credeteci, quando affermiamo di sentire sempre fissi su di
noi gli occhi lucenti e inesorabili di milioni e milioni di Caduti e di
Martiri, immolatisi in tutto il mondo per la grande Causa che amarono
più della vita e che il Loro sacrificio consegnò, retaggio sovrumano,
nelle mani di noi vivi. Pensate anche voi, camerati tutti, ogni giorno,
intensamente, a ciò che Loro e noi rappresentiamo, confrontatelo con le
odierne beghe che talvolta vi distolgono dall'essenziale, e il miracolo
si compirà, perchè esse andranno al vento come pula.
In alto i cuori !!!
Movimento NazionalPopolare - Collegio Unità per la Costituente
4 dicembre 2004

Perché rifiutare accordi
con il Polo
La sconfitta subita dal centro-destra
alle elezioni europee ed amministrative di giugno, e poi alle elezioni
suppletive di ottobre, ha riproposto ai dirigenti politici della Casa delle
Libertà l’esigenza di aggregare anche l’elettorato di area nazional popolare,
che dai risultati elettorali è apparso attestarsi intorno al 2%. Svanita
l’aspettativa che tale area fosse prossima alla scomparsa alla quale sembrava
avviata per il dispotismo rautiano e la frammentazione suicida che aveva
segnato gli ultimi anni, è stata prospettata, anche nelle dichiarazioni
pubbliche di importanti esponenti di Forza Italia, l’ipotesi che,
nell’allargamento della coalizione di Berlusconi, vengano ricomprese le forze
politiche della cosiddetta “destra radicale”. Tali avances della CdL non
sorprendono, essendo ben nota la spregiudicatezza con la quale Berlusconi
affronta abitualmente le questioni concernenti le alleanze elettorali che
possano consentirgli il successo. Ma è ora indispensabile che i dirigenti dei
movimenti di area sappiano adeguatamente valutare le gravissime conseguenze
negative che deriverebbero da eventuali accordi con il Polo per le prossime
elezioni regionali e , in prospettiva, per le elezioni politiche del 2006. La
questione è poi di grande attualità per il dibattito interno del Movimento
Sociale Fiamma Tricolore, che a metà dicembre celebra il suo Congresso
Nazionale, e deve riesaminare le decisioni adottate nel precedente Congresso di
Montesilvano circa il “riposizionamento” nella Casa delle Libertà.
Per valutare adeguatamente il danno che può derivare da
accordi con la CdL va considerato che, per i movimenti della nostra area, gli
appuntamenti elettorali rappresentano occasioni importanti, se non uniche, per
far ascoltare le nostre tesi politiche all’opinione pubblica, nei confronti
della quale subiamo fuori delle campagne elettorali un totale oscuramento, per
l’ostracismo che ci è riservato dai mezzi di comunicazione di massa (a
cominciare da quello televisivo) e per una evidente nostra difficoltà (che andrà
superata, ma ora comunque esiste) di trovare canali alternativi di diffusione
delle nostre idee tra un pubblico diverso da quello che già condivide le nostre
posizioni. Costituirebbe un gravissimo errore perdere tali occasioni di
comunicare all’elettorato le nostre autentiche proposte politiche, mentre è
evidente che eventuali alleanze con la CdL comporterebbero l’impossibilità di
far percepire all’opinione pubblica la nostra radicale diversità rispetto ad
essa e sminuirebbero la valenza antagonista delle nostre idee. Va poi
considerato che l’opinione pubblica più aperta al nostro messaggio politico, che
rappresenta il nostro elettorato attuale o potenziale, è particolarmente
esigente in termini di chiarezza e di rigore, e non è disponibile a condividere
i tatticismi e i compromessi che accompagnano accordi elettorali con forze che
perseguono politiche incompatibili con le nostre idee e i nostri principi. Non
si pone soltanto la questione che, per la massima parte dei nostri militanti, è
esclusa per ragioni ideali una qualsiasi collaborazione con Berlusconi e con
Fini, e questo sarebbe argomento comunque sufficiente per rifiutare accordi
elettorali con il Polo: tali accordi appaiono dannosi anche per i loro effetti
contrari al risultato che si vorrebbe perseguire.
