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Indice Orientamenti

 

Anno VII - 2004 - n° 5-6

Sommario:
 

Costruiamo il fronte della protesta e della rivolta sociale - Nicola Cospito
Perchè rifiutare accordi con il Polo - Massimo Tirone
La lotta titanica della Waffen-SS - Leon Degrelle (scritto inedito)
Rifiutopoli a Forlì - Claudio Marconi
L'antifascismo alle corde - Sergio Bonifazi
Il delitto Matteotti e l'assassinio di Casalini - Bruno Rassu
Ottobre 1956: Gli ungheresi allo sbaraglio - Claudio Mutti
L'inganno della Tradizione - Wein Ming
L'ultima dacia berlina - Danilo Zongoli
Per la morte di uno sconosciuto - Filippo Giannini
Rescissione unilaterale del Diktat - Carlo Morganti
Mantenere le posizioni - Luca Valentini
Recensioni e segnalazioni

 

 

L'EDITORIALE

Costruiamo il fronte della protesta e
della rivolta sociale

Nicola Cospito


L’incontro di Isola Farnese dello scorso 10 ottobre ha segnato una tappa importante nel cammino della nostra comunità umana e politica verso la sua unità. Non solo per la riunione affollata e la grande partecipazione di militanti venuti da tutta Italia, cosa di per sé sempre gratificante ed utile, quanto perché l’incontro voluto e organizzato dal Movimento Nazional Popolare ha evidenziato senza mezzi termini come ormai, dopo i risultati raggiunti alle elezioni europee con l’invio a Strasburgo di due parlamentari, la nostra area, se vuole contare sulla scena politica nazionale, smettendo una buona volta di appagarsi con la semplice azione di testimonianza, non ha che un cammino davanti a sé: unire le forze in un formidabile schieramento antagonista, deciso come mai prima a dar battaglia al sistema liberale e liberista solo apparentemente distinto nelle sue due ali del centro-destra e del centro-sinistra. Le due ali del cosiddetto sistema bipolare sono infatti ugualmente responsabili del disastro economico, delle sciagurate scelte politiche internazionali, dell’attuale decadenza morale e materiale del nostro paese, portato alla sbaraglio da un governo che non riesce a garantire non solo un minimo di sicurezza ai cittadini, mai così come ora tartassati e spremuti -altro che riforma del fisco- ma anche più semplicemente un avvenire degno di questo nome ai giovani in cerca di un lavoro vero, di un lavoro stabile, di un lavoro per vivere. Altro che modello americano, altro che legge Biagi, altro che flessibilità, altro che contratti co.co.co. (collaborazioni coordinate continuative), contratti di formazione e lavoro interinale. Tutti sanno bene che queste leggi, sbilanciate a favore dei datori di lavoro, tese soltanto a favorire la privatizzazione di interi e sempre più vari settori dell’economia nazionale, hanno finito per aumentare il precariato e l’insicurezza a vantaggio di pochi individui senza scrupoli e di aziende nelle mani di manager falliti e comunque divenute ormai incapaci di reggere la concorrenza internazionale. Leggi economiche, si badi bene, varate negli ultimi cinque-dieci anni dall’Ulivo prima e dal Polo poi, in un percorso comune, coerente e continuativo perché derivante da una medesima visione sbagliata, quella liberista, dell’economia nazionale che, in ossequio al mercato e alle sue regole, è andata a sprofondando in una recessione spaventosa dalla quale non solo non riesce ad uscire ma che appare destinata ad aggravarsi per stessa ammissione degli economisti ufficiali.
Già solo per quanto detto va da sé che in Italia c’è uno smisurato spazio politico che può e deve essere occupato con intelligenza e acume da una forza politica che sappia interpretare bene le istanze dei cittadini ormai stanchi di essere stretti nella morsa poloulivista e desiderosi di trovare una nuova e forte rappresentanza nella sacrosanta aspirazione alla rifondazione di uno Stato efficiente e moderno, capace di realizzare nei fatti e non a parole la giustizia sociale, teso a proteggere l’economia nazionale attraverso una serie di interventi mirati. Un’economia nazionale che può essere risollevata a nostro avviso solo attraverso il rilancio della domanda interna favorito da un’adeguata politica dei prezzi, il blocco totale e inappellabile delle delocalizzazioni delle aziende, una messa in discussione del Trattato di Maastricht con un conseguente scoraggiamento delle importazioni, un severo controllo fiscale sulle imprese più grandi e sui redditi più alti, una lotta agli abusi finanziari perpetrati delle banche e delle grandi lobbies finanziarie, un massiccio investimento in tutti i settori della ricerca e in quello dei servizi pubblici. Scuola, sanità, trasporti e quant’altro vanno rilanciati con adeguati interventi strutturali e finanziari.
L’esistenza di questo spazio è indubitabile. Il timore di perdere che la CdL sta mostrando in tutta Italia e in particolare nel Lazio dove il governatore Storace, ormai in preda ad una vera crisi di panico, sta cercando di supplire alle manchevolezze del suo schieramento con un massiccio bombardamento propagandistico dal costo di centinaia e centinaia di milioni, in un vano tentativo di risalire la china di fronte ad un’opinione pubblica stanca della politica affaristica e lottizzatrice del centrodestra, lo attesta in modo più che sufficiente. Gli attacchi alle forze nazionalpopolari con il solito motivo sciocco e pretestuoso che potrebbero far vincere il centrosinistra lo dimostrano in modo inequivocabile.
A questo punto però la domanda che si pone per noi è: ma noi siamo pronti?

