la Rivista il Movimento i libri

 

Indice Orientamenti

 

Anno VI - 2003 - n° 3-4

Sommario:
 

Fare politica * Nicola Cospito

 Adriano ancora tra noi, avanti a noi * N. C.

 Adriano Romualdi a trent'anni dalla morte * Giovanni Perez

 Tra decadenza spirituale e degrado etnico ... * S. L.

 Indipendenza e sovranità * Alberto B. Mariantoni

 Julius Evola: la visione tradizionale ... * Giandomenico Casalino

 Le due vie dell'impersonalità * Luca Valentini

 Suicidio civile * Giovanni Rassu

 Giovani giganti di altri tempi * Filippo Giannini

 Il mondialismo nella costituzione romena * Danilo Zongoli

 Guido Minardi * Daniele Gaudenzi

 L'unità dell'Area nazionale * avv. Carlo Moranti

 Recensioni e segnalazioni

 

 

 

L'EDITORIALE

Fare politica

Nicola Cospito

Indubbiamente la situazione politica, diciamo pure il clima politico in Italia, all'indomani delle elezioni provinciali del 25 maggio ha subito un profondo cambiamento. Le vittoriose fanfare della Casa della Libertà hanno smesso di suonare e gli italiani hanno presentato il conto alle scelte governative sbagliate tanto in politica estera quanto in politica interna. Il popolo italiano, nella sua stragrande maggioranza, non ha approvato l'ingiustificata guerra d'aggressione contro l'Iraq e non ha gradito la viscida sudditanza del cavalier Berlusconi all'amministrazione Bush, un'amministrazione di petrolieri e affaristi, criticata e mal vista in tutto il mondo. Il servilismo vergognoso in cui gli esponenti del Polo si sono distinti, non solo ha dato un duro colpo alla nostra tradizionale amicizia con le popolazioni arabe, ma ha anche mostrato un'immagine del nostro paese che non corrisponde alla realtà e che non ha mancato di creare un certo imbarazzo di fronte agli altri governi europei i quali, tempestivamente, avevano preso le debite distanze dall'avventurismo guerrafondaio statunitense. Per tacere dello squallido show a Strasburgo nella polemica con il parlamentare tedesco Schulze in luglio, episodio che ha messo a dura prova i rapporti con la Germania.

A parte questo disastro nelle relazioni internazionali, poi, con l'introduzione della moneta unica, il nostro paese si è trovato nella morsa di un carovita che continua a salire e che vede il governo sostanzialmente incapace -ma il vero problema è che non ne ha la volontà- di assumere dei radicali provvedimenti atti a frenare le speculazioni che stanno falcidiando gli stipendi dei lavoratori e in particolare di quelli a reddito fisso. Nei fatti, il liberismo al quale noi ci opponiamo non solo ideologicamente ma anche per il suo impatto negativo nella vita quotidiana di ciascuno, sta producendo i suoi effetti deleteri.

La logica di un mercato assolutamente privo di regole, una classe imprenditoriale incapace non solo di sfidare la concorrenza internazionale, ma anche inetta nella gestione delle aziende, sempre più alla deriva e bisognosa per andare avanti, di continui tagli occupazionali, l'inflazione superiore di molto a quella ufficiale indicata dall'ISTAT -e i cittadini che fanno la spesa possono constatarlo ogni giorno- i continui aumenti dei costi delle bollette relative a luce, gas, acqua, settori nei quali l'Italia detiene la maglia nera in Europa, la speculazione indegna da parte delle assicurazioni e delle società petrolifere, stanno producendo gravi danni all'economia nazionale, riducendo il potere d'acquisto dei salari e alimentando quei meccanismi velenosi che incrinano ogni giorno di più lo sviluppo del nostro paese.

E proprio mentre scriviamo, il governo Bossi-Fini-Berlusconi sta meditando una riforma del sistema pensionistico che mette a dura prova la fiducia nei diritti acquisiti e spinge i lavoratori alla fuga, mentre nei posti di lavoro, pubblici e privati la pressione e la tensione rendono il clima pesante lacerando ogni rapporto umano. Noi non sappiamo se questo governo arriverà al termine della legislatura, ma è un fatto che esso ci sembra più intento ad occuparsi delle vicende giudiziarie del capo del governo e dei suoi alleati che a preoccuparsi dei problemi del paese.

Che dire infatti della presa di posizione dell'ineffabile ministro guardasigilli Castelli che è arrivato al punto di tentare di bloccare le indagini sugli episodi di corruzione relativi al capo del governo? Una presa di posizione così ruffiana che ha mostrato a tutti la vera anima della Lega, verbalmente intransigente e dura, ma nella realtà dei fatti ben pronta a ostacolare il cammino della giustizia e totalmente succedanea a Forza Italia. E del resto lo spettacolo di questi giorni di politico ha ben poco, mentre maggioranza e opposizione continuano a rinfacciarsi accuse di corruzione che ancora di più allontanano i cittadini onesti e laboriosi da una nomenklatura che chiede sacrifici agli altri e nel frattempo aumenta a proprio giovamento, ripetutamente e con una frequenza mai conosciuta in precedenza gli emolumenti parlamentari, nazionali ed europei.