Su tale questione l’esperienza fatta negli anni scorsi offre
inequivoci elementi di valutazione per concludere che gli accordi elettorali con
la CdL pregiudicano gravemente ogni possibilità di crescita, anche elettorale,
del nostro schieramento politico. Nel 2000, quando cominciò la politica di
affiancamento al centro-destra , gli accordi elettorali con il Polo alle
elezioni regionali in Abruzzo e in Calabria comportarono un grave arretramento
del MSFT in termini di voti, sicchè il presunto vantaggio per l’aggiramento
della soglia di sbarramento del 3% fu vanificato dalla perdita di buona parte
dell’elettorato che in quelle regioni aveva assicurato al partito un
significativo risultato sia alle politiche del 1996 che alle europee del 1999.
Alle stesse elezioni regionali del 2000 il MSFT ebbe invece una percentuale più
elevata in una regione tradizionalmente rossa come L’Umbria, dove aveva
presentato le liste in contrapposizione ad entrambi i Poli.
Analoghe conclusioni possono trarsi dall’esame dei risultati
elettorali di giugno 2004: alle provinciali la Fiamma Tricolore, presente in 31
province, ha sostenuto il candidato presidente della CdL in sette di esse
(tutte in Campania, Puglia e Calabria), ove ha riportato percentuali modeste e
non ha ottenuto nessun seggio nonostante l’insussistenza della soglia di
sbarramento del 3%; percentuali superiori sono state invece conseguite quando il
MSFT si è proposto all’elettorato in contrapposizione ad entrambi i poli, non
solo a Chieti ( il 2,4%, e il seggio poteva essere conquistato se fosse stato
fatto l’accordo elettorale con Alternativa Sociale), ma anche in zone
sicuramente più difficili quali le provincie di Pesaro (1,5%), di Rimini
(1,3%), di Perugia (1,3%) e di Terni (1,4%), e quella di Verbania ove il MSFT ha
presentato le liste insieme al Movimento Nazional Popolare conseguendo l’1,9%
alle provinciali e il 2,8% alle comunali.
L’analisi dei risultati elettorali offre dunque
l’indicazione che, laddove venga fatto l’accordo elettorale con la CdL, il MSFT
perde non solo l’apporto di energie militanti, ma anche una parte del proprio
elettorale potenziale; la presenza negli organismi elettivi non è affatto
agevolata dall’aggiramento della soglia di sbarramento tramite il collegamento
con il centro-destra; occasioni di eleggere rappresentanti nelle istituzioni non
vengono colte a causa della presenza di diverse liste d’area in
contrapposizione.
Occorre poi valutare le opportunità che possono derivare per
la nostra area dalla grave crisi in cui si dibatte il centro-destra,
accompagnata da una vasta perdita di consensi di elettori che, pur non votando a
sinistra, vogliono comunque manifestare il loro dissenso nei confronti di
Berlusconi e soci, e in gran numero (nell’ordine di milioni alle ultime elezioni
europee) si rifugiano nell’astensione. Non dovrebbe essere difficile per noi
trovare consensi negli elettori delusi dal centro-destra, indignati per la
politica di asservimento agli USA che ha caratterizzato la conduzione degli
affari internazionali da parte del governo Berlusconi, che possono condividere
le nostre posizioni in materia di sovranità dell’Italia e dell’Europa e di
opposizione all’unilateralismo irresponsabile dell’amministrazione Bush; negli
elettori che vogliono l’unità della nazione, e sono contrari alla riforma
istituzionale federalista dettata da Bossi che la CdL sta approvando in
Parlamento; nei cittadini che hanno il senso dello Stato, e rimangono sgomenti
di fronte ad un’attività legislativa della maggioranza cadenzata in materia
penale sulle esigenze difensive degli uomini del gruppo Fininvest nei processi
per corruzione in corso, o sulle esigenze economiche dell’azienda del Presidente
del Consiglio (vedi Legge Gasparri); nei cittadini penalizzati dalla
insufficiente presenza dello Stato nelle zone infestate dalla criminalità e
dalla mancanza di una seria politica giudiziaria di contrasto dell’illegalità;
negli elettori che si attendevano una politica di contenimento
dell’immigrazione, e si sono trovati dinanzi alla più estesa sanatoria
dell’immigrazione clandestina mai avvenuta in Italia e addirittura alla
proposta di Fini di concedere il diritto di voto agli extracomunitari; nei
giovani condannati al precariato a tempo indefinito dalla politica del
centro-destra in materia di rapporti di lavoro.