Noi che sappiamo di essere l’alternativa al sistema, la forza sociale che vuole trasformare questo paese, siamo pronti ad occupare questo spazio e ad andare tra la gente ad esporre le nostre idee, le nostre tesi, i nostri programmi per convincere l’opinione pubblica a seguirci, a darci fiducia, a credere in noi ? È un fatto che per essere convincenti e credibili dobbiamo innanzi tutto dimostrare di saper risolvere i problemi di casa nostra, attuando una politica di riorganizzazione e razionalizzazione di tutte le nostre energie per sferrare al momento giusto l’attacco decisivo. Cosa che può avvenire solo all’insegna dell’unità. Per questo, sia chiaro, non si può e non si deve lasciare a casa nessuno. E proprio per questo, tornando all’apertura di questa nostra riflessione, abbiamo svolto l’incontro di Isola Farnese. Un incontro che si è rivelato fecondo, non fosse altro perché è servito a dissolvere incomprensioni e a ricucire rapporti umani nella comune consapevolezza che abbiamo bisogno gli uni degli altri per attuare il nostro progetto politico che non esitiamo a ritenere ambizioso. Dopo la diaspora seguita ai ripetuti tradimenti di Pino Rauti, ormai comunque e definitivamente autoseppellitosi nella melma polista, non è stato facile risalire la china. Ora, dopo la falsa partenza alla vigilia delle elezioni europee, si offre una nuova opportunità di lavorare insieme, di lottare insieme, tutti. È una volontà che noi del Movimento Nazional Popolare abbiamo perseguito da sempre e che ora trova d’accordo anche Alternativa Sociale nelle sue componenti di Forza Nuova, Libertà d’Azione e Fronte Sociale Nazionale. I contatti, gli scambi d’opinione, la ricerca di efficaci forme di collaborazione sono in questo momento molto frequenti e sembrano promettere bene. Per questo è legittimo ritornare a sperare. Cosa manca però ancora alla nostra calamita perché sia davvero efficace? Quale verga manca ancora all’appuntamento? Manca la Fiamma Tricolore che deve svolgere nelle prossime settimane il suo congresso. Un Congresso importante da cui la parte migliore e più genuina della nostra area si aspetta decisioni decisive, ci si consenta il bisticcio di parole che comunque chiarisce il concetto. Ci si attende innanzi tutto la cancellazione dello sciagurato riposizionamento al fianco del Polo. Il riposizionamento, sancito nel Congresso di Montesilvano nel 2001, alla Fiamma, a prescindere da ogni pur fondata querelle ideologico-dottrinaria, non ha portato alcun vantaggio ma solo danni in termini di risultati elettorali, compattezza interna, immagine e soprattutto militanza. Hanno fatto il conto i dirigenti di questo partito infatti di quanti militanti tra i più bravi, tenaci e intelligenti si sono allontanati negli ultimi anni proprio per le commistioni con la Casa delle Libertà volute dalla dissennata politica rautiana? Ci si attende il rinnovamento della sua classe dirigente attraverso l’allontanamento di quanti stanno nella Fiamma solo in virtù del fatto che non hanno trovato e non trovano la considerazione desiderata nei partiti del Polo e che per questo, invece di essere al servizio del partito e dell’idea, preferiscono mettere il partito al servizio delle loro mene personali. Di questi polisti e carrieristi di basso conio la Fiamma non ha davvero bisogno. Vanno tagliati come rami secchi perché la pianta cresca più robusta. Ci si attende la più netta e totale chiusura ad