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Indice Orientamenti

 

Anno III - 2000 - n° 2-3

Sommario:
 

Tracciamo un percorso * Nicola Cospito

Regionali 2000: alcune  verità e non tutte piacevoli * Ulderico Nisticò

Alcune riflessioni per un dibattito costruttivo * Rasputin

La Luna * Giuseppe Indiano

L'isola del dottor Moreau, ovvero dal vitello a due teste ... * Paolo Brighenti

Satanismo * Maria Lina Veca

Giovanna di Savoia, regina di Bulgaria * Giorgio Subbi

Occupazione ed immigrazione * Claudio Marconi

L'Aquila e i Gigli * Andrea Monastra

Un razzista liberale * Romano Olivieri

Per un socialismo nazionale europeo * Danilo Zongoli

Tradizione e Cristianesimo * Bernardo di Chiaravalle

L'angolo della Scienza * a cura di Francesco Capuano

La morte di Sigfrido * Giulio Malvoni

In ricordo del Capitano * Redazione

Agostino Lanzillo * Fabrizio Altieri

Nazionalsocialismo e Fascismo * Filippo Giannini

Segnalazioni librarie

 

L'EDITORIALE

Tracciamo un percorso

Nicola Cospito

 

Il fallimento dei referendum di Pannella e Fini non può non segnare una svolta nel nostro paese  soprattutto, anche se ovviamente non solo, sotto il profilo della legge elettorale. Quanto noi avevamo sostenuto proprio dalle colonne di questa rivista e cioè che quello maggioritario è un sistema assolutamente inadatto alla tradizione, all'identità, alla mentalità degli italiani, ha trovato puntuale conferma. La massiccia astensione del 21 maggio scorso ha significato una bocciatura senza mezzi termini di un meccanismo che non solo non è rappresentativo in parlamento delle diverse realtà politiche del paese, ma che finisce per allontanare la gente dalla politica tout court, scoraggiando la partecipazione di fasce popolari sempre più ampie e lasciando tutto nelle mani dei segretari dei partiti, elevati al rango di veri e propri satrapi con ai piedi frotte di vassalli (i candidati nei collegi) e al servizio solo dei grandi potentati economici nazionali e internazionali.

C'è qualcuno in grado di contestare il fatto che tanto D'Alema, quanto Fini, tanto Pannella quanto Veltroni, tanto Segni, quanto Parisi e la Donino sono esponenti di un unico medesimo partito che noi da tempo abbiamo individuato come il Partito Americano nel nostro paese? Sono stati loro a tentare di introdurre in Italia il sistema americano e da tempo appaiono convinti che l'Italia debba costituire un'altra stella sulla bandiera degli Stati Uniti. Convinti senz'altro per le scelte in materia di politica e di economia, ma anche e soprattutto in termini di mentalità, costumi, valori o, se si preferisce -e noi lo preferiamo- disvalori.

Da tempo avevamo denunciato come fosse stato proprio il sistema maggioritario a far lievitare il numero dei partiti, passato da 12 a 44, spingendo ogni politicante ambizioso a fondarsi il proprio partito personale. E così pure avevamo sottolineato come il bipolarismo fosse impossibilitato a nascere dalla sostanziale somiglianza dei due schieramenti in campo.

E allora ecco come un cambiamento si imponga in senso marcatamente proporzionale per dare modo ai candidati di dimostrare quanto valgono sul piano dell'aggregazione individuale e personale dei consensi.

Non vale nemmeno la pena di ricordare in questa sede che il ragionamento appena fatto vale solo nell'ottica della nostra scelta di partecipare alle competizioni elettorali combattendo il sistema dall'interno della sua stessa logica. Perchè, a ben vedere, va da sé che noi siamo -e lo ribadiamo- per una totale e generale riforma dello Stato e delle sue istituzioni fondamentali nel senso della restituzione alla politica il primato sull'economia e della lotta senza quartiere all'alta finanza usuraia e parassita, che crea ricchezza per pochi e miseria per molti senza produrre alcun bene materiale.

Su questa strada noi siamo e restiamo in politica per una diversa e più organica rappresentanza popolare, con la elaborazione e l'introduzione di meccanismi diversi e migliori, volti alla selezione di una classe politica più capace e preparata e in economia per la socializzazione delle imprese e la lotta senza quartiere alle delocalizzazioni e alle speculazioni che creano disoccupazione per tanti e profitti per pochi.

Tornando alla legge elettorale, riteniamo che anche la soglia di sbarramento non debba essere superiore al 3% e che, invece, possano essere stabilite delle norme atte a combattere la piaga del trasformismo, che appunto il sistema maggioritario, come già all'epoca di De Pretis e di Giolitti, è riuscito a reintrodurre nel nostro paese, aggravando i fenomeni di opportunismo e favorendo la trasmigrazione di parlamentari da un gruppo all'altro secondo la convenienza e il proprio tornaconto personale.

Nella prospettiva del ritorno al proporzionale, sia pure corretto, è un fatto che per la nostra parte politica, attualmente ancora disorientata a causa del tradimento di molti, si aprono possibilità interessanti di rappresentanza anche nelle istituzioni dalle quali siamo rimasti esclusi negli ultimi cinque-sei anni.