Certo è che, se si vuole ottenere il consenso di elettori
delusi dalla politica di Berlusconi e Fini , non si può immaginare di conseguire
tale risultato proponendosi in campagna elettorale come alleati degli stessi
Fini e Berlusconi: gli elettori non capirebbero tale politica contraddittoria,
e non sarebbero certo disposti a giustificarla per presunte nostre esigenze
tattiche.
Occorre prendere atto che la nostra presenza negli organi
istituzionali va perseguita con la consapevolezza che uno spazio elettorale per
noi esiste, ma può essere occupato solo presentandoci all’opinione pubblica con
le nostre idee e i nostri valori, evitando commistioni con forze politiche a noi
del tutto alternative; con la coscienza che le difficoltà che derivano dalle
leggi elettorali, che per contrastarci le forze del regime hanno elaborato, non
possono essere superate con i compromessi con i nostri avversari, che sono
tutt’al più disposti a regalarci qualche briciola (vedi accordi del MSFT con la
CdL nel 2000 e nel 2001) purchè accettiamo di evirarci e di rinunciare ad un
nostro ruolo politico autonomo.
Piuttosto il tentativo di superare le soglie di sbarramento
previste dalle leggi elettorali va fatto evitando politiche suicide di
contrapposizione tra più liste di area, e perseguendo il ricompattamento di
tutte le energie e le forze oggi disperse, disponibili ad una battaglia ideale
comune solo se verrà definitivamente accantonata, senza eccezioni, la politica
del compromesso con la Casa delle Libertà.
Massimo Tirone

A
proposito di Veneziani contro Mussolini
È passato molto tempo da quando
Veneziani ha smesso di difendere le nostre idee.
Ricordiamo il suo
Usa e
costumi, casa editrice Il Settimo Sigillo, la sua sferzante quanto
divertente e gioiosa satira dell'americanismo. E proprio per questo oggi ci
riesce difficile accettarlo al fianco delle truppe cammellate di George W. Bush
e Ariel Sharon. Che si chiamino Gianfranco Fini o Francesco Storace, Maurizio
Gasparri o Marcello Pera per noi è uguale.
Perchè proprio questo è il senso
dell'attacco che Veneziani ha mosso ad Alessandra Mussolini.
Qualcuno in difficoltà o sul
viale del tramonto lo ha chiamato in evidente soccorso.
Si sa, sappiamo che nonostante la
debole candidatura di Marrazzo, Storace nel Lazio ha paura di perdere. E del
resto ne ha motivo se pure spende centinaia di milioni nell'inondare Roma e
l'intera regione di manifesti da sei metri, ciascuno dei quali, come dicono a
Roma, costa un botto.
A Veneziani che critica Alessandra Mussolini accusandola
di essere una radicale, una femminista, una socialista, sarebbe troppo facile
rispondere che è stato proprio il suo committente Storace ad aprire le liste ai
gay, mentre i suoi uomini fanno i convegni direttamente in sinagoga. Troppo
facile e non ci interessa più di tanto.
