L'EDITORIALE
Né con
Coblenza, né con i Giacobini
di
Nicola Cospito
Le prossime elezioni politiche della primavera 2006
segneranno il punto zero per quella che fino a qualche tempo
fa ostinatamente, lo ammettiamo, chiamavamo l’area nazional
popolare. I partiti e i gruppi che la componevano infatti
hanno rifiutato di intraprendere la strada dell’unità, che
sola, lo detta il buon senso, avrebbe potuto restituire loro
una dignitosa visibilità, preferendo continuare a gestire in
maniera inefficace la quotidianità e abbandonandosi ad una
sopravvivenza che di certo non potrà rivelarsi eterna.
Fallito l’esperimento di Alternativa Sociale come punto di
aggregazione e organizzazione delle forze antagoniste
disponibili in un movimento capace di attestarsi dal punto
di vista elettorale su un 2% (pure raggiunto nello scorso
aprile in occasione delle elezioni ragionali) come base di
partenza per poi continuare a crescere e imporsi ad una
opinione pubblica certamente stanca della politica
affaristica e antitaliana del cavaliere e dei suoi alleati e
comunque diffidente nei confronti dello schieramento del
centrosinistra, spesso scelto per disperazione e reazione
allo schieramento della CdL, la cosiddetta area, per volontà
dei suoi “dirigenti”, è ripiombata nel frazionismo più
sciocco e sterile che nel tempo ne potrebbe segnare la
definitiva scomparsa. Realtà questa difficile da accettare
data la presenza di mezzi economici e finanziari -vedi il
finanziamento pubblico delle europee- che pure avrebbero
permesso la messa in campo di strutture nuove e agili, tali
da restituire entusiasmo, senso di appartenenza e rinnovata
volontà di gettarsi nella mischia quanto meno a disturbare i
disegni di chi sta svendendo il nostro paese alla finanza
internazionale, alla tirannia delle banche, prostrandolo ai
disegni egemonici del gangsterismo della Casa Bianca.
Nonostante le centinaia di migliaia di euro piovute nelle
tasche delle formazioni che hanno visto eletto, grazie
all’impegno di tanti militanti, due deputati a Strasburgo,
non un giornale serio, non una radio, non un canale
televisivo, sono stati messi a punto per poter ricominciare
ad orientare con una informazione corretta l’opinione
pubblica nazionale. L’atteggiamento di Rauti che pure
avevamo contestato negli anni passati, ha fatto ahimè,
scuola tra tanti e i risultati, anzi i non-risultati si
cominciano a vedere.
Invece di lavorare per la costruzione di un Partito Sociale,
Repubblicano, Nazionale e Popolare, coloro che avrebbero
dovuto impegnarsi in tal senso, hanno preferito abbandonarsi
al richiamo del centrodestra, avviando trattative per
l’ingresso (dalla porta di servizio) nella coalizione della
CdL, incuranti della politica portata avanti dal cavaliere
Berlusconi in questa legislatura le cui linee fondamentali
possono così riassumersi:
• Degradazione della giustizia
• Distruzione dell’unità nazionale
• Distruzione della scuola pubblica
• Affossamento dell’economia
• Impoverimento progressivo degli italiani
• Precarizzazione crescente del mondo del lavoro
• Abbattimento dello Stato Sociale
• Sudditanza vergognosa agli Stati Uniti d’America e
complicità nelle loro guerre criminali
Alibi a questa scelta dissennata non può essere il varo di
una legge elettorale restrittiva per via dei diversi
sbarramenti e per la difficoltà nella raccolta delle firme,
sia perché tutto questo era stato previsto in anticipo e
c’era tutto il tempo per organizzarsi -chi non ricorda i
nostri numerosi appelli già dal mese di giugno- sia perché
abbiamo in Europa esempi eclatanti di formazioni similari
che devono affrontare le medesime difficoltà e non per
questo annullano la loro identità o si mettono sul mercato.
