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Indice Orientamenti

 

Anno VIII - 2005 - n° 5-6

Sommario:

Nè a Coblenza nè con i giacobini - Nicola Cospito
Precisazioni per l'identificazione di un percorso nazionalpopolare - M. Rossi
Umanità al bivio - Sergio Bonifazi
Torna di moda l'Anticristo - Stefano Sogari
Ancora sulla ricerca - Alessandro Mezzano
Manifesto per i tempi ultimi - Giandomenico Casalino
A 35 anni dalla morte di Yukyo Mishima - Alessandro Mezzano
Processo a Mussolini - Filippo Giannini
Manifesto per i tempi ultimi - Giandomenico Casalino
Chi ha paura del socialismo - Alessandra Gonzaga
Il "ritorno alle origini" negli scritti di Julius Evola - Giovanni Perez
I "misteri" della seconda guerra mondiale - Carlo Morganti
Ars regia, la via ermetico-eroica al divino - Luca Valentini
Venezuela: il socialismo nazionale è possibile - Danilo Zongoli
Anche se tutti... noi no - Comunicato del MNP
Recensioni e segnalazioni

 

 

L'EDITORIALE

Né con Coblenza, né con i Giacobini

di Nicola Cospito



Le prossime elezioni politiche della primavera 2006 segneranno il punto zero per quella che fino a qualche tempo fa ostinatamente, lo ammettiamo, chiamavamo l’area nazional popolare. I partiti e i gruppi che la componevano infatti hanno rifiutato di intraprendere la strada dell’unità, che sola, lo detta il buon senso, avrebbe potuto restituire loro una dignitosa visibilità, preferendo continuare a gestire in maniera inefficace la quotidianità e abbandonandosi ad una sopravvivenza che di certo non potrà rivelarsi eterna. Fallito l’esperimento di Alternativa Sociale come punto di aggregazione e organizzazione delle forze antagoniste disponibili in un movimento capace di attestarsi dal punto di vista elettorale su un 2% (pure raggiunto nello scorso aprile in occasione delle elezioni ragionali) come base di partenza per poi continuare a crescere e imporsi ad una opinione pubblica certamente stanca della politica affaristica e antitaliana del cavaliere e dei suoi alleati e comunque diffidente nei confronti dello schieramento del centrosinistra, spesso scelto per disperazione e reazione allo schieramento della CdL, la cosiddetta area, per volontà dei suoi “dirigenti”, è ripiombata nel frazionismo più sciocco e sterile che nel tempo ne potrebbe segnare la definitiva scomparsa. Realtà questa difficile da accettare data la presenza di mezzi economici e finanziari -vedi il finanziamento pubblico delle europee- che pure avrebbero permesso la messa in campo di strutture nuove e agili, tali da restituire entusiasmo, senso di appartenenza e rinnovata volontà di gettarsi nella mischia quanto meno a disturbare i disegni di chi sta svendendo il nostro paese alla finanza internazionale, alla tirannia delle banche, prostrandolo ai disegni egemonici del gangsterismo della Casa Bianca. Nonostante le centinaia di migliaia di euro piovute nelle tasche delle formazioni che hanno visto eletto, grazie all’impegno di tanti militanti, due deputati a Strasburgo, non un giornale serio, non una radio, non un canale televisivo, sono stati messi a punto per poter ricominciare ad orientare con una informazione corretta l’opinione pubblica nazionale. L’atteggiamento di Rauti che pure avevamo contestato negli anni passati, ha fatto ahimè, scuola tra tanti e i risultati, anzi i non-risultati si cominciano a vedere.
Invece di lavorare per la costruzione di un Partito Sociale, Repubblicano, Nazionale e Popolare, coloro che avrebbero dovuto impegnarsi in tal senso, hanno preferito abbandonarsi al richiamo del centrodestra, avviando trattative per l’ingresso (dalla porta di servizio) nella coalizione della CdL, incuranti della politica portata avanti dal cavaliere Berlusconi in questa legislatura le cui linee fondamentali possono così riassumersi:

• Degradazione della giustizia
• Distruzione dell’unità nazionale
• Distruzione della scuola pubblica
• Affossamento dell’economia
• Impoverimento progressivo degli italiani
• Precarizzazione crescente del mondo del lavoro
• Abbattimento dello Stato Sociale
• Sudditanza vergognosa agli Stati Uniti d’America e complicità nelle loro guerre criminali


