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Indice Orientamenti

 

Anno III - 2000 - n° 4-5

 

Sommario:
 

Qualcosa si muove * Nicola Cospito

Economia e meccanismi occulti * Ettore Bertolini

Basta con le chiacchiere: organizziamoci! * Claudio Marconi

Se sono rose... realizziamo la socializzazione * Claudio Marconi

Problema casa * Gianluigi Pascoletti

La lunga marcia dell'orgoglio gay * Enzo Schiuma

Per la difesa del popolo e della Terra * Claudio Marconi

Pubblica Amministrazione e dintorni * Enrico Belardinelli

Il Diavolo * Vincenzo Scarpello

Miti e idee della politica nel pensiero di Carlo Curcio * Giovanni Perez

Stop USA * Mario Porrini

La "Corriera Fantasma": il viaggio della morte ... * Maria Lina Veca

Circa "quei fatti di Ferrara ..." * Filippo Giannini

Politica ed Età Oscura * Andrea Monastra

Calendari e Riforme dei Calendari * Giuseppe Indiano

Legione Straniera * Marialina Veca

Perché l'Italia sta naufragando * Carlo Govoni

Ilia Ilasco martire sconosciuto * Danilo Zongoli

L'Associazione Continuità Adriatica * Stefano Mattiussi

L'Ordine dell'Aquila Romana * Giorgio Bubbi

Recensioni

 