accordi di qualsiasi genere con i partiti del Polo: un movimento che si proclama antagonista e all’opposizione, che dice di voler combattere il sistema, non può poi sovvenire in alcun modo i partiti del governo di Berlusconi e di Fini, della Lega e dell’UDC, dei sudditi più fedeli di Bush e di Sharon, dei complici del gangsterismo sionista-americano, non può esaurire il suo ruolo nel salvataggio di un governo che sta portando l’intero paese allo sfascio; ci si attende la massima apertura all’area nazionalpopolare per realizzare insieme al MNP, ad Alternativa Sociale e alla miriade dei nostri gruppi e delle nostre realtà militanti non solo un accordo elettorale che vanifichi le manovre di chi vorrebbe marginalizzarci e criminalizzarci, che potrebbe permettere ad autentici camerati di andare a rappresentarci nelle istituzioni e che aumenterebbe la nostra visibilità in quanto forza politica, ma anche una solida e robusta confederazione che, nel lasciare ad ogni gruppo la sua autonomia organizzativa e la sua struttura, potrebbe finalmente gettare le fondamenta di quella casa comune tanto agognata. Se la Fiamma lo vorrà, si potrà tutti insieme combattere una buona battaglia, battaglia che dovrà essere propedeutica per le elezioni politiche del 2006 dove, con ogni probabilità, si voterà con il sistema proporzionale. Riuscire ad ottenere dunque un buon risultato alle regionali potrebbe dimostrare all’opinione pubblica che votare per noi non è inutile, che produce risultati e aiutarci a superare alle politiche la soglia di sbarramento. Un’impresa che non è impossibile, come dimostrato dal successo conseguito in Germania dalla NPD nelle recenti elezioni nel Land Sachsen-Anhalt. La coerenza alla fine viene sempre premiata. Va infatti tenuto conto che ad esempio nel Lazio nelle ultime europee Alternativa Sociale ha avuto il 2,2% e la Fiamma l’1,2% per un totale di 3,4%. Dato che la soglia di sbarramento è al 3% e che il numero dei deputati regionali con il nuovo recente statuto è passato da 60 a 70, con lo stesso risultato complessivo di giugno si potrebbero ottenere anche due rappresentanti. Senza poi dover ricordare che con uno schieramento unitario tanti camerati che a giugno delusi dalla divisione non sono andati a votare questa volta potrebbero scatenarsi in una campagna elettorale memorabile. Bisogna dunque smetterla con la politica del ricatto e delle briciole e tornare a volare alto. Del resto non vediamo per la Fiamma altre strade percorribili. Se dovesse continuare a restare nell’ambiguità e nel compromesso, facendo accordi con il Polo anche in due o tre regioni del paese, il suo destino sarebbe segnato e dovremmo tutti domandarci a che è servita la cacciata di Rauti. Perdendo le ragioni ideali della sua stessa esistenza essa sarebbe condannata a scomparire nel giro di qualche mese, delegando ad altre forze il compito di raccogliere tutte le energie dell’area. Resterebbe insomma tagliata fuori in un momento in cui ben altro può e deve essere il suo ruolo. Noi ci auguriamo che ciò non avvenga e che la Fiamma torni a combattere al fianco dei camerati rafforzando lo schieramento antagonista. Per costituire tutti insieme il fronte della protesta e della rivolta sociale, per combattere tutti uniti con orgoglio e ostinazione una battaglia giusta e necessaria senza che nessuno possa più imputarci di essere ininfluenti o di crogiolarci in una riserva indiana.

Nicola Cospito