Alibi a questa scelta dissennata non può essere il varo di una legge elettorale restrittiva per via dei diversi sbarramenti e per la difficoltà nella raccolta delle firme, sia perché tutto questo era stato previsto in anticipo e c’era tutto il tempo per organizzarsi -chi non ricorda i nostri numerosi appelli già dal mese di giugno- sia perché abbiamo in Europa esempi eclatanti di formazioni similari che devono affrontare le medesime difficoltà e non per questo annullano la loro identità o si mettono sul mercato. Valgano per tutti il Front National di Le Pen o la NPD in Germania. E del resto la nuova legge elettorale che proprio in questi giorni di dicembre sta per essere varata dal Senato nella sua stesura definitiva, impone a coloro che entrano nella coalizione di indicare il candidato premier e di sottoscriverne il programma. Immaginate dunque i nostri “beniamini” pronti ad indicare Berlusconi, l’uomo di Bush, che farebbe volentieri dell’Italia un’altra stella sulla bandiera degli Stati Uniti, come proprio “leader” e a sottoscriverne il programma, magari quello della politica estera…E poi, proprio in virtù della legge elettorale che prevede che solo il primo partito tra quelli che non riusciranno a conseguire il 2% dei suffragi, potrà portare deputati alla Camera, il rischio concreto è di regalare consensi all’inquilino di Arcore in cambio di un pugno di mosche. Infatti ben prima delle formazioni in questione al 2% si potrà avvicinare, senza peraltro superarlo, la Democrazia Cristiana di Rotondi, Pomicino e, da qualche settimana, anche di Publio Fiori. Ammesso, ovviamente, sempre che gli accordi vadano in porto. Di contro, ci rendiamo ben conto che ormai è troppo tardi per impegnarsi con successo nella raccolta delle firme, visto che dovranno essere presentate entro i primi del mese di marzo 2006, ma questo non esime dalla responsabilità, chi se ne sarebbe dovuto occupare a tempo debito. Mi si perdoni il riferimento personale, ma credo sia doveroso ricordare che chi scrive, nella sua qualità di segretario provinciale della Fiamma Tricolore a Roma nel triennio 1995/1998, presentò le liste del Partito nelle elezioni provinciali e regionali del ’95, nelle elezioni politiche del ’96 e in quelle comunali e circoscrizionali del 1998 raccogliendo regolarmente le firme e trovando centinaia di candidati. Ripeto, la Fiamma Tricolore a Roma, nel 1998 fu presente non solo nelle liste comunali ma anche in quelle di tutte e diciannove le circoscrizioni in alternativa al Polo e all’Ulivo. Con il risultato di un seggio, passato da Pino Rauti ad un tal Giannini. Vedremo dunque cosa accadrà in primavera, dato che nella capitale si svolgeranno le elezioni amministrative.
Nel frattempo c’è pure chi approfitta di questa situazione di disorientamento per portare avanti la politica del “ritorno all’ovile”. Lo avevamo già visto in occasione delle elezioni regionali di primavera, continuiamo a vederlo ora e lo vedremo in maniera ancora più manifesta nei prossimi mesi. È indubitabile che è in atto il tentativo da parte di taluni settori di Alleanza Nazionale di ricomporre sotto la propria egida e sotto il proprio controllo le frange più inclini al compromesso della, appunto, ex-area. Mentre nelle sedi istituzionali e negli interventi sui mass-media taluni dirigenti alleanzini proclamano tutto il loro filo-americanismo, il loro allineamento alle scelte polo-leghiste, antifasciste e liberali, poi, grazie anche ai servigi di taluni accorti e astuti “cavalli di troia”, con modi di fare che dire camaleontico offende i camaleonti, in situazioni di comodo si trasformano in irriducibili “camerati” votati alla “grande politica”, “costretti“ (da chi?) a stare in Alleanza Nazionale. E c’è da dire che facendo leva sulla scarsa coscienza ideologica e dottrinaria, sulla esigua preparazione culturale, quando non sulla debolezza caratteriale di molti, i suddetti cavalli di troia stanno conseguendo alcuni evidenti successi, facilitati, bisogna dirlo, dall’assenza di uno schieramento alternativo serio e di riferimento. Vale la pena di osservare agli accordisti di oggi quanto ai suonatori del corno alleanzino che allora tanto sarebbe valso per loro restare in Alleanza Nazionale già al tempo di Fiuggi, invece di inseguire il sogno di un partito ben radicato nella sua storia e difensore di un’altra concezione del mondo, della vita e dello Stato.
Cosa questa che non vale e non potrà mai valere per noi, disposti anche a farci tagliare le mani piuttosto che votare per il Polo indicando come candidato premier il plenipotenziario di Gorge W. Bush in Italia. Ad aprile i giochi saranno comunque fatti e potremo davvero contarci. Robert Brasillach nella sua "Lettera ad un soldato della classe ’40", scritta nelle prigioni di Fresnes, ricordava le parole scritte da Andrea Cheniér nel 1793 con le quali il grande poeta vittima del Terrore, deplorava «l’avvilimento di una grande nazione costretta dai propri errori a scegliere tra Coblenza e i Giacobini». «Anche noi -osservava Brasillach- abbiamo la nostra Coblenza e i nostri Giacobini. Basta cambiare due nomi per rendere attuale la frase, ma l’avvilimento resta uguale». E resta uguale anche per noi oggi. Basta cambiare di nuovo i nomi ed ecco che la situazione si ripropone.
E noi come Brasillach, sceglieremo diversamente. Noi non andremo né con Coblenza né con i Giacobini. Tenendo ben presente il motto di Evola e della Tradizione: «Ad una cosa sola si badi: a tenersi in piedi in un mondo di rovine», ad aprile vedremo quali sono le forze rimaste sul campo e con queste continueremo la battaglia delle idee con i mezzi e le forme che riterremo più opportune, nella consapevolezza che la nostra è una lotta di lunga durata e che una nuova strada verrà tracciata. Cosa che non è una speranza ma una certezza.

Nicola Cospito