Si tratta ovviamente, se è vero come da più parti si sostiene che uniti abbiamo una potenzialità del 3-4 %, di mettere da parte rancori e diffidenze e di trovare dei punti comuni su cui raccordarsi, privilegiando eventualmente la forma di federazione di più gruppi localmente autonomi, ma affiliati ad una casa madre o casa comune che dir si voglia. In questo modo, creando una adeguata sinergia, ci si potrebbe assicurare la partecipazione alle elezioni politiche, restituendo speranza e dignità ad un ambiente che non può essere cancellato dai propri errori prima ancora che dalla furbizia degli avversali e acquistando credibilità in una opinione pubblica che alle elezioni regionali ha premiato Fini e Berlusconi solo in virtù degli sbagli di D'Alema e dei suoi ministri e in assenza di un'altra alternativa.

Forse proprio quella che noi avremmo dovuto rappresentare invece di rincorrere come pezzenti e questuanti i partiti del Polo. Del resto, bisogna che ne prendiamo tutti coscienza e che ne ce facciamo carico, la fiamma tricolore come simbolo, anche se modificata in tutte le salse possibili, nessuno di noi la può più usare, così come addirittura non possiamo più usare la semplice dizione MS. In proposito c'è una precisa ordinanza del giudice, dott. Franca Mangano, della Prima Sezione del Tribunale Civile di Roma, che nel contenzioso tra Rauti e Fini, ha dato ragione a quest'ultimo. Di questo dobbiamo ringraziare Rauti e il suo avvocato Fiorillo che, se pure hanno vinto nel contenzioso contro Bigliardo, di fatto hanno fornito agli avvocati di Fini gli argomenti giusti per impossessarsi definitivamente del simbolo. È questa una responsabilità storica che ricade su Giuseppe Umberto Rauti, detto Pino. Ed è anche per questo che a Rauti ormai non resta che entrare nel Polo, decisione che ha proposto al suo Comitato Centrale (quasi interamente cooptato) nella seduta del 21 maggio u.s. e che farà ratificare al prossimo Congresso di Montecatini. Solo in questo modo può sperare che Fini tolleri la presenza del simbolo della Fiamma Tricolore accanto a quello di Forza Italia, CCD, AN, ecc. ecc. e non si faccia forza dell'ordinanza di cui sopra. Ordinanza che teniamo nel cassetto a disposizione di tutti coloro che volessero prenderne visione. E allora?

Allora è venuto il momento di dire delle parole chiare e di passare ai fatti. Le elezioni regionali hanno segnato un momento di grande travaglio per la nostra area. Esse hanno sancito, tra l'altro, il fallimento del MSE che si è trovato senza simbolo, senza linea politica e, nella pratica, senza una guida sicura. Finito questo esperimento, è necessario guardare oltre, riprendendo il disegno che pure aveva animato molti di noi a ottobre e vale a dire: chiudere con Rauti e aggregare tutta l'area in un nuovo soggetto politico alternativo. Questo significa oggi, come accennavamo sopra, dare vita ad una federazione di gruppi accomunati da una medesima volontà di lotta politica e da una medesima strategia. Se nascerà un Fronte di Azione Sociale, esso potrebbe porsi nell'ottica di promuovere anche l'affiliazione di gruppi orientali a conservare le loro denominazioni locali e le loro caratteristiche purché esse non siano in contrasto con la linea del Movimento.

Un tale Movimento, che non dovrà essere necessariamente un partito, almeno nella fase iniziale, una volta datesi un'organizzazione ed una struttura in grado di operare, dovrà ritornare al più presto ad agire tra la gente, ponendo l'accento su quelli che sono i problemi veri del nostro paese: lotta alla disoccupazione attraverso un massiccio rilancio degli investimenti pubblici nel settore dei servizi di cui il nostro paese è ancora quasi assolutamente sprovvisto e con un totale ripensamento dell'assetto urbanistico delle nostre "metropoli" -avete presente quanto stanno facendo in alcune capitali europee?-, lotta alle delocalizzazioni, controllo massiccio nei confronti delle grandi lobbies finanziarie, riforma della scuola attraverso adeguati investimenti e riordino dell'istruzione tramite la valorizzazione del lavoro dei docenti, radicale riforma della sanità, da rendere più efficiente e popolare, rilancio dell'agricoltura attraverso una politica di tutela degli interessi nazionali, regolamentazione e controllo dei flussi immigratori, lotta all'inquinamento dell'ambiente, dei cibi, dei cervelli, lotta senza quartiere contro la globalizzazione e il neoliberismo attraverso la denuncia dei guasti immediati e dei danni a lungo termine da essi prodotti.

Siamo infatti stanchi di vedere altre forze muoversi al posto nostro su un terreno che non può che appartenerci. Da Seattle a Genova, da Davos a Firenze, il nostro posto è in piazza a lottare con le nostre bandiere contro le consorterie mondialiste e i padroni internazionali dell'economia.

È per questo che dobbiamo costruire il nostro movimento politico. E dobbiamo fare in fretta perché per colpa di qualcuno abbiamo perso già troppo tempo e sprecato molte occasioni.

Nicola Cospito