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Indice Orientamenti

 

Anno II - 1999 - n° 2

Sommario:
 

Europa sveglia! * Nicola Cospito

Riflessioni sul maggioritario * Massimo Tirone

La Riforma pensionistica: l'inganno del secolo * Antonio Bellocchio

Sindacalismo nazionale e rivoluzionario * Alberto Spera

Una storia al femminile? * Maria Lina Veca

La sinistra e la mafia * Francesco Mastroianni

Il dibattito continua * La Primula Nera

Il ponte della luna * Ulderico Nisticò

L'anima agnostica della modernità * Fabio Cutaia

Riflessioni per "non perdere" * don Fausto Buzzi

"Giramondo" (2° parte) * Fabrizio Altieri

Concetto Pettinato: un nazionalpopolare ante litteram * Raffaello Giacomuzzi

Gli olocausti del silenzio * Vincenzo Russo

La battaglia di Madrid 1936-1937: episodi ...* Giorgio Bubbi

Recensioni
 

 

L'EDITORIALE

Europa sveglia!

Nicola Cospito

Mentre scriviamo sono in corso gli attacchi degli aerei della NATO contro la Serbia, operazioni militari in cui il nostro paese è direttamente coinvolto. È infatti dalle basi italiane di Aviano, di Gioia del Colle, ecc. che sono decollati i caccia bombardieri diretti verso il paese di Milosevic. Non si deve stare necessariamente dalla parte dei serbi per non condannare quella che si configura come una vera e propria aggressione, attuata proditoriamente in totale disprezzo della sovranità altrui e in evidente violazione del diritto internazionale.

È un dato di fatto che la NATO, nel dare inizio ai bombardamenti, ha scavalcato l'ONU che, non solo non ha dato il proprio mandato, ma non è stata neppure interpellata, e ha contraddetto, violandoli, i suoi stessi princìpi che prevedono interventi militari solo a tutela e salvaguardia dei paesi membri, nei confronti di eventuali aggressori. In più, e questo costituisce una realtà ancora più allarmante, nell'ambito della NATO, i paesi membri mostrano una totale sudditanza nei confronti degli Stati Uniti che, ancora una volta, si presentano con tutta l'arroganza e la protervia possibili, come i gendarmi del mondo. E difatti a decidere gli attacchi e le loro modalità, compresa l'ora «X» del loro inizio, è stato il generale Clarke che nemmeno si è avvalso del parere dei suoi alleati.

Dire che questa situazione è insopportabile è dire poco. Gli americani con la NATO hanno portato la guerra nel cuore dell'Europa, iniziando un conflitto dalle dubbie sorti e finalità e in questo contesto, la partecipazione dell'Italia appare davvero un atto demenziale. D'Alema, dando l'assenso dell'Italia, ratificato poi dalla sua maggioranza e avallato dai settori più beceri della destra italiana, ha lanciato il nostro paese in una pericolosa avventura dalla quale uscire sarà molto difficile e complicato. E del resto, tutti gli osservatori e gli analisti militari sono concordi nel ritenere che il conflitto non potrà risolversi semplicemente con i bombardamenti, ma implicherà necessariamente l'impiego di forze terrestri, cosa che dovrà fare i conti con le forze armate serbe abituate e pronte alla guerriglia in un settore, quello dei Balcani, estremamente difficile.

Che cosa farà allora l'Italia? Invierà i propri soldati ? Staremo a vedere. Il problema però è e resta di natura politica perché ancora una volta è emersa in totale evidenza la cronica debolezza dell'Unione Europea, un'unione senza anima e priva di una qualunque volontà politica, condannata dai propri governanti ad un ruolo subalterno e di sudditanza nei confronti degli Stati Uniti d'America.

Non si può non constatare come la NATO, dopo il crollo del muro di Berlino e la fine del comunismo, appaia uno strumento inutile per la salvaguardia dell'integrità e della sicurezza dei paesi europei, i quali, ovviamente nel quadro di una rinnovata unità di intenti politici, farebbero meglio a dotarsi di una propria organizzazione militare e a invitare le forze armate americane a limitare gradualmente la loro presenza sui territori del vecchio continente.

Questa dovrebbe essere la premessa per la creazione di nuovi rapporti e alleanze strategiche nel Mediterraneo e verso la Russia, ma anche nei confronti del mondo arabo, alleanze e rapporti tesi a stabilire, magari con sforzo, e con la inevitabile gradualità, un nuovo equilibrio mondiale. Quello appunto che manca attualmente. Se non si mette su questa strada, se non si decide a sviluppare seriamente una nuova politica estera, difficilmente l'Europa ne verrà fuori e gli Stati Uniti continueranno a spadroneggiare indisturbati.

Per iniziare questo cammino l'Europa deve però ritrovare se stessa, la propria anima, le proprie radici, la propria identità. È proprio questo infatti ciò che manca. L'Europa che negli ultimi tempi ci è stata proposta, quella dei tecnocrati di Bruxelles, l'Europa dell'alta finanza e dei banchieri, l'Europa del mercato non basta, non può bastare.

Da sempre europeisti convinti, da sempre convinti che è il vecchio continente la culla della civiltà e che proprio per questo è chiamato a svolgere un ruolo importante nei nuovi scenari mondiali, riteniamo che l'Europa debba darsi una struttura politica sostanziata da accordi precisi non solo nel campo economico.

L'Europa, anche partendo dalle istituzioni comunitarie deve dare inizio, con opportuni e non più rinviabili provvedimenti ad un processo globale di disintossicazione dall'americanismo e dagli standard culturali importati dagli Stati Uniti. Questo si può e si deve fare, anche perché è la base, la premessa per la riscoperta del senso di appartenenza ad una comunità fondata su vincoli spirituali profondi. In questo modo, poi, e su questa strada, il vecchio continente dovrà darsi le strutture di una federazione di Stati capaci di aggregare e armonizzare al proprio interno, salvaguardandole, le diverse etnie. L'appartenenza ad una diversa etnia infatti non deve necessariamente portare a processi di secessione e ribellione.

E a ben guardare, l'Europa ha offerto nella sua storia splendidi esempi di compagini statali capaci di tenere insieme e saldamente, in una convivenza assolutamente pacifica, popoli tra i più diversi. Si pensi al Sacro Romano Impero nel Medioevo o all'Impero Asburgico in tempi relativamente non lontani.

Per fare questo però, ripetiamo, l'Europa deve diventare un'entità politica. L'Europa infatti o sarà politica o non sarà. E questo non lo diciamo da oggi. Non vogliamo, per una volta tanto, dare ragione ad uno dei nostri autori più cari, Pierre Drieu La Rochelle, che già sessant'anni fa, profetizzava «D'abord les films americains e après la fin du monde», dapprima i films americani e dopo la fine del mondo.

Noi vogliamo che l'Europa risorga ed è per questo che ci stiamo battendo e ci batteremo.

Nicola Cospito