Valgano per tutti il Front National di Le Pen o la NPD in
Germania. E del resto la nuova legge elettorale che proprio
in questi giorni di dicembre sta per essere varata dal
Senato nella sua stesura definitiva, impone a coloro che
entrano nella coalizione di indicare il candidato premier e
di sottoscriverne il programma. Immaginate dunque i nostri
“beniamini” pronti ad indicare Berlusconi, l’uomo di Bush,
che farebbe volentieri dell’Italia un’altra stella sulla
bandiera degli Stati Uniti, come proprio “leader” e a
sottoscriverne il programma, magari quello della politica
estera…E poi, proprio in virtù della legge elettorale che
prevede che solo il primo partito tra quelli che non
riusciranno a conseguire il 2% dei suffragi, potrà portare
deputati alla Camera, il rischio concreto è di regalare
consensi all’inquilino di Arcore in cambio di un pugno di
mosche. Infatti ben prima delle formazioni in questione al
2% si potrà avvicinare, senza peraltro superarlo, la
Democrazia Cristiana di Rotondi, Pomicino e, da qualche
settimana, anche di Publio Fiori. Ammesso, ovviamente,
sempre che gli accordi vadano in porto. Di contro, ci
rendiamo ben conto che ormai è troppo tardi per impegnarsi
con successo nella raccolta delle firme, visto che dovranno
essere presentate entro i primi del mese di marzo 2006, ma
questo non esime dalla responsabilità, chi se ne sarebbe
dovuto occupare a tempo debito. Mi si perdoni il riferimento
personale, ma credo sia doveroso ricordare che chi scrive,
nella sua qualità di segretario provinciale della Fiamma
Tricolore a Roma nel triennio 1995/1998, presentò le liste
del Partito nelle elezioni provinciali e regionali del ’95,
nelle elezioni politiche del ’96 e in quelle comunali e
circoscrizionali del 1998 raccogliendo regolarmente le firme
e trovando centinaia di candidati. Ripeto, la Fiamma
Tricolore a Roma, nel 1998 fu presente non solo nelle liste
comunali ma anche in quelle di tutte e diciannove le
circoscrizioni in alternativa al Polo e all’Ulivo. Con il
risultato di un seggio, passato da Pino Rauti ad un tal
Giannini. Vedremo dunque cosa accadrà in primavera, dato che
nella capitale si svolgeranno le elezioni amministrative.
Nel frattempo c’è pure chi approfitta di questa situazione
di disorientamento per portare avanti la politica del
“ritorno all’ovile”. Lo avevamo già visto in occasione delle
elezioni regionali di primavera, continuiamo a vederlo ora e
lo vedremo in maniera ancora più manifesta nei prossimi
mesi. È indubitabile che è in atto il tentativo da parte di
taluni settori di Alleanza Nazionale di ricomporre sotto la
propria egida e sotto il proprio controllo le frange più
inclini al compromesso della, appunto, ex-area. Mentre nelle
sedi istituzionali e negli interventi sui mass-media taluni
dirigenti alleanzini proclamano tutto il loro
filo-americanismo, il loro allineamento alle scelte
polo-leghiste, antifasciste e liberali, poi, grazie anche ai
servigi di taluni accorti e astuti “cavalli di troia”, con
modi di fare che dire camaleontico offende i camaleonti, in
situazioni di comodo si trasformano in irriducibili
“camerati” votati alla “grande politica”, “costretti“ (da
chi?) a stare in Alleanza Nazionale. E c’è da dire che
facendo leva sulla scarsa coscienza ideologica e
dottrinaria, sulla esigua preparazione culturale, quando non
sulla debolezza caratteriale di molti, i suddetti cavalli di
troia stanno conseguendo alcuni evidenti successi,
facilitati, bisogna dirlo, dall’assenza di uno schieramento
alternativo serio e di riferimento. Vale la pena di
osservare agli accordisti di oggi quanto ai suonatori del
corno alleanzino che allora tanto sarebbe valso per loro
restare in Alleanza Nazionale già al tempo di Fiuggi, invece
di inseguire il sogno di un partito ben radicato nella sua
storia e difensore di un’altra concezione del mondo, della
vita e dello Stato.
Cosa questa che non vale e non potrà mai valere per noi,
disposti anche a farci tagliare le mani piuttosto che votare
per il Polo indicando come candidato premier il
plenipotenziario di Gorge W. Bush in Italia. Ad aprile i
giochi saranno comunque fatti e potremo davvero contarci.
Robert Brasillach nella sua "Lettera ad un soldato della
classe ’40", scritta nelle prigioni di Fresnes, ricordava le
parole scritte da Andrea Cheniér nel 1793 con le quali il
grande poeta vittima del Terrore, deplorava «l’avvilimento
di una grande nazione costretta dai propri errori a
scegliere tra Coblenza e i Giacobini». «Anche noi -osservava
Brasillach- abbiamo la nostra Coblenza e i nostri Giacobini.
Basta cambiare due nomi per rendere attuale la frase, ma
l’avvilimento resta uguale». E resta uguale anche per noi
oggi. Basta cambiare di nuovo i nomi ed ecco che la
situazione si ripropone.
E noi come Brasillach, sceglieremo diversamente. Noi non
andremo né con Coblenza né con i Giacobini. Tenendo ben
presente il motto di Evola e della Tradizione: «Ad una cosa
sola si badi: a tenersi in piedi in un mondo di rovine», ad
aprile vedremo quali sono le forze rimaste sul campo e con
queste continueremo la battaglia delle idee con i mezzi e le
forme che riterremo più opportune, nella consapevolezza che
la nostra è una lotta di lunga durata e che una nuova strada
verrà tracciata. Cosa che non è una speranza ma una
certezza.
Nicola Cospito |