L'EDITORIALE

Qualcosa si muove

Nicola Cospito

Se si considera il disorientamento della scorsa primavera, dovuto alla strategia tanto confusionaria quanto fallimentare dell'inseguimento del Polo per un accordo elettorale che nulla di positivo poteva produrre, strategia voluta e perseguita da alcuni ben noti quanto falsi «condottieri», non si può non rilevare la vitalità e la combattività che l'area nazionalpopolare nelle sue componenti di base sta manifestando da qualche tempo a questa parte. La partecipazione a Cernobbio alla protesta di piazza contro la riunione dei vertici dell'economia e del commercio mondiale ha prodotto davvero l'effetto di una carica in grande stile contro il sistema, restituendo ad un intero mondo l'orgoglio della propria identità e delle proprie tesi politiche. E questo a prescindere dalla presenza di taluni aspetti esteriori da noi sempre esecrati che, come notato da più parti, vanno comunque rapidamente rimossi sia per dare spazio all'essenzialità delle idee, sia allo scopo di non dare estro agli avversari, padroni dei mezzi di informazione, di presentarci alla opinione pubblica secondo i noti e comodi clichès, alienandocene aprioristicamente l'attenzione e la simpatia. Dopo Cernobbio si è andati assistendo ad un crescendo di iniziative che fa bene sperare per l'avvenire: dalla manifestazione unitaria di Como, ottimamente organizzata e riuscita, sull'immigrazione clandestina e il lavoro nero a quella di Taranto contro la globalizzazione, dal boicottaggio contro la Marzotto e la Nostromo, ree di praticare in modo selvaggio la delocalizzazione di denaro e fabbriche, al convegno storico-politico sulla "Marcia su Roma", organizzato dal Circolo Berto Ricci di Perugia, per arrivare al potenziamento della diffusione del quotidiano "Rinascita" che raggiunge ormai la metà del territorio nazionale e che sta facendo da collante anche tra i militanti più isolati e più sperduti sul territorio nazionale. Ora si tratta, come pure da più parti si sollecita, di compiere uno sforzo in più sulla via non tanto della unificazione dell'area che comunque richiede tempi piuttosto lunghi, a meno di non voler inseguire velleità che non tengono conto della realtà, quanto del coordinamento delle attività che devono tendere necessariamente a perseguire obiettivi comuni. Questi obiettivi sono ovviamente da definire in maniera chiara e precisa e il primo passo da compiere su questa strada, a nostro avviso, è quello di liberarsi da ogni ambiguità sia tattica che strategica. A scopi giusti mezzi giusti. Ecco la nostra parola d'ordine. Si deve in altri termini dire a chiare note che qui non si tratta di costruire una piccola formazione la cui ambizione massima è di mettersi a rapporto dal Polo per vendere la propria esigua forza in cambio di qualche candidatura in un collegio più o meno sicuro, accampando poi la scusa che questa sarebbe l'unica maniera per sopravvivere. Ancora brucia nel nostri cuori l'indignazione per le affermazioni di Rauti su "Il Messaggero" dell'8 ottobre. Rauti, nel quale noi individuiamo uno dei principali responsabili della lacerazione e della polverizzazione del nostro mondo, e che nell'ultimo congresso della Fiamma ha toccato il punto più basso della sua carriera politica, snobbato da Berlusconi che ha respinto senza mezzi termini le sue profferte, è arrivato addirittura a osannare Fini, riabilitandolo praticamente a tutti gli effetti, come se quanto successo a Fiuggi fosse poca cosa, nella speranza di ottenere un paio di collegi alle prossime politiche. Rauti ha parlato di Fini come giusto interlocutore «per evidenti ragioni storiche» e ovviamente tutti noi ci siamo domandati quali. Il vecchio «segretario a vita» continua a comportarsi come il padre padrone di un partito inteso come strumento personale, del quale ha compromesso la linea politica prima ancora che sventrarne l'organizzazione. Ecco dunque la necessità di comprendere come, una volta fatta una certa scelta, si deve lavorare con tenacia per realizzarne lo scopo primario che è e resta quello di costruire il Movimento nazionalpopolare di tutti i militanti, alternativo e antagonista al neoliberismo e alle sue proiezioni politiche, siano esse di centro-destra o di centro-sinistra. Per questa ragione altro passo fondamentale è quello di rivendicare con orgoglio le nostre idee e la nostra identità, ribadendo i princìpi che per noi restano inalienabili e che si chiamano riforma dello Stato, primato della politica sull'economia, partecipazione, socializzazione, corporativismo, rivoluzione morale, trasformazione rivoluzionaria della società individualista, libertaria e lassista in una comunità di popolo e di destino, difesa e rilancio della famiglia come ganglo vitale del tessuto nazionale, costruzione di un'Europa politica, economica e militare realmente sganciata dagli interessi nordamericani e tesa all'alleanza con i popoli non allineati, primi tra tutti quelli dell'Africa. Un programma così forte e radicale non va annacquato con alleanze elettorali più o meno discutibili con chicchessia. Senza contare poi che la tattica delle alleanze non produce in realtà assolutamente nulla e tanto meno la così decantata sopravvivenza. Un corpo che non vive di vita propria, muore. La prova del nove è che la Fiamma, pur avendo contribuito alla vittoria del Polo nelle elezioni regionali di aprile in Calabria, Puglia e Basilicata, in cambio non ha avuto un bel niente se non il classico «calcio nel culo» (transit iniuria verbis ... ), condito di umiliazioni di ogni genere.