Da giovane promessa intellettuale
dell'area antagonista qual'era, oggi Veneziani si ritrova nelle vesti penose di
difensore di ufficio di Storace e del ciarpame centrodestrista che sta
sfasciando l'Italia. Che tristezza.
Veneziani comunque dimentica, e
lo fa apposta, che alla regione Lazio nel caso che la lista antagonista superi
l'odioso sbarramento voluto dal fu Tatarella nel 1995 proprio per danneggiare i
fascisti, non andrà Alessandra Mussolini, già parlamentare europea, ma uno o più
camerati che di certo non hanno vestito la pelle dei camaleonti "volta &
gabbana" alla quale anche Veneziani, e ce ne dispiace, si è convertito.
Alle regionali dunque i fascisti
sapranno votare e votare bene:
Per mandare alla regione
militanti nazional popolari
Per mandare a casa Storace e la
sua banda
Per costruire il Movimento
antagonista che spezzerà le catene polo-uliviste.
In ultimo: Qualcuno diceva che
per essere veri scrittori, capaci di vergare parole di fuoco che lasciano il
segno nel tempo bisogna avere il cuore puro, vivere di passioni vere e profonde,
tormentarsi con ideali e utopie, essere scevri da ogni sorta di compromesso con
gli altri e con se stessi, avere insomma un'anima ardente. Marcello Veneziani,
suo malgrado e con nostro dispiacere, non è di questa razza. Amen.
Occhiodaquila

L’ONU, gli
USA e…
la patacca della nostra “Liberazione”
Credevamo di aver conseguito la libertà e l’indipendenza
nazionale dopo quattro lunghe e sanguinose guerre risorgimentali, infine
vittoriose, ma a quel che si dice nei telegiornali e s’insegna oggi nei
programmi didattici della Rai non è così: quella libertà e indipendenza
erano fasulle. La vera libertà e la vera indipendenza ce l’hanno
generosamente donata gli americani nell’ultimo conflitto, “liberandoci
dal nazismo, dal fascismo e -addirittura- …anche dal re” (così il TG1
in una recente rievocazione storica, ma anche RaiTre si è espressa in
modo analogo in un programma per ragazzi). Questa è la storia fatta
dottrina che si racconta agli italiani. Qui non si tratta di essere
monarchici, ma di avere il senso della continuità dello Stato, di cui si
ripudiano le origini e quasi un secolo di vita.
E se è questo che si vuole, demoliamo pure tutti i nostri
monumenti scaduti. Quindi non solo via dell’Impero e il Foro Mussolini,
ma anche L’altare della Patria dedicato a Vittorio Emanuele II, e quelli
dedicati a Mazzini e Garibaldi, suoi complici; e demoliamo pure il
sacrario di Redipuglia con i suoi seicentomila morti per il
completamento dell’unità nazionale; e costruiamone un altro ad Anzio, in
onore dei soldati americani caduti per questa nostra “Liberazione”.
È certamente odioso contrapporre morti a morti, ma ogni
nazione dovrebbe innanzitutto onorare i propri e poi rendere omaggio
agli altri. E non il contrario come avviene oggi ad Anzio, dove si
commemorano i caduti americani e si ignorano i marò del battaglione “Barbarigo”,
della X MAS, e dei paracadutisti della “Nembo”, caduti “uomo contro
corazza” per sbarrare la strada ai carri armati americani.
Non per nostro merito, dunque, saremmo diventati una
nazione libera e indipendente, ma, come anzidetto, per una donazione,
ricevuta per giunta dal nemico, che ci avrebbe raso al suolo intere
città, ucciso donne e bambini, sotto terrificanti bombardamenti aerei,
non per fiaccare le nostre capacità di resistenza, come sappiamo, ma…
per “liberarci”. Insomma, la stessa patacca ammollata agli iracheni, con
la differenza che loro non hanno abboccato e orgogliosamente ancora
resistono.