È un fatto -e denunciarlo non è qualunquismo- che tutti i parlamentari, a prescindere dalla bandiera di appartenenza, hanno votato concordemente all'unanimità gli aumenti dei propri stipendi. Cinque volte nel giro di due anni. La gente è stanca di queste beffe. Basta sentire i discorsi per la strada. E del resto se si pretende che i lavoratori restino occupati fino ai settant'anni, non si capisce perché i parlamentari possano percepire la pensione già a sessanta e anche con una sola legislatura alle spalle. Che cosa può spiegare tali privilegi?

Ovviamente, come si dice, se Sparta piange Atene non ride. E se pure il fallimento della demagogia berlusconiana favorirà il ritorno a Palazzo Chigi del centrosinistra, di certo questo non ha dato in passato buone prove di sé.

Ricordiamo le scellerate scelte in tema di politica monetaria, il disastro nella scuola, quello nella sanità, l'introduzione nel mercato del lavoro di riforme liberal-capitaliste come quelle relative al lavoro interinale, al lavoro in affitto, vera legalizzazione del caporalato e ai contratti di formazione, il filo-americanismo non molto lontano da quello del centrodestra che pure permise agli statunitensi di servirsi delle basi italiane per le operazioni militari in Kossovo.

Tutto questo non rende l'attuale opposizione molto diversa dalla maggioranza fanfaron-berlusconianana. Per questo non c'è assolutamente nulla di buono da aspettarsi per il futuro e la gente lo sa.

A questo poi, va aggiunta la crisi, profonda più di quanto appare, di Alleanza Nazionale. Il partito di Fini e di La Russa il 25 maggio ha perso nella capitale oltre 90.000 voti. Ed in fondo, di che e perché stupirsi? AN ha raccolto ciò che ha seminato a partire da Fiuggi. Appiattita su Forza Italia, incapace di svolgere un ruolo positivo e preminente nel governo, iperliberista alla faccia di ogni dichiarazione d'intenti della cosiddetta destra sociale, lacerata dalle correnti interne sempre in guerra per la spartizione delle poltrone, ormai priva del prestigio che pure il vecchio MSI aveva di fronte agli avversari, AN crede -e questa è ormai un'idea fissa, quasi maniacale- che per assicurarsi un avvenire debba avere l'imprimatur di Israele. Di qui i frequenti viaggi a Tel Aviv dei suoi maggiori esponenti. AN sembra la sezione italiana del partito di Ariel Sharon, il Likud. Ed è un fatto che Fini e compagni chiedono insistentemente l'ingresso di Israele nella UE. Come dire introdurre in casa un cavallo di Troia americano.

Così, e sinceramente non ce ne dispiace, Alleanza Nazionale non andrà più da nessuna parte e nel declino che le auguriamo veloce e irreversibile, molti dei suoi esponenti arrivati dal mondo socialista e democristiano, finiranno per tornarsene là da dove erano venuti. Lo spettacolo inizierà dopo le europee del prossimo anno, allorché il proporzionale segnerà per Fini e La Russa un'ulteriore cocente sconfitta.

Basta quanto detto, sia pur in modo sommario e sintetico, per lasciare intuire che in Italia oggi c'è per noi, in qualità di forza antagonista, non solo uno spazio politico da riempire, ma una funzione primaria da svolgere: quella di dare vita finalmente ad una forte opposizione al sistema liberale e liberista, in grado di elaborare e proporre un progetto credibile di alternativa politica e sociale.

L'area nazional popolare che qualcuno si ostina a negare ma che pure esiste, deve dunque organizzarsi al meglio e aggiustare il tiro. Si tratta finalmente di smettere di discutere spaccando il capello in quattro o di credere che il nostro destino sia solo quello di fare testimonianza della grandezza di un mito, ma di mettere da parte ogni scetticismo, ogni diffidenza ingiustificata e di lavorare sul serio costruendo un grande Movimento Politico.

Anche per noi le europee del prossimo anno possono costituire una grande occasione di presenza e di rilancio. Dalla Fiamma Tricolore è arrivato nelle scorse settimane un appello, un invito ad unirci per dare una svolta concreta e positiva alla situazione di stallo nella quale ci siamo venuti a trovare negli ultimi anni. A questo appello è difficile rimanere insensibili, ma se unità ci deve essere, essa dovrà fondarsi su chiarezza di linea politica e lealtà di intenti. Facciamo pure un unico cartello elettorale. Esso però non dovrà escludere nessuno e dovrà essere esteso ad ogni tipo di elezione. Non è possibile infatti fare un cartello elettorale alle europee in nome dell'indipendenza e della sovranità dell'Europa e allearsi poi contemporaneamente negli altri tipi di elezione con il principale vassallo degli USA, nemici del Vecchio Continente.

Su questo tema essenziale crediamo che la Fiamma Tricolore non ci deluderà, non deluderà i militanti che anelano all'unità dell'area e, come scritto nell'appello recentemente diffuso la storia ci giudica e le giovani generazioni hanno bisogno di parole chiare. In questo senso e su questa strada, se l'alleanza proposta sarà la prima pietra su cui costruire l'alternativa e l'opposizione delle forze nazionalpopolari unite, noi faremo la nostra parte. Nessuno ne dubiti.

Nicola Cospito