Va poi detto a chiare lettere che rifiutando il Polo non ci si può accontentare del qualunquismo dipietrista. Altro che giustizialismo. Non vediamo in Di Pietro nessun tratto del peronismo che poi per ragioni sociali e sociologiche ha senso e cittadinanza solo nei paesi latino-americani. Per questo e per altro ancora non si può accettare di entrare in un branco costituito da parvenus della politica narcisista che non credono in niente se non nella propria immagine. Anche Di Pietro è un avventuriero, pronto a giri di valzer con tutti quelli che ritiene utili alla sua causa che è quella di difendere la propria notorietà. Che dire infatti della sua recente querelle con D'Alema di cui fu fido paladino nel Mugello? La costruzione del nostro Movimento invece non è cosa da poco e implica tempi anche lunghi nella prospettiva di irrobustirsi progressivamente procedendo con piccoli passi ma in maniera sicura. Un tale movimento per fare da calamita, dovrà prendere atto dell'anno zero in cui la cosiddetta area è stata precipitata, facendosene carico e ricominciando daccapo con umiltà e senza sventolio di pennacchi. Tutti dovranno essere invitati a fare quadrato intorno ad un manifesto programmatico articolato in una serie di punti comuni e condivisibili, senza che per questo nessuno debba rinunciare alla propria autonomia organizzativa. Si dovrà cioè costituire una sorta di «carroccio» nostro, quello storico, donato al Lombardi da Ariberto di Intimiano, materialmente concepito da un carro trainato da buoi, intorno al quale nel bel mezzo della battaglia tutti i fanti usavano convergere dalle diverse posizioni in cui si trovavano per fare quadrato e resistere al nemico fino a vincere il combattimento. Dovrà essere convocata un'assemblea costituente di movimenti, circoli e iniziative per costituire un punto di riferimento dunque intorno al quale edificare finalmente una formazione agile e combattiva, capace di catalizzare forze ed energie anche di calibro diverso, ma tutte indirizzate al medesimo scopo. Si dovrà rigettare ogni verticismo, privilegiando la collegialità, escludendo i «generali traditori», rivolgendosi alla base, dando spazio a tutte le anime di un ambiente che deve sapere -perché di li in fondo veniamo tutti- riunirsi in un nuovo fascio di verghe. Tradizionalisti, cattolici, evoliani, gentiliani, strasseriani, comunitaristi, nazionalconservatori, nazionalpopolari, nazionalrivoluzionari, socialisti rivoluzionari, ognuno potrà trovare un ruolo operativo perché solo con il contributo di tutti sarà possibile organizzare e rappresentare la totalità. Dal Dopoguerra ad oggi, se bene si riflette, questa linea ebbe vita e vigore nel primo MSI, quando era questione di sopravvivenza e si era circondati dal nemici. Dopo, purtroppo, le sfumature ideologiche, le speculazioni dottrinarie, le fumose polemiche tra gentiliani e evoliani, tra sinistra nazionale e destra tradizionalista, con la buona dose di personalismi che a queste fecero da corollario, finirono per dare luogo ad una frammentazione che ci ha portato dove sappiamo. Oggi invece bisogna avere il coraggio e la capacità di confrontarsi anche dialetticamente senza per questo pregiudicare la possibilità di una unità organizzativa o creando divisioni personali. Alla stregua di infaticabili api-operaie dobbiamo costruire la casa comune in cui accogliere nuove energie, da cui sprigionare nuova linfa vitale, dove elaborare nuove analisi e nuove soluzioni dei problemi. Se consideriamo la crisi del sistema, la sfiducia della gente nella politica politicante che potrà forse aumentare il prodotto interno lordo e diminuire qualche tassa, ma che non ha un progetto vero, che non sa risolvere i problemi della scuola, della disoccupazione, dei giovani, che non è in grado di fare fronte alle emergenze e ai disastri naturali, che non sa e non vuole tenere sotto controllo l'alta finanza, che si caratterizza per la propria insipienza e ipocrisia davanti al problema morale e dei valori, sentiamo che il momento è favorevole per una nostra azione incisiva ed efficace. Se il Polo, come si dice e si crede, l'anno prossimo andrà al governo, dovrà mantenere le promesse di cui i cartelloni berlusconiani hanno riempito le strade. Se così non sarà e così non sarà, la sfiducia della gente nella destra sarà totale e ulteriori deleghe potrebbero non esserci. Noi dovremo essere pronti per quel momento per uscire all'esterno con tutta la nostra forza, per interpretare e rappresentare il malcontento popolare. Questo probabilmente è il nostro compito storico. Ecco perché non possiamo perdere più tempo aspettando Godot o semplicemente continuando a dare fiducia a quei generali felloni che hanno tradito e continuano a tradire. Altro che casa delle libertà. Altro che qualunquismo dipietrista. Non possiamo cedere al pensiero debole, non possiamo ipotizzare alleanze con i camerieri delle consorterie capitaliste, né fare investimenti sbagliati. Gettate le fondamenta del nostro cantiere, dovremo essere sicuri che una volta arrivati al tetto dell'edificio le uniche bandiere a sventolare saranno le nostre. Di strade non ce ne sono altre.

Nicola Cospito