Si tace, però, che questa “Liberazione” ci è costata la
più umiliante delle condizioni di pace, la “resa a discrezione”, cioè a
totale arbitrio del vincitore (!), con un “dictat” implicante:
l’occupazione del territorio, la moneta “di occupazione” (le famose
Amlire), pesantissime sanzioni economiche, il pagamento dei danni di
guerra, nonché mutilazioni territoriali ad Est e ad Ovest dei nostri
confini. Condizioni, poi mitigate dall’ignobile voltafaccia della nostra
dichiarazione di guerra all’ex alleato, in cui ci siamo offerti come
“cobelligeranti” al nemico vincente.
Ne abbiamo parlato non per fare dell’inutile dietrologia,
ma perché è l’antefatto di un grande problema che oggi interessa il
mondo intero e che per noi italiani è finalmente un nodo che viene al
pettine, facendo chiarezza sulla favola di questa nostra tanto osannata
“Liberazione”, identificandoci invece come uno dei tre paesi vinti
dell’ultimo conflitto mondiale. Parliamo della riforma del Consiglio di
Sicurezza dell’ONU.
Premesso che di fronte al problema la nostra posizione è
quella dei “vinti”, orgogliosi di esserlo, ma che riconoscono
realisticamente la necessità di un organo super partes idoneo a
dirimere e prevenire le controversie internazionali - e l’ONU, idonea,
non si è mostrata affatto! - riteniamo che la riforma non debba
limitarsi al Consiglio di Sicurezza, ma riguardare tutta
l’Organizzazione nel suo insieme, ad iniziare dai suoi principi
fondanti. Riteniamo inoltre che tale riforma possa realizzarsi solo con
l’indizione di una assenblea costituente tra gli stati, che riveda i
suoi principi, scopi e funzioni, e dichiari decaduto ogni diritto o
privilegio comunque derivante da pregiudiziali storico-politiche.
Ricordiamo che l’ONU ha sede a New York, è nata per
volontà del presidente Wilson, ed è sempre vissuta sotto la tutela degli
Stati Uniti che hanno teso a farne il “braccio secolare” del loro potere
economico. Quindi, più che per una riforma, saremmo per una
ri-fondazione integrale dell’Organizzazione. Detto questo, veniamo a
quella che, realisticamente, è oggi la posizione dell’Italia.
La riforma del Consiglio di Sicurezza
La Riforma di quello che è l’esecutivo delle Nazioni
Unite è imposta oggi con estrema urgenza dall’aggravarsi della
situazione irachena. Situazione, che, come è noto, interessa tanto il
presidente Bush, candidato alla rielezione alla Casa Bianca, che il
segretario dell’ONU, Kofi Annan, intenzionato a far rispettare la
legalità, con una soluzione che sia garantista anche per il mondo
islamico.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, com’è noto è composto
da cinque membri permanenti, in rappresentanza delle nazioni vincitrici
dell’ultimo conflitto mondiale, che godono anche del diritto di veto (alla
faccia della libertà e dell’uguaglianza tra le nazioni!) e che sono:
Russia, Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Cina, e da altri due gruppi
di cinque a rotazione sfalsata per due anni. Ora, se, come è
presumibile, si vorrà attuare la riforma in tempi brevi facendo salvi i
diritti-privilegi acquisiti, è anche probabile che essa si limiti al
solo aumento dei membri permanenti, o poco più.
A richiederne l’ingresso sono l’India, che con un
miliardo di abitanti rappresenta quasi la metà della popolazione
terrestre; il Giappone e la Germania, seconda e terza potenza economica
mondiale, che sono anche tra i maggiori contribuenti
dell’Organizzazione, e il Brasile che a buon diritto vanta una sua
rappresentatività di tutta l’America Latina. Ebbene proprio questi stati
si sono recentemente riuniti per avanzare un progetto di riforma comune,
a sostegno della loro richiesta.
E l’Italia? «Datevi da fare anche Voi -ci dice il
ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fischer- avanzate le vostre
richieste, se ne avete!». Ma il nostro collega Frattini, che sa di non
avere chances, vi ha rinunciato facendosi promotore di una risoluzione
di mero disturbo, consistente in una candidatura unica per l’Unione
Europea, che ha trovato il favore della Spagna e di qualche altro paese
confederato, nonché di alcuni paesi africani, che vedono in questo
un’apertura ad una rappresentanza per continenti.
Ma perché sa di non avere chances? Perché sa benissimo
che Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina, e forse anche gli Stati
Uniti, si opporrebbero alla nostra richiesta, fondata non più su
presenze nazionali, ma continentali. E ciò, sia perché infrangerebbe una
prassi consolidata, sia perché si tradurrebbe in una reductio ad unum
delle attuali tre presenze europee: Russia, Gran Bretagna e Francia,
senza contare la Germania; idem per l’estremo oriente ove lo status
quo garantirebbe ai maggiori stati asiatici, Cina e l’eventuale
Giappone, ben due rappresentanze in luogo di una.
Inoltre, c’è anche da considerare, che se entrassimo noi
italiani, quelle nazioni farebbero muro al nostro ingresso, per le
stesse ragioni per cui difendono i loro privilegi acquisiti. In
sostanza, se entrassimo noi, loro dovrebbero uscirne, altrimenti
decadrebbe, sul piano del diritto, quel distinguo tra le nazioni che
applica il principio per cui l’organismo è nato e che conferisce loro da
sessant'anni, quali vincitori dell’ultimo conflitto mondiale, il ruolo
di guardiani della pace nel mondo.
Ma ciò dovrebbe valere, a maggior ragione, anche per
Germania e Giappone - si chiederà il lettore? No, perché si tratterebbe
di una “cooptazione” negoziata che, come tale, non inficierebbe quel
principio. Se avessimo avuto della buona moneta di scambio, avremmo
potuto negoziare anche noi, ma non avevamo altro da offrire che la
fedele sudditanza agli Stati Uniti in questo disastro iracheno,
risultando invece moneta falsa o scaduta l’apporto dato dalla
“cobelligeranza” e dalla “Resistenza” italiane nell’ultimo conflitto
mondiale.
Tutto questo, come si vede, penalizza soprattutto
l’Italia, che retrocede di fatto anche in coda al terzetto dei paesi
vinti, con buona pace di chi ancora considera la nostra sconfitta una
“liberazione”.
Enzo Schiuma

Dichiarazione di Nicola Cospito
sul colpo di coda di Rauti
Il colpo di coda di Rauti rappresenta un
attacco diretto contro il processo di unificazione in atto tra le
diverse formazioni nazionalpopolari. In questo contesto la sua polemica
contro la candidatura di Alessandra Mussolini nel cartello Alternativa
Sociale è solo un pretesto.
Rauti, da molti anni ormai orientato ad una visione personalistica,
nepotistica e affaristica della politica, che già in passato ha
procurato molti e gravi danni alla battaglia dei nazionalpopolari,
mostra ancora una volta il suo volto bilioso e preferisce mettersi al
servizio di Fini e di Berlusconi, della destra massonica e liberista,
degli amici degli americani e del boia Sharon al fine di ostacolare la
ritrovata unità d'azione delle forze antagoniste al sistema.
Nessuno si illuda. Chi conosce fatti e situazioni della nostra area sa
che Pino Rauti è il personaggio più screditato nella storia della Fiamma
Tricolore e che la sua influenza sui militanti è pari a zero.
Il MNP esorta Alessandra Mussolini e i camerati della Fiamma Tricolore
a proseguire senza indugi sulla strada dell'unità.
Nicola Cospito
Portavoce del Movimento Nazional Popolare -
Collegio Unità per la Costituente
|